martedì 30 giugno 2015

CAPITO?



Il test "controllo della rabbia: prova, prova, sssa!" è partito stamattina.


Ufficio pubblico, condotto da donna invasata.
La prima volta che mi ci hanno indirizzata, mi hanno detto "se sclera, non le rispondere, è un po'...", ruotando la mano accanto alla testa, nel classico gesto italiano che si fa per indicare la gente matta.
Ebbene, la prima volta, con estremo garbo, ho lasciato correre.


Stamattina no.
Al "capito?" sfottente uscitole di bocca al termine della terza sessione di sclero, le ho risposto, fulminandola con lo sguardo "se non me lo dice con questo tono, probabilmente, la capisco meglio".


Ho immaginato di prenderla per i capelli e sbatterla di faccia sulla scrivania.


Un modo come un altro per metterla a tacere.
Avendo deciso peró di non ricorrere alla violenza, disponendo di mezzi piú sofisticati (in punto di soddisfazione non saprei dire quanto una risposta a dovere sia parificabile ad un sano "mazziatone", credo sia di poco ad un livello inferiore), mi limito ad usare le parole.


Una questione di scelte, insomma.

LO SCAMBIO DEL NUMERO



Tornata da lavoro tardissimo, ho mangiato "con l'imbuto" (vale a dire "di corsa") un piatto di pasta a casa dei miei, dove mi trovavo di passaggio e trafelata, e non mi sono concessa nemmeno di andare al bagno per correre a fare il giro dei pagamenti prima di rientrare a lavoro.


Alle Poste, una signora anziana accanto a me, ben tre numeri prima del mio, ha cominciato a lamentarsi che gli impiegati stavano perdendo tempo invece di lavorare.


"Signora, posso chiederle la cortesia di scambiarci i numeri? Sono solo tre numeri dopo il suo, ma nel frattempo mi chiude la banca..."


I pagamenti e gli adempimenti di fine mese mi massacrano.
Non ho nessuno che provveda per me, nemmeno per sbaglio.


"Eh, non posso, devo rientrare subito a casa, ho da fare e devo reggere la bambina a mia figlia..."


"La ringrazio lo stesso. Come non detto"


Scatta il numero della signora e comincia la sessione di chiacchiere inutili allo sportello delle quali poco prima si stava lamentando in riferimento ad altri.


Peraltro, l'urgenza di tornare a casa ad adempiere al compito di integerrima casalinga, all'improvviso è svanita nel nulla.


Scatta un altro numero, e l'altro pensionato accanto a me si dirige allo sportello con calma serafica a fare le sue operazioni.


Chi se ne frega se questa gioventú, in fondo, sta andando a lavorare pure per chi prende la pensione oggi?


È giusto non facilitarla nemmeno nelle banalitá, in fondo, potrebbe perdere il ritmo del sacrificio e darsi al deboscio.


E chi le paga poi le tasse?


Una donna dietro le mie spalle avanza verso di me e mi dice "tieni, magari ti è utile questo numero qui", porgendomi il bigliettino bianco.


"Grazie!!! Purtroppo chi non lavora non capisce che significa avere il tempo contato..."


Una cosa mi sento di dire a tutte le donne casalinghe che hanno urgenza di tornare a casa perchè il marito o i figli devono mangiare, essere accompagnati, assistiti, lavati e vestiti per tempo: .........


No, meglio di no.


Sarei feroce.


Una casalinga, per quanto mi riguarda, non puó essere lontanamente equiparabile ad una donna che lavora.


Questa è la mia opinione da sempre e non riesco a cambiarla.


E per quanto riguarda gli uffici, i negozi, dovrebbero esserci file che garantiscono velocitá e prioritá per chi fatica.


Non puó esistere la vergogna, ad esempio, dei tabacchi, dove devo attendere il nullafacente che gioca al lotto o si gratta l'argento dell'animaccia sua dei grattevvinci, e devo arrivare tardi a lavoro.
Fossero pure 5 minuti.
Mi disgusta profondamente questo atteggiamento.


Sono arrivata in banca per tempo, grazie al bigliettino ceduto da quella donna.
L'ho ringraziata ad oltranza.


Ho pigiato il pulsante per entrare, ma la porta è rimasta chiusa.
Busso sul vetro ad un impiegato all'interno e mi mima con il labiale "siamo chiusi".


Ecco, io ho questo che mi rovina.
Se mi parte l'embolo l'unica via di fuga per chi ho di fronte è desistere.


Ho cominciato ad insistere, a cacciare fuori tutta la rabbia che ho in corpo, e ad intimare di aprirmi, che erano ancora le quattro meno dieci e non me ne sarei andata.


"non poss..."
"devo entrare, non posso tornare domani, ho delle scadenze oggi, non se ne parla!"
"mi faccia parl..."
"devo entrare, non potete chiudermi la banca in anticipo ogni volta!"
"mi faccia parl..."
"No! Devo entrare! Mi apra la porta!"
"ah si?", e se n'è andato.


Ho continuato a sbattere la mano libera dalle borse sul vetro, il sangue che pulsava nelle vene che aumentavano di volume ramificandosi sul braccio, ho intercettato uno che stava uscendo e gli ho chiesto di chiamarmi il direttore, altrimenti avrei dovuto chiamare i carabinieri.
Ho intravisto il direttore che cercava di defilarsi, ho continuato a battere la mano in modo furioso sul vetro.


I miei metodi non sono molto convenzionali, ma funzionano.
Mi hanno aperto la porta e mi hanno fatto fare le operazioni.
Un sacco di bla bla bla inutili.
Terminata la mia operazione è arrivato un amico del signor direttore che è stato fatto entrare senza battere le mani sul vetro e senza insistenza alcuna.


Dopo i saluti di rito, il tipo unto, acclamato come la star di sto cazzo, si è permesso di dire che non era giusto chiudere la banca alle 16.00 in punto.


"Bene, ho trovato qualcuno che si associa alle mie rimostranze rispetto alle chiusure anticipate", mi scappa, facendo ironia spiccia.


Sono pessima.


E oggi gira cosí.


Non sono riuscita a tenere molto a bada la rabbia, peró nessuno si è ferito...


Il direttore della banca se la rischia ogni volta, comunque.
E non solo con me, non gode della simpatia di nessuno, qui.
Ha degli atteggiamenti da "proprietario della banca" del tutto inappropriati.
Fossi in lui starei attento a far vacillare cosí la pazienza della gente...



















lunedì 29 giugno 2015

MIO PADRE TI ADORA





Che siano i papá di amici o amiche non fa differenza, mi prendono in simpatia.
"Ve l'ho detto che vado forte con la fascia dei cinquantenni con famiglia...", prendendoli in giro, quando, puntualmente, vengono a riferirmi di come ho impressionato positivamente i loro genitori.


Ieri sera abbiamo chiacchierato tanto e di tante cose.
Una serata incantevole.
Sto bene con me stessa, a mio agio anche nelle situazioni piú particolari.
Mi diverte mettermi alla prova.
Adoro comunicare.
Questa passione é diventata, giorno dopo giorno, il fulcro attorno al quale ruota tutto il resto.
Mentre conversavo, a tavola, pensavo alla libertá che mi consente l'essere sola e non in coppia.
Ho immaginato le caratteristiche di un uomo, oggi, che potrei mettermi accanto.
Assolutamente non un musone, di quelli che si mettono in disparte o restano in silenzio.
Non uno che mi stia addosso e mi soffochi, che sviluppi una dipendenza morbosa e non tolleri che possa avere contatti umani con altri esseri o che possa mantenere le mie amicizie.
Non mi è mai successo, in ogni caso, di stringere con gente del genere.
Comunque, l'ho immaginato come me, un tipo che si mette in gioco e chiacchiera, e si intrattiene con le persone, spontaneamente socievole, aggregante.
Ho pensato che al momento non c'è nessuno del genere al mio fianco, e che, certamente, potrei scegliere di castigarmi con qualcuno a caso per sistemarmi, ma sono fisime che non ho mai avuto.
Mi sono venute in mente due tipe che conosco che recentemente sono convolate a nozze con i compagni.
Io nemmeno se mi pagano riuscirei a scegliere di sposarmi e\o fare figli perchè ho superato i trenta e la lancetta dell'orologio biologico scorre.
Certi ragionamenti continuano a farmi rabbrividire.
E certe manovre altrui pure.
Perchè conosco bene tutto quello che c'è sotto e ne ho profonda pena.


Per me l'amore è l'equivalente di una passione incontenibile, non l'epitaffio sulla tomba dei sensi nel cimitero delle convenzioni sociali.


E quindi resto singola, ancora.
E chissá per quanto ancora.













sabato 27 giugno 2015

DI OBIETTIVI FORSE ESAURITI



Il pensiero cui non sfuggo, ultimamente, è questo.
L'obiettivo programmato dall'esame di terza media, quello maturato al termine del salto dal liceo all'università, tenuto fermo e presente nei momenti di difficoltá, e raggiunto poi, a denti stretti, e con la rabbia a fior di pelle, e un mordente fuori dalla grazia divina, forse si è oggi esaurito.


"Quanti anni sono che fai questo lavoro?"
"Otto anni".


Forse l'obiettivo si è esaurito, mi viene da pensare.
Rientra nell'ennesima fase evolutiva che devo percorrere per il solo fatto di respirare questa vita magnifica che mi è stata concessa.


Un piccolo miracolo, appena un mese fa, ha dissolto nel nulla un dolore che mi trascinavo addosso da almeno un anno.
Un miracolo ascrivibile alla forza salvifica e dirompente che una persona a me cara esercita sulla mia vita.
Senza nemmeno saperlo.


Quando tutto sembra perduto, a volte bisogna ricredersi.
E quando tutto sembra finito, pure.
Altre volte non è così, ma è la vita a stabilire che certe situazione finiscano, e tu devi solo prenderne atto, e tramutare l'atto in consapevolezza.


