lunedì 30 maggio 2016

ATTRAENTE



Ci ha tenuto a scrivermi, dopo che l'ho incontrato per strada, l'altra sera, che mi trova sempre molto attraente.

L'ho ringraziato per la gentilezza dell'apprezzamento.

Avrà appreso qualche tecnica di rimorchio più sofisticata, negli ultimi tempi, e pensa forse di propinarla a me, nel mucchio ampio nel quale spara senza fare troppe distinzioni.

Magari giusto perchè sono capitata a tiro, per caso.

Immagino che il vestitino che ho comprato per dieci euri da H&M abbia fatto il resto.

A volte basta un vestito dozzinale e una scarpetta con il tacco per solleticare la fantasia di qualcuno.

Non basta invece un apprezzamento carino per catturare, però, la mia, di attenzione.

Mi sarò fatta troppo complicata con l'età, o semplicemente non mi attrae il personaggio.




CHI NASCE E CHI MUORE




E' quanto è successo nella settimana che è finita.
Qualcuno se n'è andato, strappato alla vita ed ai sacrifici dei cui frutti non ha goduto, e qualcun'altro è arrivato.
Anzi, è arrivata.

"Mi è nata una figlia bellissima e l'ho chiamata come te".

La mia vita, finchè dura, continua ad aggrovigliarsi come un romanzo, in una tragicommedia fantasiosa e mai banale.



SUPPORTERS



E' capitato che un amico mi abbia fatto una grande cortesia portando se stesso e la sua reflex ad un evento al quale dovevo partecipare qualche giorno fa, per fare qualche scatto.

Evento che vedeva la mia partecipazione attiva, ed al quale non potevo mettermi, al solito, a fare io foto agli altri.

Lo hanno preso per un giornalista.

"Scusa tu, vogliamo anche noi una foto! E mi raccomando, falla uscire bene quando la metti sul giornale!", gli hanno detto due baldi giovini alle mie spalle.

Il tempo di spiegare che non era un giornalista, e gli hanno estorto comunque la promessa di uno scatto.

"Vogliamo una foto con lei!", indicandomi.

"M'hanno pigliato per una velina, questi?", a bassavoce al mio amico.

Ho fatto la foto con i supporters senza battere ciglio.

Mi sono divertita, tutto sommato.



venerdì 27 maggio 2016

"DOVE ALTRI NON SONO ARRIVATI IN CINQUE ANNI..."



"... Tu sei arrivata nel giro di qualche settimana!"


Eccola la soddisfazione lavorativa di oggi.


E l'unica persona con cui vorrei condividere sul serio questa cosa, in questo momento non posso contattarla.


Non sa nemmeno che le nostre esistenze, oggi, si sono sfiorate nello stesso luogo.


Eppure il mio corpo, che era lì per lavoro, non si é voltato una sola volta verso i luoghi noti, alla ricerca della sua presenza.


E poi, davvero vorrei condividere questa cosa?


Per sentirmi dire quanto sono brava?


Ho la nausea dei complimenti.


Di questi complimenti.


Di quanto mi releghi, questa presunta bravura, ad essere una mosca bianca su un mare di merda.





mercoledì 25 maggio 2016

DI GIORNI X



Oggi non é un giorno a caso, ma un giorno x.
Anzi, X maiuscolo, per l'importanza.
Tanto da farmi sentire quasi insignificante.
Roba che spaccherei tutto quello che ho intorno, compreso il tavolo della cucina, che ho costruito con le mie mani, e poverino non c'entra nulla, e vorrebbe casomai essere solo un tavolo e adempiere il compito banale che ci si aspetta dai tavoli, mentre invece diventa l'orizzonte su cui l'occhio si distende fino a rimbalzare contro il muro, che é cosí bianco, di un bianco accecante e intollerabile.
Mi sta venendo un mal di testa che tra poco devo solo mettermi a dormire.
E invece ci sto fumando sopra.
E ho posato la chitarra per scrivere.
Sono rabbiosa.
É anche la fase premestruale, per carità, ma c'entra relativamente.
Nel giorno X non ho ricevuto la notizia X.
Non mancherà di arrivare nei prossimi giorni, indubbiamente, in un modo o nell'altro.
Nel giorno X é arrivata pure documentazione fotografica di quanto qualcuno non si rassegni a non tenermi da conto nella sua vita, pur avendo inteso il peso del mio silenzio.
Che é un distacco.


Quello che si pretende dalle stronze come me é che capiscano.


E che mentre capiscono, mettano da parte la sofferenza.


Io non voglio sapere nulla piú né di comprensione né di sofferenza.


E se per qualcuno resto relegata nell'immaginario fantastico imprigionato in insoddisfacenti quotidianità da carcerati, il problema non é il mio.


