... Da dove comincio...
E' un collega.
Io non ho mai nemmeno frequentato uno, dico, UNO, che studiasse quello che studiavo io.
Uno per sbaglio una volta, forse, ed eravamo entrambi studenti capitati per caso nello stesso giro di amicizie che con i nostri studi non aveva davvero nulla a che fare.
Anzi.
Lui un po' (un po'...) più piccolo di me.
Non una vera e propria frequentazione, a dirla tutta.
Qualcosa di estremamente breve e fugace... vabbè, ma è inutile divagare.
Dunque, il collega, stavo dicendo.
Uno che svolge la mia stessa disgraziatissima professione.
Il che lo rende già poco appetibile ai miei occhi.
Ma vabbè, è capitata questa cosa tra capo e collo, vediamo dove dobbiamo andare a parare tutti e due.
Si, lo so che sto già al secondo vabbè, e che con questo facciamo il terzo.
Probabilmente ce ne saranno altri, a seguire.
Non fa parte della cricca degli infrequentabili, per quel che ne so e che vedo e che approssimativamente ho valutato, non ho sentito voci in giro sul suo conto, a lavoro fa il suo, cazzeggia il giusto, e leva le tende dopo poco, senza intrattenersi troppo con quelli che indugiano in pettegolezzi da quattro soldi.
Ha gli occhi tanto scuri, e non hanno un taglio allungato, non sono grandi.
Ecco, su quegli occhi non riesco a soffermarmi.
E' il mio limite.
Io adoro gli occhi chiari.
Di qualsiasi colore, ma chiari, e intensi, espressivi, liquidi.
E poi, comunque, al di là di tutto, ancora non ci siamo guardati come si deve.
L'unica cosa sulla quale sono riuscita ad intrattenermi, ma per pochissimo, è la bocca.
Che boh.
Non lo so...
Andrebbe vista più da vicino.
Sarà che mi ostino a non portare gli occhiali e che non ci vedo bene...
Vabbè, dicevo...
Nel corso degli ultimi anni più d'un collega ha tentato per vie traverse o diritte di approcciarmi, ma nulla.
Nessuno, in ogni caso, prima di lui, si era mai avvicinato tanto.
Nessuno aveva mai azzardato tanto.
E se ha azzardato è perchè in realtà me la sono cercata.
L'ho approcciato, l'ho cercato, gli ho sorriso, gli ho scroccato qualche sigaretta, qualche battuta al volo, e infine... mi sono lasciata offrire un caffè in una occasione nella quale entrambi avremmo dovuto astenerci, perchè decisamente poco consona.
E' andata così.
E' partita così, in sordina.
Simpaticamente e senza pretese.
Finchè non l'ho agganciato, di nuovo.
Perchè diamine, ho dovuto riagganciarlo.
Mi andava e non ho saputo nè voluto trattenermi.
Io parlo con tutti, è vero.
Sorrido a tutti, ma non così.
Così sorrido a pochissimi.
E lui lo notavo ogni volta, nella stanza, entrare ed uscire.
L'ho notato fin da principio.
E' uno di quelli che spostano l'aria.
Mi piace come si muove.
Ha qualcosa di selvatico.
Alla fine, si è deciso a fare un minimo passo.
Minimissimo.
Non so come nè perchè.
Cioè, lo so.
Sono stata io, con i miei approcci propriamente maschili alla questione.
Chè vado dritta al sodo, senza tergiversare inutilmente.
Mentre lui continua a girarci intorno da settimane.
Mi messaggia.
Gli messaggio, di rimando.
Allude vagamente, glisso palesemente, gli offro l'occasione da cogliere, non prende coraggio, quasi non capisse a pieno, però in sostanza rimane, si presta.
Sta al gioco, ecco.
Ma non si sbilancia abbastanza.
Dopo il tot di tempo a messaggiarci come due idioti, ci siamo incrociati finalmente a lavoro.
Gli avevo scritto che avevo sentore che sarebbe scappato via, quando m'avrebbe visto.
Una piccola provocazione.
Che ha tramutato in una sfida che ha vinto.
Mi è venuto incontro, mi stava aspettando.
Mi ha sorriso.
M'ha baciata sul viso, con aria soddisfatta, come fossimo vecchi amici.
O complici di chissà che.
Mi ha vista arrivare in tenuta da battaglia, seria, complicata, distaccata, concentrata.
Epperò
figherrima, nel vestito migliore, che sapevo c'era la possibilità di incrociarsi.
Ho fatto finta di nulla, mi sono mantenuta nei limiti che la professionalità imponeva.
Ha insistito per portarmi un caffè.
Offerta che ho dovuto declinare perchè impossibilitata causa lavoro.
E perchè l'imbarazzo mi stava divorando e dentro di me pensavo
"smettila, non davanti a tutti, va' via!".
E quindi...
Quindi gli ho proposto l'aperitivo, vista l'ora che si era fatta a causa mia.
Se l'è giocata, me la sono giocata.
Alla pari.
Avrei voluto se la giocasse un po' di più, ma niente.
Ha lasciato che fossi io a decidere quando mettere punto all'aperitivo, e via, ognuno per la sua strada.
Poi il silenzio.
Avrò detto qualcosa che non va?
Non vorrà essere insistente?
Avrà altro da fare, probabilmente.
Scadenze di lavoro, magari.
Anche io ne ho, del resto.
Impegni di altro genere, alla peggio.
Ma mi interessa davvero, poi, 'sto tipo?
Finchè...un sms.
Domanda banale.
Pretestuosa.
Risposta blanda.
Evasiva.
Precisazione.
E su precisazione ho scoperto la carta.
E lui la sua.
Un gioco.
Ma domani non se ne parla.
Gli impegni non combaciano.
Ed il lavoro non deve fornire pretesti.
Il lavoro è lavoro.
Ed io non voglio confondere le acque.
Voglio tenere distinte le due sfere.
Chè allo stato siamo solo colleghi.
Con ampie possibilità di rimanere semplicemente tali.