Certi obiettivi di esauriscono, ed in fondo si sapeva che sarebbe stata solo una fase.


Che la vita che ti aspetti muta costantemente nella forma, nella dimensione, nei colori.


E se l'obiettivo che doveva essere "per la vita" si è parzialmente esaurito, ció non vuol dire che possa essere preclusivo rispetto ad altri percorsi da intraprendere, rispetto ai quali puó solo fungere da trampolino.


Se mai continuerò a cadere - e non lo escludo affatto - potró sempre alzarmi da terra con tutta la grazia che posseggo.













venerdì 26 giugno 2015

NON POSSO RISPONDERE PIÚ



Saró controtendenza, ma ho deciso di non messaggiare piú con gli sfigati (quelli che si fulminano a pigiare i tasti di un cellulare o di un pc e che dal vivo non ce la fanno proprio ad interagire).


Di non rispondergli piú al telefono.


Se questa gente si sente gratificata dal ricevere risposte a messaggi che invia, o a darsi un tono non rispondendo quando è destinataria di una missiva virtuale, non sono problemi che mi riguardano.


Sono stanca anche della pena che mi suscitano.


Preferisco avere a che fare con chi mi stimola e mi porta gioia.


Ho deciso di mettere da parte educazione e cortesia, la gente che non si regola non la merita, il vaso ha tracimato con tutte le ultime gocce che ci si sono tuffate dentro.


E dunque ho evaso la risposta al messaggio di quello che mi sta tampinando da settimane usando ridicoli pretesti e mettendo le mani avanti per il fatto che è impegnato.


Deve levare mani.


Non sono roba per lui.


Quanto al tipo che ho conosciuto ultimamente e che mi aveva in parte incuriosito, mi ha appena chiamato.


Considerato che l'ultima volta che l'ho chiamato io non ha risposto, ed al messaggio "ti va un aperitivo al mare?" ha risposto invece a tarda notte, scrivendo che era stato impegnato, direi che non rispondergli, ora, è il minimo che potesse aspettarsi.


"Che fine hai fatto, non ti si vede piú in giro...", mi sento ripetere da un po' e da piú di una persona.


Belli miei, abitudinaria, con luoghi e persone ed interessi, non lo sono mai stata.


Sto in giro, vedo gente e faccio cose diverse.


Come ho sempre fatto.


E questo week end, se tutto va bene, avró talmente tante cose da fare che se mi va bene forse qualche ora riesco pure a dormirla.


Magari al mare, stesa su un lettino al sole.







SCIVOLONI ESEMPLARI



"Balliamo?"
Ecco, io sono un ciocco.
Un ciocco che si muove a modo suo.
Ballare per me è un'agonia.
Come per chi mi guarda.
Non è arte mia.
Quando mi dimeno in mezzo la gente mi citano per danni.
Faccio zoppi e feriti.


"Va bene...", ho detto.
Non potevo tirarmi indietro, un'amica ha compiuto gli anni, uno che conosco stava suonando un repertorio tanto carino, la gente nel locale si era alzata in piedi per ballare.
L'amico della mia amica ha deciso di farmi girare, mentre ballavo.
Tutto bene, finché non sono volata a terra.
Davanti al cantante.
In mezzo alla folla.
Avevo messo un vestitino tanto carino...
Hanno visto il mio culo in presa diretta fino all'ingresso.
Per fortuna non ho messo il perizoma.


Momento di panico, ma nessuno ha smesso di suonare né di ballare.


"Vieni", e due braccia mi hanno tirata su.
"Fatta male?", allarmato.
"No, sono atterrata sul morbido..."


Sono tornata a ballare.


Ho riso.


Credo parecchia gente abbia riso.


Cose che capitano.




Dovrei farmi pagare per l'intrattenimento, cavoli...

mercoledì 24 giugno 2015

SCANALATURE



Prendere la bici per andare a lavoro, ogni tanto, ovvero almeno due o tre volte la settimana, circa 5 km all'andata e 5 km di ritorno, implica una serie di vantaggi poco discutibili.
In primis la ripresa del tono muscolare, che devo salvaguardare, essendo maggiorenne da un po'.
La produzione delle endorfine e gli effetti sulla circolazione del sangue contribuiscono al benessere psico-fisico sempre in equilibrio precario.
Certo, pedalare sul mare e godersi il tramonto al ritorno danno anch'essi un contributo non indifferente, sotto questo profilo.
Non sono mai riuscita a frequentare per piú di un paio di mesi, e solo per una manciata di volte, le palestre.
Perchè correre in faccia a un muro o su una bicicletta ferma?
Sono controsensi che non riesco ad accogliere nella mia vita.
Non qui, dove c'è il mare ed un clima magnifico tutto l'anno, per cui le attività all'aria aperta dovrebbero andare per la maggiore.
All'aria aperta non si sente l'odore nauseabondo delle palestre, respiro iodio e pochissimi gas di scarico.
Sviluppo piú fiato e resistenza fisica.
E quindi divento, nel complesso, piú forte.
Non inquino e non spendo soldi per il carburante.
Il carburante della bici sono io.


L'unico piccolo "inconveniente" è che appena mi muovo metto muscoli.


E finché è una sottile scanalatura che si accentua qui e lí tra i muscoli va bene, ma non voglio i muscoli che avevo da ragazzina.
Che giá cosí mi chiedono se faccio nuoto.
E no, non lo faccio.
Allora fai palestra, mi chiedono.
No, nemmeno.
Fai sport, allora.
Occasionalmente e quasi per sbaglio.


È costituzione, forse.
È uno stile di vita frenetico e in costante movimento, pure.
Non mi risparmio mai.
Da sempre.


E chi pensa di dimagrire centellinando il cibo mentre conduce una vita pigra, maledicendo chi è magro, dovrebbe decisamente smetterla di nascondersi dietro scuse e giustificazioni che non reggono.


E muovere il culo.


Magari in bicicletta, perchè no!













SEDUTI, PER CASO, ALLO STESSO TAVOLO



Mi ha salutato con sorpresa, me lo sono trascinato a comprare un pacchetto di sigarette.
Erano mesi che non ci vedevamo.
"Volevo invitarti a cena, ho preso casa", ma io quella gente lí, gli altri ospiti, non ho voglia di vederla.
E poi ha tentato di provocarmi.
"Non esci piú con gli amici che vedevi? Che fine hanno fatto stasera?", mi ha chiesto.
"Continuo a uscirci insieme, li vedo regolarmente. Questo non significa vedersi sempre, abbiamo vite autonome. Ti sembro una che ha bisogno di spostarsi in gruppo?", ho risposto.
E ho aggiunto: "tu invece, con chi sei venuto stasera? Fammi indovinare, con X?".


Io non voglio essere stronza, ma se mi punti un unghia nella carne viva sei morto.
Se provi a colpirmi ti faccio cascare con le rotule per terra.
In senso figurato, naturalmente.
Non risparmio alcuna ferocia a certi atteggiamenti piccoli.


Siamo tornati all'assembramento di tavoli, messi uno accanto all'altro.
Amici, ex amici, amici di amici.
La tavolata spaccata in due.
Noi a festeggiare da un lato, loro in silenzio tra di loro al capo opposto.
Non ho avuto modo di prestare attenzione nemmeno ad uno sguardo, sono stata talmente presa dalle conversazioni carine con gli amici che avevo intorno da non curarmene.




"Lei è bella... Sempre solare", dice un amico rivolgendosi ad un'amica in comune.
"Tutti voi siete solari a dire il vero", replico.
"Tu invece incarni la perfezione", guardandomi.
"Credo tu sia esagerando...", ridendo.
"Non scherzo... Ma non dai modo di farti corteggiare... Sei sempre cosí sfuggente. Non ti fermi mai abbastanza...", serio.


E no.
Anche no.
Un caro ragazzo, ma non il mio tipo.
Sará pure questo che sembro sfuggente?
Il fatto che sia in costante movimento non vuol dire che non sappia fermarmi.
Devo avere un ottimo motivo, in ogni caso.
E in genere non ce l'ho...



martedì 23 giugno 2015

SMS OSSESSIVI E COMPULSIVI



Mi chiede domani che giri ho da fare.
No.
Basta.
Mi dispiace.
Domani sto in vacanza.
Domani non esisto.
Domani sacrosanto cazzeggio modalità "on" fino al pomeriggio.


Gli ho risposto che non ci sto, continua a scrivere amenità...


Non si puó.


Gli ho appena dato una risposta pungente, ciononostante mi ha riscritto.


Se proprio dovessi scegliere uno che è giá impegnato, non sceglierei lui.
Non sembra capirlo.
Sará di quelli che prende le donne per sfinimento.
Prima di convincere me deve reincarnarsi due volte.
Pure tre.
Sperando di incontrarmi pure nelle prossime vite, che potrei defilarmi.



UN VECCHIO SCRITTOIO



Una persona ha deciso di "ricompensarmi" per un buon lavoro che ho fatto per lei, regalandomi un vecchio scrittoio da restaurare.


Era sepolto sotto macerie e oggetti, buttato in un angolo, sporco e macchiato, un cassetto spaccato cui manca un pezzo.


Appena trovo del legno "compatibile" lo sistemo.


In ogni caso l'impregnante dovrebbe celare la differenza, se ve ne dovesse essere.


É bello da mozzare il fiato.


Non ho ancora deciso dove metterlo, ma certamente un posto adeguato lo troverò.


È incredibile quanto buona parte dei regali ricevuti in una vita abbiano avuto a che fare con la scrittura, in senso stretto o lato.


Forse me lo leggono in faccia che sono scribacchina.


In realtà ognuno legge quel che vuole.
Come io scrivo quel che mi pare.
Le questioni sono scisse ed autonome l'una dall'altra.