Quello che posso opporre é solo il silenzio.









lunedì 23 maggio 2016

PER ESSERE PRESENTE ALTROVE



Manco alla scrittura, che mi libera e mi sfoga.
Manco a me stessa, o forse è solo un'altro modo di essere presente a me stessa, questo.
Anzi, senza forse.

C'è una parola, in riferimento alla mia persona, che ricorre, di nuovo.
Questa responsabilità legata ad un ruolo che mi appartiene nell'intimo, ma rifuggo.

E non so bene perchè.
Ed in questo debbo farmi forza, più del solito, e bluffare, per essere presente agli altri e perchè gli altri abbiano presente chi sono.

Al di là dell'apparenza e anche al di là dei contenuti.


domenica 22 maggio 2016

"E DI ALTRI ROMEI E DI ALTRE GIULIETTE"





Mi ostino a cercare la semplicità nella complicatezza delle cose.
E  mi viene spontaneo essere quella che sono.
E comunicare nella mia arabeggiante grafia, con note a margine di regali che non ho consegnato, e non so se consegnerò mai.




sabato 21 maggio 2016

DI IMMAGINI RIFLESSE



... Ed era tanto bella che mi é rimasta impressa negli occhi.


Quasi come fosse una foto.


O uno scatto rubato, magnifico, al distacco tra la percezione che ho del mio corpo e come realmente appare nella sua interezza.


Senza nulla fuori posto, per una volta.


Nulla fuori posto.

giovedì 19 maggio 2016

E FAR QUALCOSA PER QUALCUNO



Tipo alzarmi all'alba per andare a comprare del pesce e delle verdure fresche e cucinare qualcosa di delizioso, e metterlo nel piatto graziosamente.

E rendermi provocante quanto basta.

E tacere un po', e cedere a qualche suggestione.

E far qualcosa per qualcuno, sapendo di farlo, nel contempo, per me stessa.



mercoledì 18 maggio 2016

1.700



"Ma hai visto che numeri?"

E no, non li ho visti.

"Sono buoni numeri?", dopo averli visti.



La prova ha un numero.
Ed è quello scritto nel titolo.
E a quanto pare è un buon numero.
Che nel frattempo che ho scritto questo post, è incrementato di mille.
E continua a crescere e... ed è una soddisfazione!

... SOTTOVOCE



Ho lasciato a casa i soliti abiti, per metterne altri decisamente più casual e comodi, fino a scomparirci dentro, e mi sono presentata senza troppe cerimonie, vestita solo di un nome comune e anonimo.

Sono arrivati dei super uomini, e la loro spacconeria ha invaso, rumorosamente, ogni spazio vitale.

Certi uomini hanno bisogno di dirsi bravi da soli, in quel che fanno, quanto certe donne.

Io sono rimasta in silenzio, in un angolino, ad ascoltarli distrattamente, percependo con fastidio il peso strabordante del loro ego.

Ho lasciato che gli occhi vagassero sulla distesa azzurra, sferzata dalla brezza marina, i capelli in balia del vento e sparpagliati sul viso.

Arriva un momento in cui sempre mi arrendo al vento.

Sotto le mentite spoglie di una ragazzina silenziosa, mi sono lasciata mettere alla prova.

E quando il campo di prova è il mare, lo stimolo è maggiore, la sfida emozionante.

Ed io sto nel mio, non c'è un cazzo da fare.

E gli spettatori casuali e inconsapevoli della mia prova, hanno taciuto, improvvisamente, quando ho preso possesso dello spazio tutto, spontaneamente e senza curarmente, relegando il superomismo ad un angolo silenzioso e stupefatto.

Mi hanno chiesto solo allora, perplessi, chi fossi.

Se lo facessi di mestiere, quello che stavo facendo.

Se fossi una sportiva, pure, vista l'agilità e l'equilibrio con cui mi sono mossa.



La prova, in tutto ciò, credo sia stata superata.

Il mio voto al silenzio, invece, alla fine è andato a puttane, chè ho ripreso ad interloquire come so fare.





martedì 17 maggio 2016

VEGETAZIONE SPONTANEA E SFOCATA





Una parte della verità è che sul blog confluiscono gli scarti, le foto con le imperfezioni, la seconda scelta.

L'altra parte della verità è che mi innamoro perdutamente degli scarti, delle imperfezioni, delle seconde scelte.

Sono una sentimentale, in fondo, ma proprio in fondo, ma molto in fondo.




Tra le cose banali che sono successe oggi, i soliti incroci di sguardi.
Mi sono sentita guardare da lontano, e poi di fianco, e poi da dietro, e per quanto scaltro, alla fine, sono stata più rapida di lui e l'ho beccato in flagrante.
E poi mi sono defilata senza salutare, perchè così mi piace rendere pan per focaccia a chi usa queste tecniche subdole e pensa di garantirsi un vantaggio che non concedo.

