domenica 31 luglio 2016

AGGIORNAMENTI SULLE VENTENNI E SUGLI ULTRATRENTENNI CHE LE FREQUENTANO



Il tipo di cui ho scritto qualche post fa, il cialtrone con cui ha avuto a che fare la mia amica, evidentemente, rispetto all'inaspettato rifiuto, non ci sta.

E dunque continua a scrivere fesserie su fb, con le amichette ventenni, in riferimento alla vicenda occorsa, cercando di darsi un tono che neanche se se lo appiccica in fronte con il biadesivo a grandi lettere gli regge.

Sapete, di quelle cose scritte in modo complice, senza fare nomi, spalleggiandosi come le creaturelle delle scuole inferiori, che fanno bullismo di gruppo al compagno di classe che non se li incula nemmeno di striscio.

Di questo genere qui.

Cose che peraltro accadono di frequente, qui al paesello, anche a distanza di anni dalla fine della scuola, quando la gente dovrebbe essere cresciuta e invece dimostra sfacciatamente di essere rimasta a un livello di immaturità inaccettabile.


Il succo è che la mia amica sarebbe una sfigata perchè non è abbastanza "zoccola".
Questo il profondo messaggio lanciato nell'etere.

Loro, le rampanti ventenni locali, si prestano a queste conversazioni sgradevoli su fb con l'amico ultratrentenne, che è tanto figo.

Quello che non sanno o non capiscono lo devono in parte all'età, in parte alla stupidità.
Il che non  le esime dalla pietà che suscitano in noialtre, che non siamo come loro, oggi, e non lo eravamo ieri alla loro età.
Il fidanzato di una di loro si fracica d'alcol ogni sera e lei lo riaccompagna a spalla a casa, trascinandoselo addosso quasi del tutto privo di conoscenza.
Probabilmente, mentre cerca di darsi un tono sulle spalle della mia amica, non sa che proprio lei
ha avuto, in passato, una storia con lui, suo coetaneo, e che appena lei si volta di spalle, lui la marca stretta.
Anche quando esce nel solito locale con lei, la fidanzatina ventenne.
Ogni volta che vede la mia amica che va in bagno, la raggiunge e le si propone.
La fidanzatina-stampella resta al bancone, piena di sè, in attesa che lui rientri dal bagno, dove non sospetta stia raggiungendo un'altra.
E dove peraltro le condizioni precarie di lui (sta sempre strafatto) non lo mettono nemmeno in condizioni di poter concludere qualcosa, pur volendo.

L'altra è una carta conosciuta, a livello locale, perchè se la fa a giro con buona parte dei trenta/quarantenni che noi coetanee teniamo alla larga, vuoi perchè sono cialtroni nullafacenti, vuoi perchè è gente poco raccomandabile.
Probabilmente pensa che questo tipo di popolarità le sia concessa perchè è figa.
Personalmente non ho mai ritenuto figo darsi via con facilità indifferentemente a chi capita, ma ognuno è padrone della propria vita, della propria dignità e della propria salute (perchè sono queste le componenti che vengono in rilievo).

E dunque, se il trentenne torna con la coda tra le gambe dalle amichette ventenni, dopo che la coetanea gli ha dato picche, ha poco da fare il figo.

Ci vorrà un attimo di tempo per sistemare questa cosetta a livello locale, ma suppongo che mi scapperà qualcosa di bocca, a tempo debito, con qualche amico in comune, per chiarire la vicenda e seppellircelo sotto.

Tra amiche si fa così.

No? ;-)









IL DOTTORINO



Non lo vedevo da oltre un anno.
Ho fatto fatica a riconoscerlo, al buio, lui non ricordava chi fossi.
Poi gli si è accesa la lampadina.

E' un tipo interessante, carino, colto, un professionista.
Lo conobbi un periodo che frequentavo altri amici, gente con cui ho chiuso i rapporti da tempo.
Una delle "amiche" con cui uscivo mi diede ad intendere che c'era del tenero tra di loro, e che uscivano insieme.
Venni a sapere da un amico in comune, tempo dopo, che non era vero, e che lui chiedeva di me, e cercava occasioni per vederci.
Chiarita la questione, a me non interessava approfondirla ulteriormente, e mi sono dileguata.


Ci ha tenuto a dirmi che è single da un mese e mezzo.
E che, tralatro, va in vacanza in un posto dove passerò anche io, questa estate, ma diversi giorni prima.
Mi ha praticamente trascinata via dal tipo con cui ero scesa nel prato a ballare, che c'è rimasto un po' male, perchè credo abbia un mezzo interesse non corrisposto che ho cercato di arginare, ma invano.
Insomma, abbiamo ballato come due scemi, mezzi ubriachi...
E poi mi sono dileguata.


Direte voi: ma questa che problema c'ha, che si dilegua sempre?

Quel che appunto sul blog è sempre solo una parte - talvolta consistente - della storia.
Le versioni integrali, le tengo per me.
Incluse, naturalmente, quelle piú sconce.
E quelle nelle quali non mi dileguo affatto.

E comunque, ieri sera mi sono dileguata da qualche situazione che di fondo non mi interessa.
Non c'era solo lui, la scelta poteva cadere su almeno tre/quattro tipi che si prestavano, ma per mera compagnia.
Per passatempo.
Per quel che restava della nottata.
Che senso ha?

Non sono obbligata a portarmi qualcuno a casa per chiudere la serata in bellezza.

Non è mica una competizione.

Ho deciso che le situazioni che non mi travolgono, che sento da principio che hanno qualcosa che non va, vanno accantonate a priori.

Darmi una chance per darla agli idioti, sinceramente no, non ne vale proprio la pena.

Raccogliere rimasugli di vita umana, poi, non mi interessa, lascio questo tipo di intrattenimento a chi lo fa per mestiere o per beneficenza.

Io, con certi, manco se me pagano.

Credo che questo si sia capito.

Che poi la circostanza possa generare una sorta risentimento in qualcuno che non è in grado nemmeno di corteggiarmi (sentirsi sussurrare all'orecchio che il vestito che indossi è veramente bello e ci stai davvero bene, come se ci fosse una confidenza consolidata, e invece c'è un'erronea percezione, unilaterale, di una inesistente tensione), non sono problemi miei.

Quello che mi risparmierei è di sentirmi dire, a denti stretti, cose del tipo "ma quanti ne hai rimorchiati stasera? Non ti hanno lasciato un attimo da sola..."