È l'interpretazione delle cose a tracciare la linea di demarcazione sottile tra l'essere ed il sembrare.
E si puó ben sembrare quel che non si è.
Se non si è quel che si vuol sembrare, però, non c'è finzione che regga per piú di un minuscolo lasso di tempo destinato a terminare nel breve periodo.











lunedì 22 giugno 2015

SBRANARE CON GLI OCCHI



Torno in zona a notte inoltrata dopo avere girovagato in buona compagnia in un'altra regione, e mi fermo a bere una cosa in un locale che conosco.

Il trucco - un sottile tratto di kajal sulla coda dell'occhio - si è ampiamente dissolto, dopo una giornata intensa passata in giro.

La gonna ha una macchia sul davanti: mi sono sporcata mangiando il gelato come i bambini...

Entro e l'unico avventore è uno che conosco.
Mi sbrana letteralmente con gli occhi lucidi di alcol.
È la seconda volta che accade, ultimamente.
Faccio finta di nulla.
Appartiene alla solita fascia dei quarantenni impegnati, ma ha diverse qualità.
Pratica uno sport parecchio figo, e ha due lavori.
Ha un fascino tenebroso, parla piano, la voce bassa e virile.

Non ho mai visto la moglie/compagna in giro con lui.
Che si sia separato nel frattempo?

Ha continuato a fissarmi tutto il tempo e ho continuato ad ignorarlo.

Mi sono sentita quasi a disagio.

"Quel tipo, chi è?"
"Uno di qui..."
"Ti ha letteralmente mangiata con gli occhi tutto il tempo!"
"Ah, non é stata la mia impressione allora..."
"Beh, l'ha fatto in modo decisamente sfacciato!"

Ora, io cosa dovrei fare?
Possibile che li becco tutti così?















domenica 21 giugno 2015

TI RAGGIUNGO DOPO IL CALCETTO



Mi domando se l'educazione che riservo all'insistenza di certi messaggi non venga fraintesa.
Cioè, sono davvero tanti, conversazioni che smorzo, ogni giorno, perchè non posso stare attaccata al cellulare con lui.
Mi ha chiesto se ho fatto tardi la sera prima.
Che poi ci ho riflettuto dopo che quando mi ha scritto "magari una sera di queste ti raggiungo dopo il calcetto...", potevo evitare di rispondere "Ok".
Che gli dovevo dire?
Mi ha colto alla sprovvista nel dormiveglia, dandomi pure la seconda sveglia della mattinata.
La prima è arrivata alle 8.00 di stamattina.
"Papà, che è successo?"
"Stai dormendo?"
"Eh si, sto a letto..."
"Volevo solo dirti che oggi pomeriggio esco in barca"
"Mi fai sciare?"
"Eh no, ho promesso al figlio del mio amico che lo portavo in barca oggi, tu non stai messa a conto..."
"Mi hai chiamata per dirmi che non posso uscire in barca con voi?"
"No, vabbè, se proprio vuoi venire... ma non ti posso far sciare... e c'è altra gente in barca..."
Mentre riflettevo a occhi chiusi, nel letto, su quanto sia stronzo mio padre certe volte, il vicino di casa ha deciso che per un sabato poteva risparmiarmi di essere svegliata dalle urla del figlio.
In compenso ha chiamato l'idraulico.
Che ha preso a martellate non so cosa per almeno mezzora.

Se funzionasse l'amplificatore saprei bene come passare le prossime due ore dentro casa.
Altro che idraulico...

sabato 20 giugno 2015

PORTARE A TERMINE E COMINCIARE DI NUOVO



Mi sento un po' così.
Che ho portato tante cose a termine e quindi debbo cominciarne di nuove.
E riprendere per bene ciò che ho lasciato di incompiuto per portare a termine, in via prioritaria, ciò che era importante per la mia sopravvivenza.

Ho ricevuto una nuova proposta di viaggio.
Low cost, very freak, so easy and not so far.
Il che significa stare in viaggio per più tempo.
Il che mi piace assai.

Un amico mi ha invitato ad andare ad un concerto di una cantante che amo.
E' nell'organizzazione dell'evento.
Dallo schermo non si vede, ma a me stanno brillando gli occhi ancora adesso.
Anche perchè mi farà andare nel back stage!

Oggi ho terminato un pezzo che avevo abbozzato qualche settimana fa.
La strofa si è delineata sul foglio senza che l'avessi nemmeno elaborata, di getto.
L'amplificatore è resuscitato, invece, giusto il tempo di farmi strimpellare "Piece of my heart",
poi è tornato a tacere, e con lui l'elettrica che non tiene granchè l'accordatura.
Devo spendere un po' di soldi, prossimamente, per sistemare queste cosette che non vanno.
Ho preso il cacciavite a stella decisa a vedermela io, perché molto probabilmente è solo qualche contatto da sistemare, ma non entrava nel retro dell'amplificatore e ho dovuto desistere.

Dovevo uscire, stasera.
Fare mille cose questo week end.
E' saltato tutto a causa del tempo, inteso come meteo e come numero di ore da trascorrere fuori di casa.
E quindi ho dormito.
Potrei ancora scendere, se mi affretto, e raggiungere degli amici in giro, ma poi perchè?
Sono obbligata?
Solo perchè è sabato?
Non devo timbrare cartellini di sorta, esco quasi ogni sera.
E stasera non ho voglia.
La compagnia non mi incentiva.
Un certo tipo di chiacchiere e di atteggiamenti non mi scendono.
Non mi va di acconciarmi per uscire, stasera, non mi va di vedere nessuno.

"Sai, qui in verità mi chiedono sempre tutti di te. Si sente la tua mancanza", mi dice una delle poche persone che ancora oggi frequento di un vecchio gruppo di amici con cui invece ho rotto i rapporti.
Se a distanza di così tanto tempo sono ancora argomento di conversazione in questi termini, dovrebbero porsi domande un po' più profonde sulla ragione per cui ho scelto di allontanarmi, da sola e con i coltelli piantati nella schiena, rimanendo dritta in piedi e senza guardare mai indietro.
Non è stato difficile crearmi nuovi giri, mentre li osservavo da lontano sgretolarsi.
"Lui, in particolare, mi chiede sempre di te. Come stai, che fai, e di chiamarti quando organizziamo qualcosa...", riferendosi ad un amico con cui non ho propriamente discusso, ma dal quale comunque ho preferito prendere le distanze.
"Se gli faceva piacere sapere di me, poteva chiedermelo direttamente, ti pare? Non l'ha fatto...", conoscendo il soggetto.
Un gran bel tipo, amante del mare in modo significativo e attivo, lavoratore, ma privo di spina dorsale nei rapporti umani, e dotato di un'ironia inaccettabile per i miei gusti.
Se non fosse per questo suo deficit l'avrei frequentato in altro modo che da amico.
Invece è finito inesorabilmente anche lui nel serbatoio degli idioti dal quale non è possibile attingere nemmeno compagnia taciturna per serate scocciate come questa.



venerdì 19 giugno 2015

SCONFORTEVOLE VITA DI PROVINCIA





Al termine del giro di telefonate e messaggi per convincere qualcuno a venire a sentire della musica dal vivo, stasera, in un locale della zona, mi sono sentita abbastanza scoraggiata.


Chi è abitudinario, chi non ha voglia, chi lavora, chi nemmeno risponde, chi non lo sa, chi va a ballare solo salsa, chi non è qui, chi non sa nemmeno che tipo di musica è quella che propongo...


Du' palle la vita di provincia!
Du' palle la gente che non è propositiva affatto e che, pur sollecitata, risponde annoiata!


Poi si lamentano che non c'è nulla da fare!
Io non riesco a starci dietro a tutto il da fare che ho, certe volte.


Comunque alla fine un amico mi ha detto che mi accompagna.
E, non contento, porta due amici.
Speriamo siano di compagnia.
Alla fine c'è musica, io ballo.
Che me frega?
Se sono due morti viventi problemi loro...
Stasera non ho voglia di cavare parole di bocca a nessuno che non sia dotato di suo di una brillante dialettica.

QUELLO CHE NON MI SALUTA QUANDO STO CON UN UOMO



Quando sono sola, mi si avvicina, fa lo splendido, carino come mai.


Quando mi incontra che magari sto con un amico a bere una cosa, mi saluta da lontano e quasi mi ignora.
Cambia espressione.
Perde in giovialità.
Non lo sento.


Tipo stasera, per dire.


È un copione che si ripete spesso, da un po'.


Avverto una piccola reazione chimica quando lo incrocio con gli occhi, quando siamo vicini.
L'istinto pulsa vivo e mi spinge ad instaurare un contatto fisico che puntualmente evito.


Mi piace, lui.
Nel senso che come tipo mi piace, anche se è uno di quelli che ha deciso di sprecare la vita a non fare nulla di costruttivo perchè tanto ha mamma e papá alle spalle.
Uno di quelli che ha interrotto gli studi - ed era anche bravo - senza alcun motivo valido.
Uno di quelli che volendo è brillante, ha buon gusto, è caciarone e tiene banco come me, ma ha deciso di puntare ad obiettivi che rasentano a malapena il livello della terra che si calpesta con i piedi.
Uno di quelli che continua a buttarsi via dopo essersi buttato via.


Uno dei soliti che si trincera dietro luoghi comuni e affermazioni qualunquiste, che ha deciso di confondersi con la massa pur essendo evidente che non vi appartiene.


Un vero peccato.


Davvero.


E non oso strapparlo alla vita che ha scelto nemmeno per il tempo di una relazione fugace ed insignificante, l'unica possibile che mi viene in mente con un tipo del genere.


Eh già.


Un gran peccato.


E uno spreco di risorse non da poco.







giovedì 18 giugno 2015

IL SEME DEL DUBBIO RIPOSA IN OGNI ADDIO?





Mi sembra ovvio che le certezze granitiche non appartengano al mondo dei sentimenti, instabile e volubile come il mare, e altrettanto bello e letale.