E tra le ulteriori cose banali della giornata, una bella.
Una proposta che potrebbe conciliare l'indole artistica, con quella di animale sociale, e di donna di mare, e di vagabonda, con un'opportunità lavorativa.
E quindi ho detto di si.
Che ci provo.
Che se uno non ci prova, non lo sa.
Ed io, a vestire gli stessi panni per una vita intera mi annoio, e le sfide mi stimolano.




DI PROBLEMI IMMAGINARI



"Non ci bastano quelli veri, di problemi...", dico all'amico che ho presentato a una tipa che conosco, con cui ha avuto un mezzo intrallazzo finito male.

Lei, del tutto disinteressata al fatto che intraprendere questa cosa con il mio amico - con cui sospettava pure avessi una storia - avrebbe potuto creare un disagio a me, che li ho messi in contatto, è completamente concentrata sul fatto che lui si sia comportato male, quando non è così.

E se l'unico modo di mettere la parola fine ad un rapporto durato meno di un battito di ciglia è quello di ricorrere ad accuse e recriminazioni, minacce ed insulti, un problema c'è, sicuramente.

Ed è un problema, in cui, nel contempo, si specchiano dinamiche che da un certo punto di vista sono probabilmente riconducibili ad una patologia.

"Io non ho mai detto questa cosa!", mi dice, riferendosi ad un asserito sbilanciamento poderoso che lei gli rinfaccia, e che lui si sarebbe rimangiato.

"Potresti averla detta eccome, invece. Come battuta. Mi hai detto qualcosa di simile mentre mangiavamo una roba che piaceva ad entrambi... Ed era chiaramente ironico quel che hai detto", gli dico.

"Ora che mi ci fai pensare, potrei aver detto questa cosa per scherzare, ma come ha potuto fraintendere, credere che dicessi sul serio? La conosco appena! Ci siamo visti davvero poche volte, in un lasso di tempo di qualche settimana...", mi dice.

Mi spiace un casino, ma non posso farci nulla.
E non può farci nulla nemmeno lui.

Ognuno di noi ha la propria percezione della realtà, e qualcuno ce l'ha particolarmente alterata.





lunedì 16 maggio 2016

5:20



Sono i minuti e i secondi che separano l'inizio dalla fine di questo pezzo magnifico, che è una cover, e che come tutte le cover che Lui ha rielaborato, supera (secondo me, che non sono magari obiettiva, perchè lo adoro) il pezzo originale.



Oggi, tanto per cambiare (un certo percorso che ho intrapreso, da un certo punto di vista, mi vincola in tal senso, ad essere presente e partecipe), ho rincorso per commenti un tale, in mezzo ad altri, su un social, che aveva cominciato una sassaiola virtuale, mettendolo spalle al muro.
Seguivo i suoi deliri da giorni, gli occorreva solo un pretesto per agganciarmi, uno qualsiasi, per scaraventarmi contro delle critiche del tutto insussistenti.
E quindi gli ho fornito l'occasione, attendendolo al varco per chiarire certi concetti.
Sostanzialmente per sbatterglieli in faccia, ma ho agito con garbo.

Mi sento pessima, quando faccio queste cose, perchè oltre a cercare una sorta di giustizia, mi diverto pure.

"Non ce l'ho fatta, ho replicato alle fregnacce che ho letto..."
"Naaaaaa, li avrai inibiti! E adesso non scrivono più, per un po', come l'altra volta!"
"Lo so... e mi sento in colpa. Perchè per un po' non avrò fregnacce da leggere. Adoro leggere quei deliri al limite del fantascientifico, mi danno il buonumore..."
"Per un po' dovrai farne a meno..."
"Maledetta io! Non sono riuscita a trattenermi..."



Stasera, ripiegata completamente nei piccoli gesti automatici che il mio corpo compie, ivi incluso quello di ticchettare sulla tastiera del pc, illuminata da sinistra dalla luce della lampada da tavolo, non mi manca nulla.

Non mi manca quello che non è successo oggi.

E nemmeno quello che è accaduto.

Non mi manca un paio di braccia nelle quali stringermi.

E' questa l'autosufficienza emotiva che mi coglie certi giorni, in cui basto a me stessa e razionalizzo gli impulsi.



sabato 14 maggio 2016

DI QUANDO BEVO E PERDO LA REGOLA



Avevo questa cena che sapevo avrebbe portato, all'occorrenza scompiglio.


C'é un tipo fuori di testa che mi tiene di punta e non mi molla un attimo.


Mi si é venuto a sedere vicino, e ha sproloquiato per tutto il tempo, mentre tentavo di tenere una conversazione con contro... profili... ora non mi viene la parola... professionali con un altro tipo.