Io chiacchiero con chi mi pare.
Ballo con chi mi pare.

E non debbo dar conto a corteggiatori o pseudo tali che non mi interessano.











venerdì 29 luglio 2016

DELLE ULTIME SERE QUI



Quando si decide di rimanere al paesello e scendere sotto casa per passare una serata "tranquilla", si fanno sempre circa le 3.
O le 4.
È quanto è successo questa settimana.

Stasera raggiungo amici altrove.
Ho i capelli bagnati, sono sul letto a scrivere dal cellulare, la schiena mi fa meno male, la pelle, dorata dal sole, profuma di bagnoschiuma e salsedine.

Oggi sono andata a mare, e c'era tanto vento che non c'era nessuno.
Stesa sulla sabbia soffice, ho contemplato le rocce alle mie spalle e ascoltato curiosa la lettura della lonely, in riferimento ad alcune tappe che faremo in viaggio.

Tra queste circa 3.000 metri da scalare, e una mappa di rifugi nei quali pernottare, disponibile in loco.

Devo ancora equipaggiarmi a dovere.

Le altezze fanno da contraltare alle profondità.

Ho testato la subacquea, ha una definizione notevole.




Tra le cose romantiche accadute questa settimana, una ha riguardato un'amica con una conoscenza comune.

La romanticheria si è arenata immediatamente, non appena lei ha varcato la soglia di casa di lui.

"Non aveva i preservativi... pretendeva di farlo senza. Sono stata categorica e gli ho detto che non se ne parlava"

Avevamo parlato a mare, diverse ore prima, di quanti casi di gonorrea, varianti della sifilide e altre malattie veneree degenerate in forme cancerose avesse riscontrato il padre medico che esercita in un ospedale locale.
Ferme le statistiche nazionali, facilmente reperibili anche sotto forma di articoli marginali su giornali on line, ivi inclusi quelli a tiratura nazionale.

Avere rapporti consenzienti e protetti mi sembra il minimo, con i tempi che corrono.

Una forma di rispetto essenziale per se stessi.

Non lo è, per molti.
Non capisco in che percentuale concorrano ignoranza ed autolesionismo.

Ed è preoccupante, considerato il numero di uomini (praticamente tutti) che ti chiede di farlo senza o è dedito ad una promiscuità quanto meno discutibile.

A parte la questione della protezione, il tipo ha avuto diverse uscite infelici, ha fatto battute sessiste, l'ha messa a disagio.

E lei gliel'ha detto.

L'ha messa alla porta dicendole che se in compagnia di un uomo non apriva le gambe e faceva tutte queste storie, aveva chiaramente un problema.

In questi termini beceri in cui ne sto scrivendo.

Lui ha un'estrazione medio borghese, o circa quasi.
Istruito, lavora, un bel ragazzo che ha superato i trenta e quasi ogni sera esce nel solito locale del paesello, dove con la combriccola di amici della sua etá e amichette ventenni che lo idolatrano, finisce la serata a fumare a giro qualche cannetta.

"Vuoi bere qualcosa?", le ha chiesto nel locale, prima di portarsela a casa, e lei gli ha risposto di sì.
È tornato da lei con una birretta in mano "tieni, fatti un sorso".
Un Lord.

In bagno a casa di lui, dove lei si era rifugiata un secondo, ha trovato una boccetta di tinta per capelli.
I suoi.
"Ecco perchè aveva quel colore cosí vivo e uniforme", mi ha raccontato perplessa.

I pezzettini del puzzle, ricomposti, delineano l'immagine di una generazione, la nostra, quella che ha colonizzato il paesello con le sue malsane abitudini, che preferisce passare il tempo con le ventenni, facendo finta di avere ancora vent'anni.

Solo che il tempo passa, e la tintura per i capelli - dovrebbero scriverlo sulle confezioni - non lo ferma.



















MATITA NERA E CHITARRA E VOCE


Avevo chiesto una matita waterproof, nel negozio dove sono passata di sfuggita, nel centro commerciale.
Ho gli occhi liquidi, anche se non piango mai.
Sono fatta d'acqua, il trucco lo disintegro.

La matita che ho comprato, su suggerimento della sapiente commessa, effettivamente resiste.
Resiste pure all'acqua micellare, la sera, quando pulisco il viso dalla polvere del giorno e dalle intemperie del mondo.
Resiste addirittura all'acqua di mare.

Volevo una matita, mi ritrovo il contorno degli occhi tatuato di nero.

E sicuramente me la porto in viaggio.

Come porteró la chitarrella da strimpellare, e la voce.



Io non lo so che testa ho, ultimamente.

Non me ne frega un accidenti di niente.

Di nessuno.

Sono in stand-by, come un disco bello cui si impone una pausa, pronto a ripartire, ma lontano dalla volontá che pigia il tasto per far continuare la musica.

In questa sospensione acustica stempero la voce in tonalità e sfumature che mi giungono tristi, alle orecchie.

Strazianti e inascoltabili.

Le odio.

Anche se mi appartengono.

E come ci si possa odiare nello sforzo di volersi bene, questo resta imperscrutabile, ai miei occhi tatuati di nero carbone.

Come possa sopravvivere ai miei contrasti sempre piú accesi, pure.

Sono diventata intransigente, lo sono sempre stata, l'ho alternata periodicamente ad una accondiscendenza misurata o senza limiti.

L'atrocitá dei paradossi è proprio questa, e non ammette deroghe.

Non mi accadono piú le cose semplici.


E mi mancano le cose semplici.

Quelle immediate, senza difficoltá nè sotterfugi.

Quelle belle sul momento, e in quello successivo, senza doppie o triple letture.


Mi mancano le cose belle.


mercoledì 27 luglio 2016

QUANDO STUDIO



Mi è capitato un lavoro che ha a che fare con una questione che ho affrontato in un elaborato che ho svolto al termine di un Master.

Un argomento che peraltro scelsi con trasporto, perchè mi aveva completamente coinvolta e avvinta la materia, interessantissima.

Ho ritrovato i quadernoni dove prendevo appunti, alle lezioni.
Pagine fitte di parole scritte a penna.
Sono di quelle che non ha mai registrato, sbobinato, chiesto appunti al prossimo.
Io non schematizzo mai, salvo che per i brainstorming.
E più che schemi, traccio disegni.
Io scrivo a fiume.
E appunto pure le mie impressioni a margine.