Di una cosa, peró, sono certa oggi.
Io non esisto.
Non esisto piú.
Il mio corpo ha deciso di calpestare sotto i piedi il germoglio che spinge la propria vita oltre il guscio sottile del seme del dubbio.


La sopravvivenza ai colpi sparati in pieno petto genera rabbia.


Una rabbia incontenibile.


Non voglio invecchiare in situazioni che non hanno senso e modo e luogo, e che mi portano solo dolore.


Un dolore inconcepibile.


Che non ha senso sopportare.


Che non sono disposta a tollerare.

















"CHI È LUI?"







Uno che conosco.
Uno che pensavo conoscessi pure tu, è di qui.
Uno, che passando mi ha salutato.
Appariscente, molto curato, ammanierato, la barba definita al millimetro quadro sulla pelle del viso perfettamente liscia e abbronzata, la solita camicia sui pantaloni a sigaretta.
Nulla di che.
Certo, se la smettessi di mangiartelo con gli occhi eviteremmo tutti questa situazione imbarazzante.
Se la smettessi di fare domande indiscrete, pure.
Se la smettessi di spolparti vivo con gli occhi e di fare la prima donna con ogni uomo che ti presento, potremmo mantenere rapporti cordiali senza che io mi stufi della tua compagnia piegata a scopi di opportunità malcelati.
Invece l'avere ridotto i contatti e ridimensionato le cose si rivela alquanto inutile, considerato l'atteggiamento che mantieni.


Arriverà il giorno che le diró: "cara, vuoi un fazzolettino? Per asciugare la bava...".
Certe donne, come certi uomini, non si regolano.

































MESSAGGIAMENTI A NOTTE INOLTRATA



Sempre lui, il tipo impegnato che hobbysticamente mi scrive.
Tipo raffica puntuale e compulsiva ad ogni risposta.


A un certo punto gli è venuto il dubbio che lo stessi prendendo per il culo, e mi ha chiesto conferma.
Certo.
Spudoratamente.
Del resto si è messo da solo in queste condizioni.


Io ho solo risposto scherzosamente.
Ho smorzato certi slanci.


Piú di questo che gli posso fare?


Fino a che punto certi uomini non si rendono conto che non è il caso?


Temo che lui non se ne renda ampiamente conto.


"Senti, X mi sta messaggiando da un po'...", dico ad un'amica che lo conosce.
"In che senso?", mi chiede perplessa.


"Non ci credo! Si è impazzito?", mi fa.


Che ne so.


Se sia follia o meno sono fatti suoi.
Io non c'entro.
Non ci voglio entrare.




Quello che proprio faticano a capire quelli che cercano di rimorchiarmi offrendomi - in testa a loro - relazioni fugaci, è che a me non interessa.


Non ho voglia di andarmela a cercare con uomini impegnati e che nemmeno mi interessano.


Non ho voglia di intraprendere relazioni sterili con gente insoddisfatta e intrappolata in una vita che non vuole.


Voglio potermi riconoscere in una persona che mi è simile, sottratta a certe follie del mondo e alla promiscuitá divenuta regola costante dei rapporti tra uomini e donne e uomini e uomini e donne e donne.


Sono una donna ordinaria e nel contempo "un uomo d'altri tempi, come qualcuno sapientemente mi ha definito.


Se ci sarà un compagno sará uno.
E sará una scelta.
E sará per amore, come è sempre stato finora.




mercoledì 17 giugno 2015

E MI FA QUASI TENEREZZA, MA NON ALTRO



Sono andata in guerra.
E quando vado in guerra ci vado figherrima e dura come mai.


Vedo il tipo che mi ha approcciato qualche giorno fa spuntare sulla soglia della porta.


Mi guarda, mi riconosce, mi fissa.
Lo guardo distrattamente volando oltre.
Non mi saluta.


Dopo poco mi viene vicino.
Alzo gli occhi, lui silenzioso mi stava fissando.


"Ciao", dico.
"Oh, ciao", facendo il vago.
Segue domanda insulsa.
E la mia risposta cortese.


Mi si siede a un soffio.
Mi dedico alle mie cose mentre lui si dedica alle sue.
Resto assorta nel lavoro come se fossi in trance.
È la guerra, comporta la focalizzazione di ogni energia per l'obiettivo ultimo della sopravvivenza.
Ed io devo sopravvivere.
Mors tua vita mea.


Riapro gli occhi nel mondo reale e lo noto che mi sta sbirciando.
Faccio finta di nulla e riprendo a dedicarmi al mio lavoro.


Mi alzo, e dopo poco mi raggiunge, uscendosene con altra domanda insulsa.


Rispondo tranquilla.


Capisco che il lavoro possa fornire appigli validi per intraprendere una conversazione, ma io adoro l'estro.


Va bene attaccare bottone con una stupidata, ma poi sono io che devo dare la svolta, fare una battuta, rompere il ghiaccio?


Mi piace quando qualcuno mi sorprende con una conversazione brillante, tenuta con un tono di voce suadente.


Alla voce del tipo non ho fatto nemmeno caso, non la ricordo.


Questo modo di fare mi fa quasi tenerezza.


E la tenerezza non si concilia esattamente con altri tipi di emozioni che tendo a provare piacevolmente per un uomo che mi interessa.









martedì 16 giugno 2015

MEGLIO DA SOLA SOTTO LA PIOGGIA





Tanto lo sapevo che pioveva.
Ho infilato l'impermeabile in borsa e sono andata con la biciclettina al lavoro.


Certo, potevo approfittare dei passaggi che mi sono stati offerti per tornare a casa, ma perchè?


Non è solo un po' di pioggia, un acquazzone estivo?


E poi non volevo compagnia.


Non avevo voglia di interagire che con me stessa.


Il vento caldo mi ha asciugato il viso e i pantaloni mentre pedalavo.


Per strada il cielo illuminato dagli ultimi raggi rifletteva l'intensitá dei suoi colori nelle pozzanghere.


Ho messo gli occhiali da sole per riparare gli occhi dalle gocce di pioggia che cadevano pesanti e aguzze.


Non piango più, da un po'.


Allora è vero che le ho esaurite le lacrime.


Ho perso un'occasione d'oro per farmi un pianto sotto la pioggia, al tramonto, quando nessuno avrebbe distinto - nemmeno io - l'acqua sorgiva da quella piovana scorrere sul mio viso.


Domattina mi aspetta la solita piccola mostruosa guerra, al lavoro.


Vorrei essere di quelle donne che mandano qualcuno al posto loro.
Di quelle che si fanno scudo dietro qualcuno, o dietro una scusa.


Invece sono di quelle che vanno per se stesse ed anche al posto di chi non é capace per sè.


Certi fardelli non si alleggeriscono mai.


Dovrei tatuarmela quella spada, ma non mi appartiene che in parte.


Non sono deceduta sotto il peso della responsabilità, io.


Non ho tatuati addosso i segni indelebili delle scelte fatte.


Perchè nulla è indelebile, nemmeno io, e questo mio malgrado è il mio punto di vista.


E l'inchiostro mi serve per scrivere, come il sangue mi serve per vivere.

























NON È UN INCONTRO ROMANTICO





C'è un tipo che da un po' mi messaggia e fa il galantuomo.
È di poco più grande di me.
Naturalmente è impegnato.


Il "naturalmente" significa la facilità con la quale uomini generalmente più maturi e con famiglia o compagne a carico si lanciano nell'intraprendere relazioni extra con trentenni emancipate, rispetto ai miei coetanei singoli e traumatizzati, che preferiscono rivolgere lo sguardo alle ragazzine o divertirsi con donnine da poco, discriminando le coetanee che, a detta loro, vogliono solo un uomo con cui accasarsi.


Stavamo chiacchierando di incontrarci per una cosa assolutamente innocente.


Per me.


Credo lui abbia giá girato un film a luci rosse.


Ha cominciato a ricamarci intorno e a farsi milioni di pippe su come vederci senza problemi, seccature, sguardi indiscreti.


Gli ho detto di portare la sua compagna, se teme che possa pensare male.


Del resto non è mica un incontro galante, il nostro.


No.


Di nascosto, perché è gelosa.


Dice che ora riflette su come fare.


Io invece sto riflettendo se andare o no con questi presupposti.


Non mi interessa cacciarmi in situazioni equivoche, e per non farle capitare devo comportarmi in modo antisociale (impossibile...), o brusco (su questo me la cavo meglio, all'occorrenza).


Mi piacerebbe semplicemente giocarmela alla pari con un uomo per cui valga la pena esporsi.


E non è questo il caso.
Naturalmente.
Laddove il "naturalmente" evidenzia la totale carenza di interesse che nutro nei confronti di un uomo che non riesco a guardare per quello che è: il solito insoddisfatto che si tiene una donna accanto per paura della solitudine, ma ha pulsioni incontrollabili verso ogni altra donna gli capiti a tiro.
Stante la gelosia folle, un animale in gabbia, pure.
Un po' triste, insomma.


Ed io che sono una creatura libera, perché dovrei perderci tempo?





lunedì 15 giugno 2015

DOMANDE INSULSE E INCONTRI PURE





Quando vado al lavoro incontro abbastanza spesso un tipo molto alto, sempre vestito in modo molto serio, e estremamente serio pure lui, carino, fa il mio stesso lavoro.
Ogni volta che ci incrociamo, lo becco ad osservarmi.
Distoglie immediatamente lo sguardo, quasi imbarazzato, quando me ne accorgo.
Lo vedo che mi cerca con gli occhi tra la gente, e mi sono anche chiesta se non mi abbia scambiata per un'altra che conosce.
Mi osserva da mesi, ormai.


Stamattina mi ha rivolto per la prima volta la parola, dopo qualche manovra tattica di avvicinamento.