"Si, dopo me lo dici..."
Niente da fare.
Un cazzotto in bocca forse sarebbe stato piú... come dire... no, nemmeno qui mi viene la parola.


E c'era poi questo tipo, quello sco....le di qualche post fa.


Seduto altrove.


Eppure da dove si é messo a sedere mi teneva d'occhio, senza apparentemente far caso a me.


Mi sono alzata per uscire dal locale, con l'intento di andare a comprare le sigarette.


Mentre uscivo dalla porta, mi sono sentita raggiungere da una voce.


Ed era lui...


"Mi accompagni a comprare le sigarette?"


L'ho praticamente trascinato con me, Ma non ha opposto resistenza.


E mi ha ripetuto una cosa, ed io gli ho detto sorridendo un'altra e ci siamo incamminati.


E nulla... Il proposito di far casini stasera non l'ho mantenuto.


Qualcuno si é accorto che l'aria friggeva.


L'imbarazzo è stato tangibile.


Io ho bevuto del vinello scadente ed ero piú simpatica del solito.


Quando bevo perdo la regola.


Per fortuna non eravamo da soli.


Il vestito, un po' corto, con il vento, se n'é andato per i cavoli suoi, ma ho continuato a sorridere e cazzeggiare...


E nulla... Boh... Io non ero abbastanza lucida da decifrare, di nuovo, il messaggio del suo corpo quando si avvicina al mio.


Che si stabilisce una connessione visibile ad occhio nudo, ma non so quanto percorribile.


E sono rientrata a casa un po' brilla e il correttore me lo corregge a bella.


Una parola che in modo assurdo ricorre, in questi giorni, in cui qualcosa mi illumina.



venerdì 13 maggio 2016

DI COSE VERE DETTE PER DISTRAZIONE



L'ennesima contraddizione é venuta fuori, ed é schioccata come uno schiaffo attraverso la voce al telefono.


Tutto e il contrario di tutto nel medesimo istante.


Ho risposto un sommesso "ok" prima di riagganciare, mi é sembrato quasi di ingoiarlo.


Mi ha richiamato per chiedermi scusa.


Perché gli é uscita male dalla bocca questa cosa.


E perché non é nemmeno vera.


Ed il fatto che contraddice altre cose di opposto tenore dette, ed i comportamenti tenuti, é evidente.


Ha cominciato a spiegarmi come e cosa stava pensando di fare, e gli ho detto di lasciar perdere.


Che mi é venuto spontaneo offrirmi di dargli una mano, ma non é davvero il caso, ha ragione.


Mi rimangio tutto, e mi mozzico la lingua se dovesse ricapitare di pensare di dire qualcosa del genere.


E quindi si é scusato di nuovo, ma non occorre.


E mi ha chiesto cosa faccio stasera, e la mia risposta é stata pessima.


Lo sará ancora di piú quello che ho in mente di fare, stasera, se dovesse capitarmi l'opportunità.


Ecco dove inciampo.


Nel punto in cui mi arrabbio ed esco fuori crudele come non sono.




E probabilmente abbiamo solo detto entrambi cose vere per distrazione.


Perché parlare in modo spedito a questo porta, a distrarsi, a non contemplare, se non a posteriori, il peso dell'espressione, che é determinante.







giovedì 12 maggio 2016

'NA RAGAZZETTA CARINA



Mi capitano cose al limite dell'incredibile, e giuro che non so perchè.

E quindi, mi capita che in un ufficio pubblico, di quelli iperaffollati di una metropoli dove ci passa il mondo, di quelli dove si passa per questioni di lavoro, l'impiegato con cui ho scambiato forse due parole, non di più, si ricordi di me e faccia succedere un casino.

Un casino!!!

Direte voi, che casino?

Cose che non si possono raccontare nemmeno qui.




mercoledì 11 maggio 2016

E CONSISTENZA DI PIUMA





Di questo mi sembrano fatti i soffioni.
Della consistenza delle piume.
Dell'inconsistenza dell'etere.
Del medesimo peso.

E quando esco con la reflex diventano soggetto immancabile di qualche scatto, quando li incontro.


martedì 10 maggio 2016

SENZA PROGRAMMARE NULLA



Così doveva essere, e così non é.
Perché non ci si riesce.
E si programmano occasioni.
E si consumano, queste occasioni.


In mezzo ad un mare di contraddizioni.









I PRIMI SEGNI DEL COSTUME





"Adesso cosa vuoi fare?"


Forse la risposta che si aspettava era un po' piú sobria, di quella che gli ho dato, molto poco tra le righe.


"Vorrei farti vedere i primi segni del costume. Oggi sono stata al mare..."