Ho ritrovato degli spunti interessanti, e recuperato le linee guida della questione.

Mi è ritornato alla mente tutto lo studio che ho fatto.

E poi ho indagato su una chiave di volta che sorregga la struttura del mio ragionamento, trovando conferma sulla plausibilità della soluzione che mi sono prospettata.



Ho passato gran parte della mia vita a studiare.
E se devo alla costanza ed all'intensità dello studio il funzionamento (o malfunzionamento, a seconda dei punti di vista) attuale del mio cervello, davvero non saprei.
Sicuramente mi ha aiutato a tenerlo allenato.

E poi, qui lo dico e qui nego: a me, studiare quello che mi piace, fa perdere la cognizione del tempo, mi assorbe completamente.
Anche se non sono il classico topo da biblioteca.
Mi piace studiare, mi piace esplorare la teoria, ma mi piace tanto anche vivere, mettere in pratica.

Non sempre si impone una scelta che escluda l'altra, anche tra scelte antitetiche.
E dunque la massima latina secondo la quale electa una via, non datur recursus ad alteram non è sempre veritiera.
Al contrario.
E dunque contraddice intrinsecamente il suo essere una formula applicabile in linea di massima agli eventi.

Io sono per l'elezione di molteplici vie.
E per percorrerne quante più è possibile.


EPPUR SI MUOVE, IL LAVORO



Che talvolta sembra piatto e immobile come la terra, nella concezione mentale che copre fin dove la vista arriva.

E invece è rotondo e ruota sul proprio asse, e la forza che genera non ripiega solo su se stessa, ma si propaga all'esterno, in cerchi concentrici.

Come se l'atmosfera fosse fatta d'acqua.

Cresco, in questo mondo che ruota e resta lo stesso.

Ruoto a mia volta su me stessa, e propago la mia forza.

Ho timore, ma sempre sono curiosa.

Ho l'ansia, ma non voglio che mi immobilizzi.

La paura non smorza il coraggio, e la tenacia lo sorregge.


Ho preso un nuovo cliente, inaspettatamente, oggi, a tre giorni dalle ferie.

Una roba interessantissima, e non l'avrei mai detto.

Tre giorni non sono nulla, ed io devo ancora chiudere un bel po' di cose, e preparare le borse.

Ho tre giorni per impacchettare mille timori e spedirli all'indirizzo del mai piú.










DI UOMINI CHE SCAPPANO E DI QUELLI CHE RESTANO



Ho conosciuto un tipo ieri sera, che suona stasera, in un locale che frequento.
Carino, bella voce, attraente.
Strafatto.

L'aggettivo è ricorso anche in una frase che ha pronunciato, riguardo una sera che era non so dove, che non ricorda cosa o come, perchè era "strafatto".

Finchè sei ragazzino, strafatto ci sta.
Dopo, ci puó stare come episodio che capita, e nemmeno con la cadenza dell'occasionalmente.
Fermi questi due limiti temporali, per me strafarsi è sinonimo di un atteggiamento autodistruttivo e infantile.
E quindi la portata antierotica di chi assume di essere strafatto, o di esserlo di frequente, su di me è dirompente.

Sono stata a chiacchierarci un po', stanotte, con i piedi in acqua e i risvolti dei pantaloni bagnati dal mare.

Ho pensato che in fondo potevo concedermi qualcosa di insignificante, nell'eventualità, solo per il gusto di passare il tempo.

L'incontro successivo al mare si è arenato per un piccolo equivoco.

Questo mi ha consentito di guadagnare tempo per scambiare una chiacchiera in separata sede con un'amica.

Mi ha detto che il tipo, dopo avere messa incinta una sua amica, l'ha mollata prima che partorisse.

Questa circostanza ha spento del tutto qualsiasi tipo di curiosità nei suoi confronti.


Del resto, gli uomini che di fronte alle responsabilità (leggi "compagna incinta" e "figli") non scappano ce ne sono pure.

Magari peró, pretendono di fuggire dalla loro galera con te, solo temporaneamente e di nascosto, e tu gli lasci talmente un ottimo ricordo che decidono di chiamare la nascitura con il tuo nome.

Nessuno, nemmeno il piú integerrimo ed insospettabile che ho incontrato, non ha mai sgarrato almeno un paio di volte.

E quindi mi chiedo se tra le due soluzioni, quella di scappare o quella di restare a denti stretti, come un animale in gabbia, non sia preferibile scegliere consapevolmente la propria compagna.

Se sia del tutto fantastico immaginare di stare con qualcuno che non sia spinto solo da egoismo, opportunismo, solitudine, o retaggi di vario genere, a stare con te, ma dal sentimento.

Perchè puoi restare, o andartene, ma se non te ne frega nulla, non fa differenza.

Il sentimento, con la responsabilità, non ha nulla a che vedere.

E pretendere di tenere in piedi un sentimento attraverso la responsabilità, è da folli.









martedì 26 luglio 2016

ANTIDOLORIFICO E POMATA



Grazie all'azione congiunta dei due alleati del titolo, forse per stasera starò meglio.
Nel frattempo comunico telefonicamente e via mail, intreccio conversazioni ed ipotesi.
Lavoro.
La settimana sta volando, e ho mille impegni, alcuni dei quali non si sa quanto reali.
Galleggia una certa alea, nell'aria.
Ho dolore, ma è solo fisico, e cancella tutto il resto, alleggerisce i pensieri, rasenta la catarsi.

Mi sbatte in faccia che l'istinto di sopravvivenza ha poco a che vedere con i sentimenti e la riflessione, molto con l'azione nuda e cruda, quella che non accetta preordinazione.
L'obiettivo supremo della settimana è anestetizzarmi.

E l'anestetico migliore me lo forniscono il lavoro e la spalla.

lunedì 25 luglio 2016

DUBBI, CORRETTIVI, MIRACOLI E COMPENSI




Dieci giorni dieci con il fiato sospeso.

Aggrappata ad una speranza che il trascorrere silenzioso di ogni giorno ha marcatamente affievolito.

Stamattina l'ultima telefonata del cliente, che ho scoraggiato, incredula, sull'esito di questa vicenda, che era sotto controllo, che mi sono giocata con tutta l'astuzia e l'intelligenza e l'esperienza maturate, ma che sembrava essere stata vanificata da non si sa quale subdola sopravvenienza.