Domanda insulsa.
Di quelle che proprio non c'è una scusa migliore per attaccare bottone.
Rispondo.
Reitera domanda insulsa.
Reitero risposta.
Dice altre cose insulse, rispondo con educazione.


Non avevo prelevato e non avevo due spicci per pagarmi un caffè.
Ho sperato me lo offrisse.
Nulla.
Lo so, sono pessima.
Però cavolo, un caffé!
Si devono chiedere queste cose?


Meglio le conversazioni insulse?
Diamine!
Non è meglio fare colazione?
Un cornetto al cioccolato?
A stomaco pieno si discute meglio anche di cose insulse.


No.
Niente.
"Posso offrirti un caffè?" é una domanda di una difficoltá atroce.
Non "prendiamoci un caffé", non "mi devi un caffè", ma "posso (chiedo permesso con educazione) offrirti (non te lo devi pagare tu, non si verificheranno equivoci e imbarazzi di sorta davanti la cassa, faccio io) un (fottutissimo) caffé?".


Robe difficili.
Troppi traumi infantili e amorosi precludono gesti così plateali.


Un caffé, del resto, potrebbe essere troppo impegnativo per chi è abituato a ripetere a manetta "ma io voglio solo divertirmi".
Una frase masticata come un chewingum prima di essere attaccato sotto il banchetto della scuola elementare.


Un caffè, vuoi mettere, ed il tempo che richiede, come lo gestisci?


É troppo problematico.


Meglio osservarsi da lontano e aspettare che "santo caso" faccia qualcosa per incrociare le rispettive esistenze.


Il libero arbitrio deve morire ammazzato.
Troppo rischioso esporsi e rischiarsela.




È un mondo di traumatizzati.





















LE CILIEGE NEL GHIACCIO





Arrivo al solito orario di chiusura all'iper per fare spesa di sopravvivenza.


Il frigo bianco ha alzato bandiera bianca.


E le cose che ho in congelatore non ho mai tempo né voglia di scongelarle.


Controindicazioni della vita da singola, modalità "stasera mangio solo per nutrirmi".


Reparto cose zuccherose e sciroppate.


Mi viene voglia di pesche e ananas.


Perché non prenderle fresche, allora.


Reparto frutta.


Ciliege in offerta.


È la fine...


Saluto il tipo del banco del pesce, che ha giá sgombrato tutto perché è tardi, e sta cazzeggiando vicino le ceste stracolme di ciliege.


"Vuoi?", porgendomi una vaschetta di ciliege mature distese sul ghiaccio.
"Sono quelle in offerta?", chiedo.
"Si, sono eccezionali!".


Drammaticamente vero.


"Dimmi la verità, è il ghiaccio del banco pesce, questo?", sorrido.
"Eh ma mica quello del pesce!", serio.


Volevo sfottere, non mi ha capita.
La mia ironia, tra le molte doti che non posseggo, è la cosa che passa inosservata ai piú, che non la colgono.


"Oh ma sei sicura che sei da sola a casa, quante ciliege stai prendendo?", dice.
"Lo sai com'è, una ciliegia tira l'altra..."


Mi chiedo se tutti i clienti dell'ultima ora siano come me.
Se c'è una cura a questa socievolezza che non contengo.
E poi perché dovrei contenerla, in fondo?


A me piace chiacchierare con la gente.













LAVORO, MUSICA E FOTOGRAFIA



Mi sono tuffata e sto nuotando.
Bracciate poderose.
Un pinnare rapido, appena sotto il pelo dell'acqua.
Mi cimento in piccole apnee, valutando quanto profonde e durature saranno le successive.


Continuo a nuotare, osservo il paesaggio marino diventare sempre più blu, mentre mi allontano dalle acque calme e burrascose che ben conosco per esplorarne di sconosciute.


Del pari insidiose.


Se ho ancora così tanto da imparare è una fortuna.
Se ho così tanta fame di capire, conoscere, sapere, avendone oggi gli strumenti, non avendo limiti che quelli fisici ed altri mentali, da affrontare e rimuovere, perchè non assecondarla.


E quindi continuo a nuotare, nell'acqua alta, dove l'irrequietezza che mi porto addosso pesa di meno, mi galleggia di fianco, si distanzia quanto basta per lasciarmi spazi di manovra ampi e mai immaginati.







domenica 14 giugno 2015

I SOLITI INCONVENIENTI CON CERTE DONNE



Che ogni maschio che respira che presenti loro è oggetto di attenzioni esasperate sotto forma di occhiate, avvicinamenti e sceneggiate teatrali da prima donna.


Che ti ritrovi a un tavolo di persone e una di loro è stata con tre dei quattro uomini presenti.


Che solo perché un mio caro amico è stato ospite da me per qualche giorno, sono stata oggetto di telefonate a raffica per sapere che facevamo, dove andavamo, e a che ora raggiungerci.


Anche in luoghi generalmente ben fuori dal raggio di azione solito.


Che ne ho piene le palle di certe dinamiche.


Che non sono costretta a frequentare nessuno se non mi va, sono libera.


Per questo motivo il cellulare rimane fuori la portata questi giorni, a casa, in macchina, in borsa.


Non ho voglia di accollarmi nessuno.


Men che meno prime donne assatanate.



sabato 13 giugno 2015

IL BAGNO DELLE DONNE



Entro nel locale semi deserto per andare in bagno.
Un tipo con le spalle contro la porta d'ingresso, dalla parte interna, quasi bloccando ogni possibilità di entrare, si scansa suo malgrado.


"É occupato..."
"Ok", gli dico.
"C'è il mio amico..."
"Ok...", interdetta.
"S'è sbagliato ed è entrato nel bagno delle donne...", continua.
"Ah, ok..."


Esce un energumeno dal bagno delle donne e il tipo delle giustificazioni non richieste entra al posto suo esclamando "faccio subito!".


Guardo ancora più interdetta il tipo mentre mi da le spalle per lavarsi le mani.


"Il bagno degli uomini é sporco... Che poi in effetti non lo so perché ho fatto entrare il mio amico invece che te, ora...", si giustifica dopo avere notato la mia faccia allibita nello specchio.


"Perché la galanteria è fuori moda", mi esce spontaneo.


Si scusa e mi dice che mi offre da bere.


Mi spiace, sto andando via, non posso.






Vorrei che queste cose fossero frutto di fantasia, ma al solito sono terribilmente reali.





venerdì 12 giugno 2015

RIGUARDO LE LEGIONI DI IMBECILLI...



... La constatazione del fenomeno credo sia alla portata di chiunque non si ritenga - presuntuosamente - parte del folto gruppo indicato nel titolo.


Ogni giorno tra commenti xenofobi, sessisti, rivisitazioni fantasiose della storia, vignette più becere che ironiche, un cinismo gretto che ha fatto la uallera a tutti, non ci si raccapezza più.


Anche nei gruppi dove si segnalano gli imbecilli capitano ulteriori categorie di imbecilli che si accapigliano tra loro sull'imbecillaggine altrui.


É diventato un delirio rimanere su fb.


Certi giorni é agghiacciante, nulla di meno.


L'alternativa al silenzio diplomatico è scrivere un commento fuori dal coro e raccogliere una pioggia di improperi senza alcuna attinenza per risposta.


O risposte inutilmente piccate.


Leggo cose abominevoli e ripetitive nella loro sconcezza.


Leggo deliri sugli immigrati, a raffica.


Ognuno è chiuso nel mondo delle proprie convinzioni e delle proprie paure.


Come diamine si fa a campare così, giuro che non me lo spiego.


Ed in questo contesto mi sento nulla di meno che una disadattata.







IL MIO PARRUCCHIERE È DIVERSO



Entro nel poco luminoso buco vintage nel quale esercita la degna professione di parrucchiere da prima che nascessi, e lo trovo a fare le parole crociate con un pakistano di quelli che vendono bigiotteria in spiaggia.


Interrompo, dunque, la lezione di italiano che sta impartendo all'allievo attento, incoraggiandolo a farmi due colpi di sole in modo sbrigativo, sennò tardo al lavoro.


"Oh, mi hanno fatto tutti i complimenti per i capelli, la volta scorsa. Le mie amiche vogliono venire a farsi i capelli da te!"


"No, lassa perde! Non voglio nessuno più! Sono in pensione ormai!"


"Ma come, io ti faccio da sponsor, e mi ringrazi così? A te i soldi te fanno schifo, dici la verità!"


Mi racconta di una signora che ha varcato recentemente la soglia del suo negozio, chiedendo una tinta, e preavvertendo di essere allergica.
"C'è un parrucchiere molto bravo poco più avanti, proseguendo la strada, signora... Io adesso sono impegnato, non riesco a farle i capelli...", le ha risposto.


Mi seggo reclinando la testa nel lavello alle mie spalle per fare lo shampoo e avverto un'ondata di acqua gelida sulla nuca.


"L'acqua è ghiacciata!!!", esclamo.


"Ah si... Me ne sono accorto..."


"No, me ne sono accorta io!! La testa è la mia!!!", e siamo scoppiati a ridere.


"Vedi perché non puoi portarci le tue amiche qui? Noi siamo abituati a cose meno sofisticate, sbrigative, le persone si scandalizzano per poco..."


In effetti, non capirebbero.


"Oh, sono usciti bene! Certo che come lo indovini tu il biondo..."


"... Anche perché rossi e neri mi rifiuto di farli!"


Gli ho chiesto di tagliarmeli di pochissimo, si è rifiutato.


"Mi scoccio di tagliare solo le punte. O te li fai tagliare corti, oppure torna il mese prossimo..."


"Torno dopo l'estate direttamente, a questo punto, hippie e con i fiori tra i capelli, così poi mi civilizzi per rientrare a lavoro".















giovedì 11 giugno 2015

PIÙ NULLA FOR FREE



L'accorto rimuginio di questi giorni e il fatto che probabilmente non c'erano altri disponibili (leggasi al femminile, anche), ad uscire stasera, l'ha indotto a contattarmi, proponendomi una cosa carina.