Questa sorta di liason molto autodistruttiva e senza futuro, ma nel contempo altrettanto stimolante, sta diventando la trasposizione nella realtà delle cavolate peggiori che ci passano per la testa e che pianifichiamo di realizzare insieme.


Il concetto di "sottomissione" sul quale ampiamente e variamente si fantastica lo posso valutare, discutere, concedere, in parte, ma non vado oltre, non diventa il sistema al quale mi piego compiacente, al quale mi lego senza speranza.


Io non sono una donna geisha, e sottomessa e remissiva non lo sono mai stata.


Sono una creatura libera, addomesticabile - fino a un certo punto - secondo le sue proprie regole.


E questa libertà, naturalmente, la sconto in ogni ambito.


E il maledetto lavoro é diventato una scusa che non regge davvero piú, nemmeno per riderci sopra, per vedersi.


E certi luoghi, grigi e anonimi, al momento, sono la scenografia perfetta per certe trasposizioni mentali.


E se non metto un limite a questa libertá che mi concedo con strafottenza, rischio di cacciarmi in guai grossi, che non so davvero se ho voglia di spicciare.




Il pezzo qui sotto l'ho sentito la prima volta, mentre guardavo il video, che mi ha annoiato.


L' ho riascoltato, e di nuovo mi sono distratta, annoiata dal video.


L' ho ascoltato finalmente in radio, mentre guidavo, ed é stata un'altra cosa.


E ieri, di nuovo, mentre facevo il bagno nella vasca vintage, dalla radio nell'altra stanza.


E ho pensato che questi Radiohead non sono quelli di adesso, sono i vecchi.


Questa retromarcia sull'evoluzione, cosa é?


Un deja vu che non comprendo.


Senza la poesia della malinconia.


Non ho ancora stabilito se il mio corpo gradisce o meno questo pezzo, ma lo so assimilando, pian piano entra nel mio tessuto, lo sento familiare, ma di un familiare che non appartiene al tempo odierno, bensí a quello passato.











sabato 7 maggio 2016

GENTE SPUDORATAMENTE MOLESTA



C'é quello che mi martella e pensa di prendermi per sfinimento, e le sta tentando tutte, ma non c'é nulla da fare.


Oggi mi ha scritto che ieri ero davvero bella.


Ho ringraziato, tra i monosillabi che ho opposto ad ogni domanda.




C'é quello che si venderebbe l'anima al demonio per una cosa anche da poco, e che ogni volta che lo incontro mi si spalma addosso.


Mi ha detto che ho un buon profumo, non ho avuto cuore di dirgli che é un'acqua da due soldi che ho comprato al negozio dove prendo anche i detersivi.




E poi c'é questo stronzo, che gli ho scritto che mi piace come sta in una foto, decisamente migliore della precedente, e tra una cosa seria e l'altra mi ha chiesto distrattamente se c'é qualcuno, nella mia vita.


Ed io non potevo essere molesta al punto da dirgli che lo trovo particolarmente sco..bile, e che sono sola a casa e non esco, stasera.


Magari mi si presentava sotto casa...
E poteva essere una cosa carina...
Ma...


"Ci vediamo questi giorni", gli ho scritto.
"Ok", mi ha risposto.


Non c'é fretta, per questa cosa.











giovedì 5 maggio 2016

E DEL ROSSO CHE SCOMPONE I FILI D'ERBA





Non credo siamo portati naturalmente verso l'ordine, seppure ci ostiniamo in modo maniacale in tal senso, talvolta.

Per ancorarci, forse, a qualcosa di meno precario di quanto ci sembri la vita.

Ed eccolo lì, il disordine, magnifico, dirompente, in mezzo ad annoiati fili d'erba che si limitano ad ondeggiare sospinti dal vento, che ripiegano su se stessi invece di tendere al cielo.

Eccola lì, la ribellione selvatica e notevole del disordine, la bellezza del disappunto, dell'inaspettato, ecco la leggiadria della scompostezza.

La noti crescere sul bordo delle strade, farsi largo dove non sembra accessibile alcuna forma di arbitrio, dove nascere e crescere è rimesso al sorteggio del caso.

Ad ogni seme riposto nella terra è concessa quell'unica possibilità di affacciarsi alla brevità della vita, fiorendo nel suo splendore.

Un seme che, a volte, viene posato dal vento, dopo aver danzato a lungo tra le nuvole.



E DI QUANTO LE PAROLE SIANO NECESSARIE



O di quanto compromettano la vita.

E di quanto ciascuno vi dia il proprio significato ed il proprio peso.

Le parole hanno davvero poco di oggettivo, ognuno le misura a modo proprio, secondo sensibilità variabili e volubili.



Ecco, io stasera mi dovevo tenere per me una cosa, invece l'ho rigurgitata.

Mi domando di cosa debba discutere, allora, domani.

Non ho voglia.

