venerdì 24 luglio 2015

INTERRUZIONI BRUSCHE



Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da interruzioni brusche nei rapporti interpersonali e da accelerate ancora in corso per quanto riguarda il lavoro.


Non mi sento davvero piú tenuta a raccogliere chiacchiere e promesse senza futuro da parte di chi non riesce a vivere la propria vita e cerca di vivere la mia, anche in via riflessa.


Non mi sento piú tenuta a passare sopra la caterva di scuse di chi non risponde affatto, chi lo fa in ritardo, chi non ha tempo perchè lavora.


Di chi mi vincola perché vorrebbe far cose con me, salvo tenermi in sospeso ad libitum o tirarsi indietro all'ultimo secondo.


Di chi vuole uscire con me e poi si sente a disagio o non regge il ritmo o è disadattato o maleducato con altri miei amici e mi appesantisce inutilmente ed è pure ingrato.


Colpa mia, che lavoro piú di chiunque altro conosca, senza mai darmi il tono della professionista.


Colpa mia che trovo tempo per tutti, e che da un po' non ho piú voglia di trovarne.




Ho sbattuto esausta con rabbia circa trecento fogli impilati l'uno sull'altro, davanti ad una persona che, nell'ordine:
- mi ha deriso schifosamente perchè ho chiesto un fazzoletto per asciugarmi, considerato che ero arrivata di corsa, dopo aver passato 15 minuti a piedi sotto il sole, e mi stava venendo un mancamento;
- mi ha fatto un sermone su come dovrei sbrigare il mio lavoro, quando dovrebbe badare a come sbriga il suo, considerate le cazzate che fa;
- mi ha dato solo 3 delle 9 richieste che mi occorrevano, perchè per lei erano troppe, neanche fossi tenuta io a limitarmi in certe istanze, o lei pagasse di propria tasca la carta in piú;
- mi ha sbattuto davanti la spillatrice che le ho chiesto in prestito;
- infine, mi ha detto, sghignazzando con l'altra impiegata, che tanto era inutile che mi affannavo, che tanto non avrebbero aspettato e che sarei dovuta tornare.


Sono esplosa in un "ora basta!", e la violenza con cui è riecheggiato nella stanza l'eco del tonfo dei fogli sul legno della scrivania ha reso bene l'idea dello schiaffone che le avrei dato e che ho invece trattenuto nella mano.


Ha provato a dire qualcosa, ma le ho gelato le parole in gola dicendo che non tollero oltre questo tono pesante, l'abitudine a trattare in questi termini con le persone e non so quant'altro, e che sarei tornata per terminare il lavoro un altro giorno, ma non in quel momento perchè quando è troppo è troppo.


Sono tornata il giorno dopo e ho trovato altri impiegati, decisamente piú a loro agio con l'educazione ed il garbo che dovrebbero usarsi nel rapporto con il pubblico.


Ho fatto quel che dovevo, servita, riverita e con il sorriso.
E dopo avere ringraziato e salutato con il sorriso, sono stata salutata nell'andar via.




Da che sono stata male, solo tre delle persone cui l'ho detto si sono preoccupate di chiedermi come stessi.
Tre.
Buona parte degli altri mi ha opposto i propri malesseri, interrompendomi mentre finivo di parlare, perchè ha evidente necessitá di sfogarsi con qualcuno.


E quel qualcuno mi sono abbastanza rotta le scatole di essere io.


Perchè non sono tenuta a fare le veci del confessore sul lavoro e nella vita privata.











2 commenti:

La Folle ha detto...

Credo di capire ciò che provi. Anche a me capita di esplodere quando tirano troppo la corda, anche se bisogna tirarla proprio forte.

.come.fossi.acqua. ha detto...



Hanno tirato tutti fortissimo.
Non si puó reggere in eterno ;)