L'ultima volta che ha proposto una cosa carina, dopo nemmeno 24 h si è tirato indietro, che non voleva andare più.


Gli saranno venute le mestruazioni, forse, nel frattempo.


Se non è volubilità questa - mista a una piccola dose di depressione e menefreghismo - è qualcosa di non troppo dissimile.


Ed io non sono in condizioni, con un cuore disintegrato, di accollarmi le pippe esistenziali e i difetti di costruzione altrui, proprio ora.


Ho già un altro impegno, per stasera, e non intendo disdire.


Gli ho detto anzi di passare, se gli fa piacere, che i locali sono vicini.


Non credo gli faccia piacere, da come mi ha risposto.


Forse si aspettava rispondessi al volo di si.


Mi sembra evidente che non sono una donna zerbino e con sto allo schiocco di dita di nessuno.


E non lo scrivo per fare la smargiassa, è realmente così.


In più, considerato che non è stato affidabile proprio recentemente, e che si è tirato indietro senza motivi - per come la vedo io - comprensibili o accettabili, e alla luce di diverse cose contraddittorie che mi ha detto, non me la sento di dargli spazio.


Se lo vuole, se lo guadagnasse.


Non voglio concedere più nulla for free.









mercoledì 10 giugno 2015

L'ABITUDINE DI RIENTRARE DA SOLA



Ho pensato che questa abitudine mi si è appiccicata addosso, il rumore dei miei passi sino al cancello da chiudere dopo aver parcheggiato la macchina sotto il palazzo a fare da sottofondo a certi pensieri.


Ho pensato che gli unici piedi a calpestare il suolo che mi separa dal letto, la sera, da un po' di tempo sono i miei, mentre salivo silenziosa le scale di casa, il mazzo di chiavi nella mano destra, le gambe insolitamente pesanti.


Ho pensato diverse altre cose che non ha senso scrivere, perché il filo conduttore, se c'è, non è possibile rintracciarlo se non vagamente in ciò che ho scritto.


Ho pensato di voler intraprendere un piccolo progetto musicale da sola, in ogni caso, perché il mio gusto non si incastra con quello di nessuno.


E perché non voglio rimettere questa mia passione alla volubilità ed ai capricci altrui.


Continuo a pensare che questa irrequietezza che mi affligge è certamente un difetto, ma nel contempo uno stimolo del quale non potrei a fare a meno.







LA PARTE PEGGIORE DEL MESE





Quella che la voglia di cioccolato aumenta a dismisura e chiede di essere soddisfatta.


E oggi - sciocca! - sono passata davanti allo scaffale delle cioccolate e non le ho comprate perché si sarebbero sciolte in macchina durante l'aperitivo che avevo programmato dopo la spesa.


E stamattina, a colazione, avevo adocchiato una crostatina che mi sembrava al cioccolato e mi stavo giá pregustando il sapore in bocca quando la tipa del bar mi ha precisato che era marmellata di visciole.


Le visciole di tua mamma...


Per quale assurda ragione i bar si ostinano a prendere in pari misura cornetti al cioccolato e quelli senza cioccolato - per me sono una categoria uniforme - quando poi i primi sono gli unici a non avanzare mai?


Perchè buttare cornetti con la marmellata quando quelli al cioccolato si vendono di piú?


Per mandare la gente in astinenza?


Per frustrarla?


Per indurla ad alzarsi prima la mattina che è sicuro che all'alba i cornetti al cioccolato non sono un miraggio ma realtá?


E adesso già lo so che scendo al locale sotto casa e avrà solo cheese cake ai frutti di bosco.


Dove lo recupero un pezzo di cioccolata a quest'ora???


Maledizione...









DIECI TELEFONATE





Dieci.
Cifra tonda.
Nemmeno il fidanzato che non ho mi chiamerebbe dieci volte di fila nel giro di un attimo.


È lo psichiatra con cui ho rapporti per ragioni di lavoro.


Mi fa mori'.


Credo stia tentando di capire chi sono, fa domande o affermazioni per stanarmi.


"Sono un'iperattiva", ho ammesso, a fronte dell'affermazione mirata: "hai sempre troppi impegni...".


Immagino si diverta a chiacchierare con me.


O è questa cosa che lo tranquillizzo.


O semplicemente che è maniacale in certe cose e si sfoga, in qualche modo, telefonandomi.


A me diverte.


Fa gesti inconsulti, è di una volubilità incredibile, ingestibile.


Una sfida che mi è piaciuto raccogliere e che sinora mi ha dato ragione.







CHITARRISTI



Chitarrista n. 1 è quello con cui suono.
Generi musicali diametralmente opposti.
Compromessi a go go.
Lo sto forzando su generi diversi e fuori la sua portata, e lui non si sta tirando indietro, è di buona volontà.
Certo, pure io con quel che mi propone lui.
Si sente però che ha un modo di fare musica più composto e ordinato del mio, che la musica nemmeno l'ho studiata e pretendo che tutto torni come voglio al mio orecchio.
Ho l'orecchio tiranno, ed è estremamente attento e sofisticato.
E la cosa assurda è che qualche registrazione mi ha dato ragione su alcuni tempi e alcuni accordi.
E lui si è piegato all'evidenza.
Non lo so se terrò in piedi questa cosa e con quale fine.




Chitarrista n. 2, beh, ne ho scritto.
Non ci sta con la testa.
Non è affidabile.
Ed è un gran peccato, perchè, al di lá di ogni possibilità di conoscersi meglio, ha talento.
E mi piacerebbe fosse lui ad arrangiare i miei pezzi, ma dubito ci si metta sopra, affaticato com'è a fare altro.




Chitarrista n. 3 è una donna.
Cantante, pure.
Amica di un'amica comune che ci ha messe in contatto.
Repertorio parzialmente coincidente, sinonimo di trascorsi simili.
Dovremmo vederci prossimamente e provare qualcosa insieme.
Abitiamo entrambe nella stessa zona, ma non ci siamo mai viste di persona.


Da cosa nasce sempre cosa.


Ed io ho troppa voglia di far musica per smettere, anche se sono solo una dilettante che non ha studiato.



martedì 9 giugno 2015

GIORNI BELLI E TROPPO BREVI



Una persona che è passata a trovarmi, questi giorni, sta ripartendo.
La boccata d'ossigeno è terminata.
Ho fatto scorta per durare un po' di giorni in apnea nella morte civile cui sono inesorabilmente condannata qui, con i miei dissimili.


Non mi dispiace avere amici diversi tra loro e da me, con gusti opposti, ma la rilassatezza e l'agio che mi pervadono quando ho a che fare con persone che parlano la mia stessa lingua sono qualcosa di magnifico e senza pari.


È una forma di comunicazione di altro ed alto livello.


Ha un valore inestimabile, per me.


Il mio prossimo road trip volge lo sguardo verso l'ovest.


Ho una accurata guida imprestatami, sulla base della quale stabilirò una serie di itinerari di massima (da nord a sud o viceversa, in macchina, treno, bus, nave e da dove, attraversando piú nazioni o limitandosi ad una per girarla in lungo e in largo), tenendo conto di eventuali festival musicali e manifestazioni imperdibili, e tenendomi distante dai luoghi battuti dal cialtronesco e chiassoso turismo di massa.


Un paese che mi aspetto solletichi la memoria del mio corpo nel ritrovare la radice della mia discendenza.


Il sangue della famiglia di cui porto il cognome proviene da lí.


Pare fosse un pirata in cerca di fortuna ed avventure nel Mediterraneo, poi stabilitosi definitivamente in Italia.


In uno dei posti più belli d'Italia, peraltro.


Sono curiosa.


Curiosa di vedere anche quanto riesco a confondermi tra la gente, e ad inoltrarmi in usanze locali.


Curiosa di scoprire l'impatto emotivo del fado cantato dal vivo.


Se partiamo in macchina ci butto dentro anche una chitarrella, che abbiamo deciso di metterci a suonare per strada all'occorrenza, o di cazzeggiare beatamente con musicisti che dovessimo incontrare in viaggio.


Sennó mi prendo uno strumento lí e me lo riporto in traghetto o in aereo.


Sempre se i giorni a disposizione non siano drasticamente inferiori e non tocchi cambiare meta...


Non ho voglia di rimandare però.


Vorrei fare questo viaggio ora, con la compagnia giusta e l'indole giusta.


Prima che si esauriscano.







lunedì 8 giugno 2015

QUANTO SIAMO TUTTI CONTRADDITTORI





La frequenza con la quale avverto le contraddizioni in quello che molte persone dicono di volere, salvo poi in realtà volere altro e agire come se si volesse davvero tutt'altro, è disarmante.


Voglio vivere, ma tiro a sopravvivere.


Voglio l'amore, ma ogni lasciata è persa.


Voglio un figlio, certe volte vorrei non averlo fatto.


Voglio sposarmi, ma vorrei scappare dall'altare.
Voglio te, ma ho fame d'altro.


Voglio realizzarmi, ma mi annoia fare quel che va fatto e mi distraggo con amenità varie.


Ci si convince di cose che non sono talvolta, pensieri che costituiscono vie di fuga per non affrontare di petto la realtá.


Ed io, che voglio davvero io?


Voglio quello che tutti vogliono.


Quello che non si può avere.


E l'idea diventa ancora più accattivante laddove l'irrangiugibilitá piú manifesta si appalesa.


Forse.


E se la vita non fosse un film, ci sarebbe un lieto fine.


A volte, invece, il finale è amaro e brucia, è pieno di sale, finisce nel cemento, assieme alle immagini oniriche di ció che poteva essere e non è potuto essere.


Assieme all'ovvietá dei sentimenti malcelati.