Cosa dovrò dire, non dire, o significare tra le righe di quella che si può ridurre ad una mera constatazione di come stanno le cose e di quanto non ci si voglia conformare.

Mi indispongono certe parole.

E allora mi ritraggo.

E penso che questo fine settimana sarebbe molto più semplice se prendessi un treno o un aereo.




mercoledì 4 maggio 2016

SPORT NOTTURNO MARE



Oggi ho preso la motoretta vintage e sono scesa a mare.
Ho sentito il profumo dell'estate attraverso il nevischio polveroso dei pollini candidi e rotolanti.

A parte per la marmitta un po' compromessa, credo sia pure la faccia gloriosa e contenta mentre guido a far sorridere la gente, che si volta a guardarmi.

E adesso, infilo la tuta e le scarpette da ginnastica, e scendo a mare, di nuovo.

Quanto è magnifico ascoltare quel rumore così familiare, quando tutto finalmente tace, quando l'unico movimento che l'occhio umano percepisce è fragorosamente nero e non conosce orizzonte, se non quello illuminato, ad intermittenza, dal faro, o dalla luna che si nasconde tra le nuvole.



DOVEVAMO PARLARE



Dovevo farmi un viaggio, dovevamo vederci a lavoro, per questioni tecniche e alquanto complesse.

Il viaggio l'ha fatto qualcun altro, alla fine.

"Sono riuscito a prendere sonno solo verso le 2, stanotte, non ho fatto altro che pensare ad oggi che ti avrei vista", mi dice stamattina.

Non gli ho detto che a quell'ora ho chiuso anche io gli occhi, che non riuscivo a cedere al sonno, e avevo mille pensieri per la testa, su oggi, e mi sono distratta a guardare House of Cards ed i suoi magnifici intrighi.



Dovevamo parlare, ma non c'è stato tempo.

E certe risposte sono arrivate da sole, senza stimolarle con domande evanescenti o scoccianti.

E certe altre non possono arrivare in data odierna, mi ci sono rassegnata, perché debbono maturare nel tempo e scontano delle incredibili incognite.


Siamo riusciti anche a lavorare, in tutto questo non parlare, alla fine.





martedì 3 maggio 2016

SOLO PER LAVORO



Contravvengo alla regola imposta di non vedersi.

E la rompo con la scusa del lavoro, per cui per davvero mi serve una mano, e si, potevo fare tutto via mail, ma no, preferisco caricarmi il pc, farmi un viaggio, e parlarne a voce.

"Se questa cosa ti turba, se preferisci che non vengo, dimmelo, e comunichiamo via mail", gli ho detto.
"No, vieni...", mi ha risposto con un fil di voce.

Ci abbiamo fantasticato entrambi parecchio sul fatto di vedersi a lavoro, segregati in una stanza silenziosa e al riparo da occhi indiscreti, immersi in quello che è il nostro peculiarissimo mondo.

E' un vedersi che non significa nulla, nel contempo, sospeso nelle trame smagliate del tempo, ma me lo voglio concedere.

Perché appartengo al mondo reale, non alle proiezioni di quello virtuale.

E perché ho bisogno di un sorso di questa vita cui ho deciso di sottrarmi.

Perché anche di queste cazzate si vive, ogni tanto.



DI PAROLE INCAMERATE




Come stasera.

Con le emozioni in connessione, ed i pensieri  che si sgretolano appena sopra la superficie degli occhi, sotto il battito calmo e regolare delle ciglia, e le parole che rotolano fino alla punta delle dita per essere scritte.

Quando non ho sonno è perché ho dormito abbastanza.

Ho incamerato a lungo le parole degli altri, e chiuso nel silenzio le mie.

E voglio dirle, ora, ma non schermate da un telefono o da una tristissima app.

Voglio dirle a voce piena, dal vivo.

Anche se destano sconcerto.



Eravamo al semaforo delle scuole elementari, mia madre era venuta a prendermi, la maestra mi aveva dato un buon voto per un tema, ma avanzando il dubbio che l'avessi copiato.

"La maestra pensa che ho copiato..."
"Perché?"
"Perché ho usato parole che non uso mai..."
"E perché non le usi?"
"Perché me ne vergogno..."

Non me ne vergogno più.
Le mie parole hanno una loro dignità, una loro identità, e possono essere selvatiche, scomode, stancanti, difficili da seguire, ma sono il mio canale di comunicazione per eccellenza.

E al momento c'è un destinatario, per alcune di queste parole, cui devono giungere nella loro pienezza.
Non mi frega come.
Non le voglio musicare, non le voglio scrivere qui né altrove.
Ho bisogno di dirgliele, vada come vada, dal vivo, mentre lo guardo, mentre mi ascolta, chiusi in un abbraccio.