Nel pomeriggio il contatto insperato, propositivo.

L'ho immediatamente richiamato, per definire gli ultimi correttivi, le ultime decisioni salienti per impostare la nostra mossa, l'ultima.

Attendo una risposta che ha il sapore di un miracolo, perchè significherebbe che accoglie una proposta con i controcoglioni, quella che ho formulato.

Ho il cuore in gola per l'emozione, che spero di non gettar via assieme ad una disfatta.

Se porto a termine vittoriosamente questa faccenda, posso aspirare ad un ottimo compenso.

Finora, in ogni caso, è stata una vittoria incredibile, e verrò comunque pagata.

Mi sento soddisfatta.

Mi sento sopraffatta.

Mi sento forte.

Mi viene da piangere.

Mi fa tanto male la spalla.

Vado a prendere un antidolorifico.

E poi scendo a mare a fare una passeggiata, per stemperare questa adrenalina che mi fa brillare gli occhi, e mi tiene viva, nel corpo e nella mente.

E' solo lavoro, ma è un pezzo di vita.

E' per questo che ho studiato tanto.

E' per questo che ho fatto sacrifici da matti.

Esattamente per questo.






E SINCERAMENTE NON MI VA DI PARLARNE



La gente vuole essere inopportuna e indiscreta.
Non è possibile che non lo faccia di proposito a fare domande del cazzo per dare noia al prossimo.
O infastidirlo.

La gente non sa essere che inopportuna e indiscreta.
"Se non sono indiscreto, posso chiederti...?"
La gente lo sa eccome.

Ma se ne fotte.

E allora "Si. Sei indiscreto. E sinceramente non mi va di parlarne.
"Ah, scusa allora..."
"Tranquillo. Non è successo nulla", sei solo l'ennesimo numero in un mare mortificante di numeri zero, contenitori vuoti che cercano materia liquida che li riempia, che riempia ogni fessura, ogni crepa, che gli dia un senso di sazietà nel digiuno patologico di idee e sentimenti che osservano religiosamente.

L'acqua ha un potere notevole, quando si tratta di riempire.
L'acqua ti inonda, se vuole.
Non ha la stessa portata quanto al sanare.
Ti riempie, ti sazia, ma poi scorre via.
Non ti cura.
E' la sua natura, quando ti attraversa.
E tu rimani con il vuoto che l'acqua ha riempito.
Un contenitore bagnato, che si asciugherà presto, e tornerà a splendere dell'arido e sterile vuoto di cui è pieno.








UN ALBERO IN SALOTTO



Mi hanno regalato una pianta esotica che è un albero.

"Da solo non ce la faccio! Quale spalla ti fa male?"

Morale della favola, mi sono caricata dapprima con l'altra mano il vaso fin sopra casa, e  poi, naturalmente ho usato anche l'altra.

La mia spalla destra è completamente fuori uso, però ho un albero in salotto.

"Ti invaderá la stanza se non la poti!"

Non vedo l'ora che diventi una giungla.

LE SPALLE FUORI USO


Il mal di schiena mi ha piegata.
Probabilmente un accumulo di tensione che non sono riuscita a sciogliere e si è assestato lí, sulle spalle, dove si poggiano tutti i pesi.

Sto leggendo un libro (un altro, chè mi ha conquistata il primo che ho letto) di Dale Carnagie, ed è spedito e semplice, nella lettura, quanto interessante.

Quello che non riesco a smettere di domandarmi è a cosa serva la solitudine indotta dal maturare in un contesto di infantilismo a profusione.
A cosa serva il rispetto, in un mondo fatto di prevaricazioni.

Se prima la risposta dell'emancipazione personale e del proprio contributo da dare al mondo mi sembravano sufficienti, ad oggi non so quasi se prediligere la mera ipotesi della sopravvivenza.

Che è in fondo l'unica cosa che conta.

Se solo riuscissi ad accettare le implicazioni della sopravvivenza stretta, se solo riuscissi a spiegarmi, come mi lascio piegare dal male fisico.

Cos'è poi, la sopravvivenza, se non il limite fisico dell'esistenza, di cui prendere atto.


"Passa a casa, ho il voltaren", mi dice mia madre.
Vorrei avesse una pomata pure per la restante parte, quella che con il dolore fisico non ha nulla a che fare.
Pomate per la tristezza non ne fanno, eh?
Ecco perchè molti restano sospesi nel mondo artificiale creato da psicofarmaci e droghe.
E, a parte la mia propensione pari a zero a diventare succube di un vizio, ho questa malsana testardaggine che mi impone di sopportare il dolore - fisico o emotivo - senza palliativi.
Anche se mi stanca.
Sto un po' male e non riesco a stare meglio.

Ho bisogno di una nuotata.

domenica 24 luglio 2016

DI QUESTO LIBRO CHE NON VOGLIO FINIRE



E' stato davvero un bel viaggio, leggere questo incantevole libro.
L'ho quasi terminato, oramai.
Ne ho dilazionato la lettura, spalmandola nel tempo di un anno, ma sono giunta all'inevitabile fine.
E non sopporto molto l'idea.

Buona parte di ciò che ho letto appartiene ad un altro mondo, ad un altro tempo.
Così come l'altro mondo e l'altro tempo nel quale ho vissuto, prima d'oggi.
E non lo dimentico, fa parte di me.
E' sempre qui, dove nessuno lo vede, e nessuno lo immagina.

E' questa la distanza che mi separa da questo luogo in cui vivo.

Il mal di vivere, per quanto bello sia il vivere, è sempre dietro l'angolo, e non ne sottovaluto l'influenza ignobile sui giorni inermi.

Gli inganni della mente sono sempre atroci, ma in parte si sono dissolti, tutto sommato, e non sembra ne siano subentrati altri, al momento.

Presagisco un addio.
O peggio.
Una continuazione stagnante.
E quasi non vorrei saperlo.
Non posso sottrarmi, in ogni caso.
Al saperlo, intendo.
Non all'addio nè alla stagnazione: il margine delle mie decisioni è ampio, in questo senso.
Fermo ciò che mi riserva il sacro fato.
Nel quale non credo e non confido, ma al quale mi affido quando si svela nella sua immensa portata.

Credo di essere sola come mai, nel mezzo di questo coacervo di connessioni che stabilisco e mantengo.

And after all, mi chiedo se non sia l'unica dimensione plausibile, per me.