E considerato che la vita è un film, il finale è una mera utopia, è solo l'ultima parola che chiude un capitolo vergato a mano.


Con il sangue, dello stesso rosso di chiunque incroci le proprie esistenze con quelle degli altri.


"Se avessi l'occasione di combattere per te, la coglierei in pieno. Mi vedresti combattere come non hai mai visto nessuno e come non vedresti nessuno.
Sarei un leone".


La parola esatta sarebbe dovuta essere leonessa.


Non mi è venuta.


Colpa del lato maschile sempre troppo marcato, che connota anche il mio linguaggio.


Non mi serve dire un immobile "ti amo" per esprimere quanto ci tengo.


Ho migliaia di parole più appropriate da spendere, forse anche troppe.


Combatterei contro tutto e tutti.


Perchè è questo quel che sono, una che non si tira indietro, che la remissività è solo una parola che definisce lo stato mentale di chi nemmeno ci prova.


Nessun combattimento avrà luogo, in questo caso.


Il campo di battaglia è sgombro, ci sono solo io, scalza e a mani nude, legata, a parare colpi all'occorrenza.


In cerca di una parola ridondante che chiuda formalmente un capitolo già finito.







domenica 7 giugno 2015

OLIO NERO



Tale è la consistenza del mare di notte.


Ti accorgi del punto approssimativo in cui l'acqua si separa dal cielo, perchè il nero, ad un certo punto, comincia ad essere puntellato di stelle.


E le vedi bene, che quella spiaggia lì è fuori dal mondo e non arrivano le luci artificiali della civilizzazione.


Ho tolto i vestiti sporchi della giornata trascorsa, ho mosso i passi decisi verso l'acqua calda, sicura del fondale sabbioso senza insidie.


Mi sono tuffata concedendomi qualche bracciata, prima di uscire dall'acqua.


Stesa sul telo sottile a guardare le stelle, ho infilato i piedi sotto la sabbia per cercare il calore accumulatosi durante il giorno.


Avrei voluto avere con me la tenda, stanotte, e accendere un fuoco e diverse altre cose.


Tra tutte le scelte possibili, spero di avere fatto la scelta giusta.


E se pure non lo fosse, andrá bene lo stesso.













L'OSTENTAZIONE DELLA VOLATILITÀ DEI GIORNI



Tanto mi sembrano gli ultimi due giorni.
A livello sociale ho interagito tantissimo.
Ho conosciuto nuova gente.


E un po' di gente che conosco già ha tentato una sorta di riavvicinamento.
Ho smesso di fare ostruzionismo, ho lasciato fare, per una sera.
Non mi importa nulla.
Non mi sono sottratta a qualche abbraccio, però i giochi sono fatti, e non ho interesse a guardare indietro.




Sono stata a mare, per hobby e per qualcosa che si avvicina ad una sorta di apprendistato di lavoro.
Ho fatto la ragazza di bottega - da privilegiata - a bordo.


Ho preso un acquazzone magnifico in mare aperto, senza alcun riparo.


Mi sono asciugata al sole e con la brezza.
Ho continuato a navigare.
Ed ora ho fame, ché non ho avuto quasi il tempo di mangiare, e quello che ho mangiato l'ho letteralmente bruciato.


Quante cose stanno accadendo, nell'ultimo periodo, quanto sono predisposta ad andare avanti, quanto sono tornata mentalmente in forma e attiva?


Non ho timore di scoprirlo.
Dovessi abbattere a mani nude ogni singolo limite che mi si pone davanti.


















venerdì 5 giugno 2015

VEDEVO ROSSO



E non capivo perché.
Avró pigiato per sbaglio un tasto e ho perso le impostazioni del modello blu che avevo applicato al blog.
Appena riesco ad accedere dal pc provo a ripristinarlo, se ci riesco...


Rivoglio il mio vecchio blog blu con le macchie acquerellate azzurre :(

MACCHINONI





Di apprezzamenti sul fatto di essere donna e guidare un macchinone (per imponenza, effettiva, non per valore, è un macinino) ne ricevo quotidianamente da amici, conoscenti, forze dell'ordine che mi fermano.


Il maschilismo ed il retaggio culturale che riposano in simili affermazioni mi sembrano evidenti, e non necessitano di ulteriori approfondimenti e parole, in questo post.


Nella mia famiglia queste cazzate non le ho mai sentite, e tanto basta.


Anche perché guido macchine molto più grandi di me sin da una tenera etá.




Sono rientrata da lavoro, oggi, ed il viottolo di casa era impegnato per oltre metà da una super Jaguar parcheggiata al centro della strada.


"Chi è il genio che ha parcheggiato cosí? Ora ce lo lascio un appunto sul parabrezza..." dico, abbassando il finestrino, al vicino a piedi sul marciapiede, e cominciando a cercare carta nella borsa seduta sul sedile del passeggero.


"Eh, bah, non ho idea... Ma che stai facendo... Gli vuoi lasciare davvero un biglietto?", mi fa sorridendo.


<Se non sai parcheggiare la macchina grande... (fronte) prendine una piú piccola. O valuta di andare a piedi (retro)>


Quando ci vuole ci vuole.
E il vialetto di casa deve rimanere libero.
Soprattutto dai cretini.









giovedì 4 giugno 2015

STANOTTE TI HO SOGNATA...





... Mi dice uno con cui ho rapporti di lavoro.
"Volevi farti il piercing alla lingua e io cercavo in tutti i modi di dissuaderti!", aggiunge.


È un uomo d'altri tempi, come forse nemmeno mio nonno sotto certi punti di vista.


Solo che ha la mia età circa.


"Avevo qualche piercing ai tempi dell'università, ma non alla lingua", gli dico.


Un'espressione di raccapriccio ha cominciato a dipingersi sul suo volto.


"Avevo anche un procinto di espansione, ma poi ho lasciato perdere..."


"Cos'è l'espansione", con il terrore a soppiantare il raccapriccio.


Dopo avergli spiegato è quasi fuggito.


Mi spiace di averlo turbato.


Immagino lo turberà ancora di più lo scherzo che ho in mente di fargli a breve, sulla scorta dei suoi pregiudizi sui piercing.


Se altrove fanno il giorno vestiti casual a lavoro, domani improvviso il venerdì punkabbestia.


E mentre scrivo non posso fare a meno di riderne già.


Sono una cretina, lo so.


Con passatempi infami.


Che ci posso fare io se lui è fatto così e mi fornisce questi spunti?





DI TUBI E TUBINI





La radiografia che certi colleghi mi fanno al mattino quando vado a lavorare, viene prontamente inoltrata ad altri colleghi che non sono presenti, e si tramuta in messaggi circostanziati su dove fossi e in che tenuta, con annesso apprezzamento.


Vorrei scrivere di badare bene a quel che si legge, qui, che tutto questo è frutto della mia fantasia, ma disgraziatamente mi accade sul serio.


Ma serio.


E sono convinta non accada solo a me.


"Mi è giunta voce che stamattina con quel vestito hai oscurato ogni altra collega presente"


"Erano tutti uomini. Pensavo di averli oscurati con altri argomenti"


Invano ho chiesto di conoscere la fonte che mi sbircia da lontano e riferisce ad altri, ma la mia richiesta non ha sortito effetti.


La conversazione per iscritto ha raggiunto il capolinea quando siamo arrivati al dunque, ovvero al fatto che un uomo impegnato come lui non potrebbe sbilanciarsi oltre con me, salvo l'esplicita rinunzia ad una certa integrità e a determinati principi di ordine morale.


Gli ho risposto di non preoccuparsi, che non si corre questo rischio.


Non fosse per altro che non me ne frega un tubo di infilarmi in un casino con un uomo impegnato, salvo non sia l'amore della mia vita.


E dubito fortissimamente che lui lo sia.


In compenso, mi arriva la recensione aggiornata delle mie tenute migliori, al lavoro, che mi garantisce una simpatia e un consenso che mi rigioco per mettergliela a quel servizio all'occorrenza.


Un passatempo che mi fa sorridere tutto sommato.


Ho sempre sottovalutato il potere di queste cose, il tempo mi ha fatto capire che posso utilizzare l'apparenza come specchietto per le allodole.


O per gli idioti, il che è lo stesso.




*


Sempre stamattina, qualcuno investito di potere divino e frustrazione molto terrena mi ha fatto una scartata abbastanza brutta e fuori luogo davanti ad altri colleghi.


Io ho chiesto scusa - anche se non avevo fatto nulla - e mi sono allontanata.


"Sai, è indecente quel che ha fatto, quel modo di rispondere, è completamente fuori di testa. Si prende questa confidenza quando vede gente giovane..."


"Beh, dovrebbe fare attenzione a chi sembra giovane e in realtà non lo è..."


Sono tornata, e nel ripresentarmi ho di nuovo chiesto scusa.
"Non si interrompe così la gente che lavora! È maleducazione!", con il sangue agli occhi.
Se non fosse che io non ho interrotto nessuno e mentre parlava mi si sono delineati nella testa quel volto e quella voce, come se li avessi già visti altrove, non in un contesto lavorativo.
Nel film di Siani che mi hanno trascinata a vedere a Natale, c'era il marito sfigato della sorella, con quella vocetta insulsa e quel modo di fare stizzito, avulso dalla realtà...
Saranno stati separati alla nascita.
Dentro di me sono scoppiata a ridere, mantenendo un contegno decoroso all'esterno.
Così, sfoderando un gran sorriso, gli ho detto che aveva ragione, che ero stata mio malgrado maleducata, e che mi scusavo nuovamente per l'accaduto.
Si è placato.
Un certo tipo di ragione - ho imparato - è solo per i fessi.
E perché privarli delle insignificanti gratificazioni che gli offre la vita arida che conducono?
Chi sono io per sottrarli ad una tale gioia?
Perché dovrei perdere tempo a discutere di inezie con i fessi?










mercoledì 3 giugno 2015

AGRUMI E ALBICOCCHE





Sono stata in campagna con nonno, a fare limoni.
Quella era l'idea iniziale.
Non so mangiare la bistecca al sangue senza limone, proprio non mi scende.
Ho portato a casa anche arance per la spremuta ed albicocche dolcissime.
Un rametto di fiori rossi, pure, che ho messo sul tavolo in cucina in un vasino di vetro che sembra un'ampolla per pozioni alchemiche.
A distanza di un giorno, quel ciuffo di colore intenso che spunta sul tavolo bianco ha riempito la stanza di vita.