Voglio essere egoista, per una fottuta volta, anche con le parole.

Ho bisogno di espellere, basta incamerare.


DI PERPLESSITA', POUR PARLER



Mi ha contattata per espormi un dubbio, che in realtà non ha, il che è trapelato immediatamente.
Gli ho chiesto che perplessità avesse, allora.
Nessuna, la risposta vera, tra le righe delle parole buttate lì pour parler, è che non ne ha, quindi mi ha deliberatamente contattata con la scusa di un dubbio che in realtà non l'ha mai sfiorato.

Detto ciò, ci ha tenuto a dirmi che, comunque vada, non vuole perdere i contatti con me.
Per ragioni di lavoro, e per altri motivi un po' più vaghi e fumosi.

Probabilmente ha un interesse legato alla mia persona, connesso a ragioni di utilità pratiche che ravvisa solo lui... o forse no.

La mia percezione del suo interesse si affaccia su un caleidoscopio di possibilità, tutte plausibili.

Fondamentalmente, percepisco una tensione che con la ragione ha davvero poco a che fare.

Non è la prima volta, da che l'ho conosciuto.

Potrei sbagliarmi.

Vorrei sbagliarmi?

No.

Sono curiosa.



lunedì 2 maggio 2016

QUELLO CHE VUOL DIRE UNA MAGGIORE VISIBILITA'



Sono andata in banca a dare il sangue e un pezzo di rene, come ogni fine mese e inizio di mese (quando le scadenze cadono nel week end, e i pagamenti slittano al primo giorno utile), e devo ammettere che i miei rapporti con gli impiegati e con il direttore sono notevolmente migliorati.

Uno che mi sosteneva con molta sufficienza e fastidio è diventato addirittura un mio fan.

"Ha fatto cascare lo schermo dove si firma...", mi dice con la solita aria scocciata, che con un coltello in mano non avrebbe esitato a piantarmelo per così poco in un occhio.
"Le ho dato un buon motivo, come al solito, per avercela con me", ho risposto sorridendo.
"No, anzi, ultimamente mi è diventata molto simpatica... ma non le posso dire il perché!"

Contento tu, contenti tutti.

Un altro mi saluta con un gran sorriso, ogni volta che mi vede, chiamandomi per titolo.
Mi chiamo sempre c.f.a., ma a qualcuno piace essere formale.
A me interessa poco, fuori dal lavoro.

La signora in fila davanti a me si è voltata diverse volte incuriosita, prima di chiedermi chi fossi.
Che ho una faccia conosciuta, ma non ricorda dove mi ha vista.
"Lavora per caso per le assicurazioni?", mi chiede.
"No, faccio un altro mestiere, e da tanti anni, ormai..."
Non mi andava di dirle che presumibilmente l'idea di conoscermi discende dal faccione sbattuto su alcuni manifesti che ancora proliferano per il paese né che magari m'ha vista in tv a dire fregnacce.

Non vorrei fare come quel turista straniero nerboruto che ho fermato una volta per strada chiedendogli una foto, che mi ha risposto "No! No photos", ed al quale ho risposto che non volevo la foto sua, ma che facesse una foto a noi, sulla bicicletta.

Tutto questo sbrilluccichio a breve finirà, e potrò valutare, finalmente, di andarmene in un posto dove nessuno mi conosce a prendere un po' d'aria.






LA VITA POSTICIPATA



Non mi riferisco a certi impegni che tutti rimandiamo nel tempo, perché sono pallosi e mancano del requisito dell'urgenza.


Parlo di quello che si vuole, ed é ad un palmo dal naso, ma si rinvia, perché é problematico.


Con l'assurda convinzione che dopodomani sará ancora lí.


Oggi é oggi, come si puó pensare di dare precedenza al presente solo nell'immaginazione, concentrandosi su un aleatorio futuro?


Io non sono così lungimirante.


E gli istinti bassi mi portano a considerare insufficiente stringere a me il cuscino la notte, al posto del corpo che non ho fisicamente accanto.


"Mi chiami per sport?"
"Ti chiamo perché mi sei mancata, eccola la verità"
"Ho rispettato quello che ci siamo detti..."
"Lo so, ma non voglio perdere..." non si capisce bene cosa.


Le voci hanno questa magia, riempiono le distanze; ma é solo apparenza, in un mondo dove il corpo la fa da padrone e i sentimenti non si nutrono di sola vita estemporanea, di fantasticherie.


"Cosa intendi quando dici 'per ora'?"


Eccolo il nodo della questione.
É fissato temporalmente in un presente che non ci appartiene, che non puó essere prodromico ad un futuro che non immagino.


Ad un certo punto ho smesso di immaginarmi a condividere la mia vita con qualcuno.