L'ANTIPATIA CHE DEGENERA IN MALEDUCAZIONE


Gli sto antipatica, questo l'ho capito da tempo.
Ci incrociamo, ogni tanto, per via di amici in comune.
Ogni cosa che dico, interviene sprezzante e spocchioso.
Se gli chiedo qualcosa, mi risponde sempre estremamente sostenuto.

Eppure, a rigor di logica, a meno di non aver toccato qualche tasto dolente senza volerlo, non riesco a capire cosa gli ho fatto.
E se non gli ho fatto nulla, evidentemente gli faccio proprio antipatia.
Non si può piacere a tutti.

E non pretendo di piacere a tutti, ma l'antipatia che degenera in maleducazione non la tollero.
E quindi, dopo tutta la cortesia che ho opposto inutilmente a questi atteggiamenti antipatici, alla degenerazione in maleducazione ho risposto a tono e l'ho messo a tacere.

Quando è troppo è davvero troppo.
Ogni tanto ricordarsi di tenere la lingua spenta, come il proprio cervello, nella bocca, fa bene.
E se è necessario un aiuto, in questo senso, chi sono io per negarlo!


A fine serata l'ho anche stracciato a bigliardino.
Così, giusto per mettere punto sulla questione che, se abbiamo raggiunto la parità, chi non sta al passo sei tu.
E chissà, se di questo passo, la raggiungerai mai.



sabato 23 luglio 2016

ROSSO RADIOATTIVO


Lui, gli occhi blu, lo sguardo fisso verso un luogo invisibile della sala, scende le scale del locale.
Lei, giovanissima e fatale, sembra aggrappata al suo braccio.

Lui è in realtà strafatto, o ubriaco fradicio, o entrambe le cose.
Il braccio di lei lo sorregge sino alla sedia, dove precipita il corpo, abbandonando le braccia sul tavolo, e, di lì a poco, anche la testa.

Lei saluta, a turno, gli amici che sopraggiungono, con la loro allegria alcolica.
Lui resta assente, nel suo mondo, accennando saluti senza individuare esattamente i destinatari.
Non partecipa alle conversazioni, troppo distanti dall'ascolto interiore nel quale sembra assorto.

Lei si alza e attraversa la sala ancheggiando nel vestito di cotone colorato, lungo fino a terra, fino a raggiungere il bancone.
Torna, con alcol travestito da bibita fresca, con la cannuccia nera dentro, e lo porge a lui.
Lui non sembra reagire, non sembra capire, non sembra volere.
Lei gli accarezza la testa, i capelli bagnati, la fronte imperlata di sudore, e gli infila, sorridendo, il cocktail nella mano sinistra.
Lui allora butta giù la fresca bevanda alcolica, e ritorna nell'assenza, schivando sguardi e conversazioni, alternando il riposo per la testa tra il muro ed il tavolino.

Lei sorride, come nulla fosse.
Lui è quasi al limite del collasso e non riesce a riprendersi.
Lei non vuole rendersene conto, o forse non capisce, o forse vuole semplicemente restare, e continua a chiacchierare con gli amici al tavolino.
Lui diventa, all'improvviso, una presenza invisibile.

Li incontro sempre, in un locale che frequento, quello dal quale loro non si spostano quasi mai.
Lui è un bel tipo, completamente fuori di testa, e seriamente alcolizzato.
Lei è talmente giovane e sprovveduta da amarlo ad occhi chiusi, incentivando la sua propensione all'autodistruzione.
Lui la tradisce, non più spesso come prima, ma sempre volentieri.
Lei, chi lo sa se sospetta qualcosa, o se semplicemente lo accetta, come fanno un po' in molti.



Io ho ascoltato la musica dal vivo, nel locale, e bevuto la mia rossa, tamburellando le unghie laccate di rosso radioattivo sul tavolino di fronte i due, osservandoli con la coda dell'occhio.

Ho salutato lei, che mi ha risposto con la mano e con un sorriso.
Lui non era lì, altrimenti gli avrei detto almeno "ciao".




venerdì 22 luglio 2016

DI VISITE DA UN ALTRO MONDO



Non ho capito perchè ha insistito per vederci, se viene con la fidanzata, con un amico, più amici.
Passare dalle mie parti non lo obbliga a fermarsi, o a incontrarmi.
Avevamo equivocato sulle date, io credevo fosse già passata, lui ha sbagliato a scrivere e non se ne è reso conto.
Non mi sono sottratta, gli ho risposto di farsi sentire quando è qui, che magari ci prendiamo una cosa da bere.
Con chiunque stia, mi fa piacere rivederlo, ma non ci ho messo il pensiero.
Mi fa piacere prendere una boccata d'ossigeno, parlare della bellezza del mondo, senza ostinatamente soffermarsi sulle sue brutture.
Mi viene più facile incontrarmi in giro per il mondo con i girovaghi come me, che con la gente che risiede al paesello, sempre troppo impegnata a fare cosa non si sa.



C'è la solita festa estiva, organizzata da dei tali, qui al paesello, poco prima che parto.
"Tu vieni? Bisogna prendere i biglietti!"
Non mi andava di vedere la solita gente, ho detto che ci avrei pensato.
Quando mi hanno detto il numero dei partecipanti ho cambiato idea.
Non vedrò solo la solita gente.
Alla peggio vado via.
C'è un dress code.
Pare che però ognuno fa un po' come cazzo gli pare.
Tanto a fine serata parecchia gente si sarà denudata con la scusa dell'alcol, del caldo e dell'euforia.
"Io vengo in costume da bagno!", ha detto una.
Ma non c'è piscina... a meno che non ne portiamo una gonfiabile e attrezziamo una festa nella festa sul prato.
Stasera lo propongo agli altri.
Conoscendoli mi diranno "c.f.a., ma non possiamo, è una festa privata, e tanto ci divertiamo uguale" e tanti bla bla bla che a confronto della piscinetta gonfiabile non valgono nulla.






IL CONCERTO CON CUI NON HO CON CHI ANDARE



In mezzo a tanti amici, non c'è nessuno che possa/voglia venire al Concerto - proprio questo - con me.
Non musica a caso, non un'artista qualunque.

E di farmi il viaggio da sola e il concerto da sola davvero non ho voglia.

Mi rode il culo che sono sempre accomodante con tutti, per tutto, e non trovo mai - mai - compagnia, salvo rari casi, per i concerti che vorrei andarmi a vedere.