"Guarda quel grappolo di albicocche su quel ramo! Prendi quelle", con fare da direttore dei lavori.
"E come ci arrivo? È in alto!", replico nel mio vestitino del giorno di festa.
"Allunga il braccio!", mi fa.
Ho preso una sedia e ci sono salita sopra perché se mi fossi arrampicata fin lì il ramo debole e sottile avrebbe ceduto.
Ed io con lui.
E mio nonno avrebbe riso fino a sentirsi male.
Ed io mi sarei dovuta alzare da sola per accompagnarlo all'ospedale e passare il due di giugno al pronto soccorso non è che mi andasse...


Mentre tendevo la mano verso le albicocche rosse immerse nella luce del sole, tra le foglie brillanti, ho ripensato al giorno precedente.
Al tipo che non ho visto il giorno, perchè aveva di meglio da fare, e che ho incontrato per caso di sera affaccendato a tessere relazioni sociali con gli amici con cui era sceso e con due donnine molto carine, di quelle che tra capelli, trucco, vestito, avranno speso almeno due ore di preparativi e prove davanti allo specchio.
Il genere di donna che appena il giorno prima diceva di trovare noiosa.


E quindi la percezione che certe parole vengano dette solo per raggiungere risultati nell'immediato, viene confermata dalla contraddittorietà dei fatti che seguono.


Per questo non posso che essere drastica e tagliare.
Mi ha dato così tanto l'impressione di essere l'ennesimo che spara nel mucchio, incapace di corteggiare una singola donna, ma flirtando con tutte quelle disponibili, lasciando che sia il caso a decidere con chi approfondire i rapporti.
O una sbornia.
No, non fa per me.


Io ne voglio scegliere uno - ed essere scelta da uno - e da sobria.


Sono scesa dalla sedia intera, con un bottino di fragranti albicocche tra le mani.
Ho qualche graffio sulle braccia, e le zanzare pure ci hanno dato dentro.
I capelli, ho deciso, non li taglio più.
Li faccio crescere ad oltranza questa estate.
Biondi e hippie e con i fiori in mezzo.
















PICCOLI E RIDICOLI MONDI CHE GRAVITANO ATTORNO AL MIO



Accade che sono al lavoro e passa uno con cui ho avuto una storia banale lo scorso anno.
Ridicola, pure, per brevità, tenore delle conversazioni, livello (il suo).
Mi saluta, entrando, lo saluto educatamente.
Poco dopo intravvedo - e mi intravvede - dalla finestra una donna che arriva a passo spedito e infila la porta, tirando dritto senza salutare.
La compagna attuale del tipo, suppongo.
Difatti gli si piazza vicino con fare da padrona.


L'atteggiamento della padrona con il cane sottomesso e represso legato al guinzaglio.


Dopo un po' sono ripassati insieme per uscire, e mentre lui si è girato per salutarmi, lei ha nuovamente fatto finta che non esistessi, tirando dritto senza salutare.


Una lady, non c'è che dire!


Considerato che del tipo non mi frega un accidenti, che sono stata io a troncare i rapporti a causa della sua manifesta idiozia, e della inutilità mortificante della frequentazione che mi offriva, avendolo pure rimosso da fb, non avendogli mai piú scritto un messaggio, non avendolo nemmeno chiamato, causa rimozione numero di telefono, pure, non capisco il motivo di simili comportamenti.


Che poi no, non è vero.
Lo capisco che la gente sta a problemi, ma non capisco cosa c'entro io.
Perché coinvolgermi nella folle e irrefrenabile cafoneria che li affligge.
Cosa c'entro con le loro paturnie ed insicurezze, io.


Se un uomo si tiene vicino una donna del genere è perché la merita.


Non ci sono attenuanti, giustificazioni, scuse.


Se sei idiota, può reggere solo un'idiota al tuo fianco.


Non fa una piega.


Ed io ho scansato un bel fosso, non c'é che dire.







martedì 2 giugno 2015

PARTITE CHIUSE E DILUVI UNIVERSALI





Se la partita è chiusa, perchè continua a fissarmi, mi domando, quando mi becca in giro?
Come se volesse dire qualcosa quando non c'è nulla da dire.
È passata acqua sotto i ponti.
È successo il diluvio universale.
Tutte le catastrofi possibili legate all'elemento acquatico.


Ed io sono ancora io, ma diversa di nuovo da quella che ero.
Faccio fatica, ormai, a ricordare i connotati precisi dell'integritá del tutto.
Vedo solo pezzi sparsi e ricongiunti.
Si vede in trasparenza dall'altro lato.
Si vede dentro tale e quale, per chi si ferma a guardare nelle crepe.
E ci sono io, dentro.
Che piango ancora lacrime che non dovrebbero appartenermi, ma scorrono libere e si fanno acqua che mi trascina via.


È arrivato il momento di un viaggio in solitaria altrove.
Un posto che non conosco e dove non conosco nessuno.


Sarà fuga, liberazione, vita, scelta, non ho idea, di nuovo.


Il bagaglio, stavolta è pesante ed assomiglia ad un fardello.


Perchè è questo che è, volendogli dare il nome esatto.


E il mio malessere ne accentua il peso, quando il mio buon senso dovrebbe alleggerirlo.


Dove sarà finito il mio buon senso?



lunedì 1 giugno 2015

MA POI SUCCEDE INVECE CHE...



... Gli propongo di fare una cosa carina insieme, oggi, e mi risponde che ha da fare.
Che se non la fa oggi, questa cosa, non la fa piú.
Che magari se avesse cambiato idea nel giro di un'ora mi avvertiva.
E perchè non andare domani, invece, che è festa, tralasciando che l'oggi fino al domani è fatto di un'ora di pranzo, un pomeriggio, cena, una nottata intera.




Domani è un altro giorno.
Io ho voglia di fare questa cosa oggi.
Ora.
E mi stufo delle persone che prima propongono di fare e all'atto pratico si tirano indietro, o ammaccano scuse, o hanno forse di meglio da fare.
Gli indecisi.


Ecco, tutto qui.
Io mi stufo.
Il mio limite congenito.
Vorrei che alle mie proposte facesse seguito un si pieno.
Invece no.
Mai.
A parte un amico con cui faccio buona parte di ció che farei in coppia, con gli uomini in generale, ma con la quasi totalità delle amiche pure, non è possibile.


E allora domani non può che essere che un altro giorno, sempre, a ripetizione, necessariamente.
Dura lex sed lex.


"Andiamo insieme lì oggi?"
"Io ci sto, ma lui che ti ha detto?"
"(come sopra)"
"Ah... Vabbè peró ti ha proposto domani che è festa..."
"Io avevo voglia di fare questa cosa oggi. Sono stufa di raccogliere sempre le solite risposte"


Perchè la verità è questa.
La gran parte degli uomini fa solo un sacco di chiacchiere, ma nella realtà è un continuo tirarsi indietro, stare dubbiosi, indecisi, fare fregature all'ultimo secondo.


Sarà che hanno le mestruazioni, sarà l'ansia da prestazione, sará quello che vi pare.


Per me restano relegati nella folta e nutrita schiera di sfigati con i quali non intendo più avere a che fare.








"Abbiamo il mondo alla portata di un dito, oggi... Dove ti va di andare?"
"Dove vuoi tu. Mi basta stare con te. La mia vita qui è nelle tue mani, mi fido delle tue scelte".


Che importanza ha chi decide, se qualunque cosa si decida lo sai giá che sta bene ad entrambi?


Ah, lui, piccolo ed insignificante dettaglio, non era italiano...





NON LO SO CHE SUCCEDE



Perché ho continuato a pensarci ancora.
E ancora.
Tra un impegno di lavoro e un'uscita con gli amici.
Tra una distrazione e una disattenzione.
Mentre cenavo.
E a colazione.
Prima di alzarmi dal letto.
Senza capire esattamente il perché di questo pensiero.
Ne ho avuti altri, ma tra gli altri c'era questo, che chiedeva attenzione.
Un'attenzione nuova, prepotentemente fisica e mentale.

Decisa la direzione da dare alla giornata, stavo buttando giù un po' di musica in parole nel tempo che mi avanzava, ho sentito una telefonata in arrivo.

"Stavo pensando, ecco, se ti andava, visto che non raggiungo gli amici al mare, se non hai da fare, di pranzare una cosa insieme..."
L'ho invitato a pranzo a casa.


Mi ha trovata disastrata, quando è arrivato, indaffarata a preparare la borsa per l'escursione.
Senza trucco, i capelli appena sciolti.
Al naturale.

Abbiamo pranzato, chiacchierato, poi ha preso la chitarra.
E quando tocca la chitarra la tocca per bene.
E' dannatamente rock, ruvido e sofisticato, una carezza sapiente a fior di pelle.
Abbiamo continuato a conversare di quello che è successo.
Che non è successo niente.
Però qualcosa è successo.
Che poi chi lo sa.

Che si era guadagnato una scusa valida per risentirci, ed io gliel'ho lasciata tra le mani, ma non l'ha usata.
E nemmeno io.
Ho solo atteso, e forse anche lui.

Che non so che succede, però ho voglia di rivederlo.

E se diverrà un'ulteriore venatura dorata a sorreggere i miei frammenti, questo non posso dirlo da ora.
E non mi importa.

Non mi è importato mai.