In questo momento, da un po', fantastico sugli ulteriori sviluppi della mia personalità nel rischioso attraversamento pedonale tra una fase della vita e l'altra.


Un percorso in solitaria, come quelli che si avventurano su una barchetta ben attrezzata nell'attraversamento dell'oceano, per superare i propri limiti.


L'alea del "per ora" é foriera solo di distrazioni e frustrazioni, e voglio fare a meno di entrambe, perché non le sento necessarie.


La mia vita é aggrappata al presente, e sono sola, non ho compagnia, non posso accettare certe condizioni, non posso soffermarmi sulle ipotesi degli altri, su esigenze che non corrispondono alle mie.











domenica 1 maggio 2016

DI ESSERE PRESENTI A SE STESSI E PASSARE IL FERRO AI CAPELLI



Ho fatto un giro in bici al mare, raggiungendo una sorta di concerto del 1 maggio de noantri, qui al paesello, organizzato al parco dalle sinistre locali.


I miei capelli hanno preso la forma di un nido, a causa del vento, e tra poco devo raggiungere degli amici altrove.


Mi sono buttata a leggere un libro sul letto, nel frattempo, e non ho molta voglia di guidare.


Il vento di oggi mi ha stordita, ma il movimento mi ha rimessa al mondo.


Altro che lo yoga.


Lo iodio é la mia medicina, e pure un po' di pedalata veloce sulla mia biciclettina vintage.


Dovrei arricciare i capelli, non ho voglia di legarli, ma magari un semi raccolto e il rossetto rosso che distoglie l'attenzione, ma poi che mi metto?


In realtà ho voglia di rimanere ferma qui, presente a me stessa in posizione orizzontale, la musica che suona.


Vado a scaldare il ferro.


Ho un po' fame.





DI PROSPETTIVE INCONCEPIBILI E ISTINTI



Ho finito le sigarette da giorni, e non le ho ricomprate.
Ieri sera ne ho scroccata una ad un'amica, e lo stimolo di fumare, anche ora, è consistente, ma controllabile.
Sono uscita fuori dal locale a fumare, e ho incrociato qualche sguardo curioso.
Mi era quasi venuta voglia di rimorchiarmi qualcuno, ma sarebbe stato un gioco fine a se stesso, in una serata che avrei preferito passare a casa.

Ho compensato con mezzo litro di birra, ieri sera.
Io nemmeno la adoro la birra.
E non sto nemmeno bevendo molto, a dire il vero.

Non sono uscita spesso, e questo è stato catartico.

Mi sono trincerata nel silenzio, senza dare troppe spiegazioni.

Ho riflettuto su certe prospettive tangibili, ma inconsistenti, al tempo stesso.
Ho riflettuto su quanto sono disposta ad accoglierle nella mia vita, su quanto l'insuperabilità di ogni difficoltà, reale o apparente, sia strettamente legata alla persona per cui, oltre me stessa, valuto di mettermi in gioco.

Attraversare il mondo a nuoto, ad esempio.
Come sfida, nei confronti di me stessa, è concepibile.
Per raggiungere chi?
La variabile umana è decisiva.

E nel numero delle variabili, ce n'è sempre una che emerge con forza.

Sempre la stessa.

Da che ho memoria.

Che peso devo dare, statisticamente, a questa variabile?

E quanto ridimensionano il peso di questa variabile gli istinti quotidiani, quelli che mi indirizzano verso percorsi più consistenti, anche se si incastrano di meno negli ingranaggi della mia esistenza?



IL RESPIRO DI FUOCO, IL CORVO E LO YOGA-INTRATTENIMENTO



"Non ci vengo piú a yoga. Cerco di seguire la lancetta dei secondi dell'orologio sulla parete per contare i tempi e tu mi distrai, ché respiri forte a un soffio dal mio orecchio..."


"Ma é il respiro di fuoco! Si fa cosí!"


"No, respiri in modo rumoroso tutto il tempo, mi deconcentri, perdo il ritmo e allora penso che, fanculo, se non riesco a contare i tempi, tanto vale che mi faccio un po' di apnea. E tra poco é estate e le apnee me le faccio al mare..."


"Come fa a non piacerti lo yoga?"


"Non é vero! Ha imparato a fare qualche posizione, tipo quella del corvo! Vero?"


"Craaa Craaa!"


"Vedi?"


"Mica come te, che non riesci ad incrociare le gambe nella posizione del loto e hai bisogno del cuscino sotto al culo!"


"Io faccio anche la rana, ogni mattina..."


"Ma quel mantra, come fa?"


"Ohmmm..."


"Eh, dopo l'ohmmm, fin lá c'ero arrivato pure io!"


"Quella parte 'ndeche qualcosa"


"Sdeghedé sdeghedé..."






Pure per lo yoga intrattenimento me dovrebbero pagá, insomma.