Sembra una maledizione.

Che poi quando parli di Robert Plant qualcuno dice pure "chi?".

Naturalmente, la colpa è la mia, che ho gusti insoliti (per i target del paesello) e propongo spostamenti faticosi (fino a Napoli guido io, a/r la mia macchina, senza problemi).

L'ideale, sempre, è rimanere in zona a far marcire le radici.

Guai a dire che è pericoloso essere cosí abitudinari.

La pericolosità intrinseca viene esclusa a priori e nemmeno contestata, perchè non viene ritenuta abitudinaria la persona che decide coscientemente di non fare un passo un po' piú in lá, pur di rimanere inchiodata alle proprie abitudini.

Il discorso economico (ma la macchina, il pieno, il costo della serata) è una scusa banale, considerato che le spese di viaggio me le accollo senza problemi mettendo a disposizione la mia auto con il pieno.

È proprio l'abitudine e l'indolenza, a parte i gusti differenti, a costituire un ostacolo insormontabile.

Perchè fare qualcosa di diverso ed emozionante, quando posso lamentarmi tutto il tempo del fatto che non ci sia nulla da fare?

Per non spostarmi due passi piú in lá?

Perchè ho paura di muovermi?

Per stupido campanilismo?


Intravvedono piú vivacitá fisica ed intellettuale negli zombies di The Walking Dead.

Pure quelli, invece di marcire in un posto, se la rischiano a spostarsi, in cerca di carne fresca.

Mi rendo conto, tuttavia, che la carne fresca, ormai, interessa solo agli zombies dei film.




giovedì 21 luglio 2016

COME PARLARE A ME STESSA



L'ho chiamato senza troppe cerimonie.
Senza pensarci.
Lo dovevo informare di una cosa, discutere di altre.

Ad un certo punto ho sentito solo l'eco della mia voce nel telefono vuoto.
O nel vuoto travestito da ascolto.
Mi è parso che l'unico ascolto al fluire dei miei ragionamenti lo stessi opponendo con le mie orecchie ed il mio cervello.
Avrei voluto romperlo, e contraddirmi, come da avvocato del diavolo so ben fare, solo per spezzare l'incanto della consequenzialità.
Della logica spudorata.

Ho sentito flebilmente emergere una voce, su un profilo problematico che avevo giá sviluppato e risolto, e sono rientrata in me.

Sono al telefono con lui.
Perchè diamine l'ho chiamato?
Perchè mi ci sto intrattenendo a parlare di lavoro, ancora, maledizione?

Perchè la sua logica è simile alla mia, e lo sento familiare nel ragionamento.
Mi conforta, il suo ragionamento.
Mi fa sentire a casa.

A tal punto si confonde la vita con la vocazione di una vita.

Una delle vocazioni, quella lavorativa.

Per le altre, non trovo corrispondenza, se non nell'osservazione o nell'ascolto distante di ció che avverto come familiare, ma non conosco direttamente.

Lui lo conosco, lo tocco, lo raggiungo, non meno di quanto faccia lui
 con me.
Anche solo con la voce.

Le parole sono pericolose anche quando non dicono nulla.

Celano sempre letture molteplici, che sfuggono al controllo che mi impongo di esercitare sui miei gesti.

Invano, è il caso di dirlo.

Certi buoni propositi durano nanosecondi, forse, se ci arrivano.


mercoledì 20 luglio 2016

MANCO AGLI IMPEGNI E VOGLIO SCAPPARE VIA


Vengo meno ad una parte di me, nel senso che manco deliberatamente agli impegni con quel che ho da fare e posso posticipare all'ultimo giorno utile.
Mi sto trascinando menefreghisticamente.
E anche con un po' di rabbia.

E' l'ambiente circostante, che preme su quello interno, che spinge a sua volta energia verso l'esterno.
E la disperde.
Perchè la sento, in tutta la sua orribile e forse necessaria dispersione.
Anche se non ne capisco il senso, se non agganciandolo all'alternanza degli eventi e degli stati d'animo, che non posso cancellare, perchè fanno parte della natura umana.

Di nuovo un'ansia acuta, come non mi faceva visita da un po'.
Sostenuta dalla detta rabbia.



"Tesoro, non vedo l'ora che partiamo"

Io sono l'addetta alla fotografia, ed alla predisposizione di itinerari onirici stesi su percorsi tracciati in spazi temporali e geografici definiti.
Studio strade e piste bianche, dove spero di perdermi, in un'alternanza fitta tra movida e natura incontaminata.

"Ho preso due guide", perchè una no, non è sufficiente: le informazioni di massima le ottieni incrociando tutti gli elementi a disposizione, sino a ricostruirle come si deve.

Ho bisogno di allontanarmi, di rimettermi in moto, di accendermi.

E non pigiando un interruttore.

Non sono un giocattolo.

Non voglio essere un giocattolo.

Non ho interruttori, non alla portata degli altri.

E pure mi sento un orsacchiotto di pezza cui si sono scuciti gli occhi, che sbrilluccicano pensierosi dal filo cui restano tenacemente appesi.

Più che un interruttore, mi servono ago e filo, per ricucirmi a dovere.

E ho bisogno di ricucirmi lontano da qui.









QUELLI CHE CAPISCONO TUTTO MENTRE TU NO



Mi hanno invitata ad andare ad un incontro per la presentazione di prodotti biologici, corsi di yoga e discipline similari, vendita di lavoretti fatti artigianalmente, in una cornice splendida, ma alquanto artificiale e sofisticata.

Le volte che mi è capitato, in passato, di frequentare eventi simili, altrove, c'era musica, un ambiente vagamente hippie dove si faceva amicizia facilmente, una partecipazione emotiva considerevole, e non di mera facciata, aperta a tutti.

Al paesello queste cose arrivano con largo ritardo sul resto del mondo, e costituiscono l'ennesimo pretesto per organizzare qualcosa di vagamente elitario e selezionato, per darsi un tono.
Si socializza difficilmente, e generalmente solo se ti introduce un'amicizia in comune.

Ad un certo punto, uno degli amici con cui sono andata, è stato attirato dietro una tenda per valutare quanto il suo corpo fosse bloccato per ragioni di stress.
Mi sono chiesta quali competenze mediche e spirituali avesse la persona che ha espresso il verdetto finale sullo stato fisico delle psicosomatizzazioni di certe emozioni.
Credo di essere stata l'unica.

Cosí come sono rimasta perplessa rispetto alla visione di una conferenza, visibilmente tagliata e montata a spezzoni, di un esperto di cui non ho mai sentito parlare, che avrebbe dovuto corroborare la validità della novella scienza esercitata dietro la tenda, che attinge al sapere cosmico intrecciato alle discipline orientali, trasfuso nelle menti di pochi prescelti, autoinvestitisi della missione di spiegare al resto del mondo come fare per vivere meglio.

Il mio scetticismo è tangibile, e non è diretto contro la sostanza di certe discipline, ma verso chi se ne fa sostenitore o portavoce, senza avere spesso idea di ció che professa.

Quello che mi sorprende maggiormente, è quanto certe persone sia cosí credulone o ignoranti, da farsi indottrinare cosí facilmente dal primo ciarlatano su piazza.
E la facilità con cui invece contrastano e mettono in dubbio il parere di esperti, in qualsiasi settore, per partito preso.

Forse abbandonarsi alle cialtronerie di questo genere, costituisce un'alternativa nel ricavare un rifugio che la religione non riesce piú ad offrire.
La ritengo una tendenza pericolosa, in ogni caso.

Peraltro, chi dei miei amici si è appassionato a questa "moda", si fa maestro con me sui prodotti di origine naturale da usare per il corpo in generale, e sulle attività per mantenerlo giovane.

Ora, sará anche grazie al pacchetto di geni che mi ritrovo, senza dubbio, ma se sembro dieci anni piú giovane (e quindi piú giovane di amici coetanei o meno), è perché mangio bene e conduco uno stile di vita sano.

Se peró chi ha piú complessi,  rughe e piú culo di quanti ne ho io ritiene di potermi istruire su come mantenermi giovane, nel corpo e nella mente, casca male.

Un po' come l'amica piú giovane di me, e con un viso solcato da diverse rughe, anche lei esperta di prodotti naturali, che pretendeva di istruirmi sulla quantità di crema da mettere sul mio viso, al mattino.

È il mio viso, conosco la mia pelle, e so quanta crema mi richiede.

E sembriamo coetanee.

Sei tu che devi domandarsi se maltratti la tua pelle con le lampade o con il sole, e con cibo spazzatura, e se metti la crema giusta e nella giusta quantità.

Non io.


martedì 19 luglio 2016

NON CHIEDERMI SE E' TUTTO OK



Usando la scusa del lavoro.

Creando ad arte pretersti per vederci.

Non chiedermi cosa ho fatto, nel tempo che non ci siamo sentiti.

Non chiedermi e basta.

E non spiegarmi per filo e per segno quello che hai fatto tu.

Non mi interessa.

Non chiedermi, di nuovo, se è tutto ok, perché mi senti distaccata.

Perchè non ho bisogno di togliere la parola per chiudere i rapporti con qualcuno.



E quando mi chiederai di vederci, tra una manciata di giorni, la risposta sarà no.

Avrò già altri impegni.


DI CATTIVO UMORE



Credo si legga.
Non riesco a trattenere il flusso dei pensieri, arriva sin qui, inonda la pagina.
Ieri sera ho visto un amico che mi ha detto una cosa.
Nulla che non mi aspettassi, ma mi è salita un po' di rabbia.

All'alba di un nuovo viaggio, la centesima tabula rasa.

Nulla che meriti di pesare sulla mia giornata.

Nulla che debba rattristarmi.

Eppure lo fa.
Mi pesa e mi rattrista.

Rifletto sui miei atteggiamenti, sul mio carattere.
Non riesco a trovare collegamenti con quel che mi accade, se non nel fatto che non mi tiro indietro, e mi metto alla prova.
Sempre.
E sempre non serve a nulla.
Incontro orde di arroganti cialtroni.
È desolante in un modo che davvero faccio fatica a descrivere.
E si.
Inquina il mio umore, tutto questo.
Mi schiaccia un peso addosso che è un macigno.

E allora rifletto sull'utilità della tabula rasa.
Significa ragionare in termini che non hanno nulla a che vedere con i sentimenti nè con la dignità.
L'utilità.
Applicata ai rapporti umani.
A me vengono i conati.

È utile fare questa tabula rasa?

Questo l'interrogativo che non ho ancora definito in modo netto.

GLI AMICI SONO SPESSO QUELLI CHE...



... Chi te lo fa fare di frequentare Tizio, Caio o Sempronio, mollali subito!, per ogni sciocchezza o equivoco, mentre loro frequentano amabilmente:
- l'appena maggiorenne;
- quello/a con frequentazioni poco raccomandabili;
- la donna matura con trascorsi particolari;
- quello che non vuole impegnarsi, ma vuole stare con te;
- quello/a che le/li tratta da sguattera/i.
- i parassiti che cercano una fonte di sostentamento, non l'amore.
Per carità, de gustibus...
Peró due pesi e due misure sempre, mamma mia.
Un po' di onestá, soprattutto con se stessi, mai.


Ho sentito un'amica, ieri, che conosco da sempre.
Una donna fuori dal comune, soprattutto per il livello culturale altissimo che la connota.
E molto carina, con un'intelligenza vivace, piena di interessi.
Mi ha detto di essere stata invitata al matrimonio di un'amica, l'ennesima, con uno straniero (l'ennesima...), e di non essere riuscita a trattenere le lacrime.
Mi ha confidato di avere sentito un vuoto terribile dentro, accentuato dalle ultime due conoscenze maschili fatte.
Uomini che reiterano noiosamente lo stesso copione universale, tanto in voga negli ultimi anni: "non voglio impegni, voglio solo scopare".
Gli stessi uomini, piú o meno, che ho incontrato anche io.
Che siano liberi o impegnati, non fa alcuna differenza.
Salvo che quelli impegnati sono decisamente più disponibili a intraprendere relazioni di questo tipo.

Ebbene, mortificata, mi ha detto che quella tristezza che le hanno lasciato addosso le ultime frequentazioni, speculari tra loro, non va via.
Ed io non ho saputo bene che dirle.
Perché è vero, capita anche a me.
Ti si appiccica addosso questa tristezza rivoltante e senza nome.
Perché anche i nomi degli omuncoli che non vogliono "impegni" si confondono tra loro, senza distinguo.
Come si fa a distinguere una massa informe di gente che recita il copione dello stesso personaggio senza personalità?
Nemmeno io li distinguo.
Sono tutti spaventosamente identici.
Non hanno nome, se l'hanno mai avuto, nella coscienza che a loro si rapporta, che avrebbe dovuto registrarli e invece, in modo facile, li cancella nell'immediatezza con cui si accorge della loro esistenza.

Non è un discorso legato, il mio, all'esigenza di applicare una prospettiva ad ogni frequentazione.
Non si tratta di non saper vivere con leggerezza quella che puó essere solo un'avventura.

È che non c'è nulla, dentro, dietro, di lato.
È come avere a che fare con involucri vuoti, oggetti a forma di persona, privi di qualsiasi capacitá di relazionarsi.
Instaurano solo rapporti gelidi, che mettono i brividi.
Perché prima che non avere prospettiva, non trovano luogo nel presente, sono distanti dall'ora e dal qui.
Come se avere a che fare con un'altra persona potesse ridursi ad un gesto meccanico, quello riservato agli oggetti.
E l'impegno che si rifugge è del pari ben distante dal concetto di libertà.
E' più un'assenza vile e asettica, rispetto a se stessi e al mondo circostante.
Una genuflessione al sacro limite che ci si impone, per non mischiarsi con il prossimo nemmeno nell'intimità, per le ragioni più varie.
E suvvia, qualunque trauma o esperienza negativa pregressa non giustifica certe prese di posizione, ma dovrebbe indurre ragionevolmente al loro superamento.
Altrimenti è patologia.
E richiede l'intervento di un medico, non l'elargizione pretesa e dovuta di una profonda comprensione.

Sono belle le avventure, quando ne vale la pena.
Se son significative, se ti lasciano un buon ricordo, se le vivi con trasporto.

Un trasporto che questi cadaveri privi di originalità non hanno.
Del resto, se fossero esperienze allegre o divertenti, non lascerebbero così tanta tristezza.

La cosa buffa è che quelli che dichiarano di non volere impegni, sono poi quelli che ti cercano per perpetrare il non impegno nel tempo.

Eccola la contraddizione in termini.

E cosa te ne fai di chi ti si propone in modo poco originale e divertente, per tenere in piedi un rapporto non impegnativo e nemmeno soddisfacente?

Per allietare per una manciata di minuti con la tua vita l'insignificanza delle loro esistenze?

Non te ne fai nulla.

Assolutamente nulla.



lunedì 18 luglio 2016

LA COMPILATION DI VIAGGIO 2016


Trattandosi di un road trip, mi porto dietro un po' di musica per accompagnare la guida.
E quindi saliranno in macchina quest'anno:
- Jain con COME e MAKEBA
- Sundara Karma con FLAME
- Ben Harper con PINK BALOON
- James Blake con I NEED A FOREST FIRE e RADIO SILENCE
- Black Keys con I GOT MINE
- Aaron Taylor con STILL LIFE

E poi D'Angelo, Ryan Adams, e Chris Cornell e Pearl Jam e Royal Blood e vari altri.

E poi i miei adoratissimi Led con Kashmir.


"PERCHE' SEI CARINA"



Mi chiede l'amicizia un tale che non conosco, su fb.
Non abbiamo amici in comune.
Il ragazzo in foto ha un viso pulito.

L'ho accettato, pur sapendo dove voleva andare a parare, per mettere in discussione l'inevitabilità della mia deduzione.
Immediatamente mi scrive.
Gli chiedo se è solito approcciare persone che non conosce sul web.
E' evasivo.
Gli chiedo per quale ragione ha deciso di scrivermi.
Mi scrive banalmente che ho un bel sorriso.
E "perchè sei carina!".
Replico che è solo una foto.
Mi risponde che una serie di foto sono una conferma.
Replico nuovamente che è solo apparenza.

Quel che penso, di fondo, è che l'apparenza abbia un suo peso, ma che non sia determinante.

Mi chiede di vederci.
Gli dico che non sono solita dare seguito - e nemmeno inizio - a questo genere di approcci.
Non lo lascio con una risposta, resto volutamente evasiva.
Perchè la conversazione è stata leggera, ma non sgradevole, ed è stato cortese, non mi andava di dirgli seccamente no.

Da qui ad incontrarlo, comunque, ce ne vuole.

Queste dinamiche legate a conversazioni di circostanza e selezione per foto mi sembrano mortificanti.

Ecco tutto.










LA PICCOLA IMPRESA CON ESITO POSITIVO




Ce la posso fare, mi sono detta.

E quindi mi sono proposta in prima persona, per un lavoro che non competeva a me fare, qualche mese fa.

Mi hanno chiesto se fossi sicura, che era complicato, che qualcuno prima di me aveva illustrato un quadro complesso e di difficile soluzione.

E' stata una passeggiata.

Non lo scrivo per arroganza, ma perchè è stato davvero così.

E quindi è arrivato l'esito che già conoscevo, perchè mi era stato anticipato, ma per il quale aspettavo il riscontro formale con il cuore in gola.

Positivo.

Ho tentato la piccola impresa - rischiandomela, un pochettino - e ho portato un ottimo risultato a casetta.

Il che, in soldoni, significa che la stima di qualcuno nei miei confronti è cresciuta ulteriormente, e la mia affidabilità è schizzata alle stelle.

E da un punto di vista professionale, sono queste le cose che ripagano di tanti sacrifici, e consentono di crescere, e migliorare, e preparare la strada per cose sempre migliori.


sabato 16 luglio 2016

UOVO BOLLITO versus STALKER COMPULSIVO



Il punto d'incontro, naturalmente, è dove c'ero "casualmente" pure io.
E quindi, invece della solita cortesia e educazione, ho riservato loro un sano distacco.
Defilandomi, ogni volta che mi si accostavano e cercavano di darmi a parlare.

Il metodo migliore per spiccicarsi la gente di dosso, purtroppo, è questo.



Il tempo è incerto, non si sa se piove, o resta nuvolo.
Io ho un appuntamento a mare, tra poco.
Qualcosa di mediamente impegnativo.
Al polso l'elastico per fare la cipolla ai capelli.
Altrimenti rischio di tornare a casa con un nido al posto della criniera, per il vento che prenderò!
Sto riflettendo se andare con il motorino o la macchina.
Ho l'impermeabile, anyway.
Solo che non so se torno stasera o stanotte.
Ho la felpina, anyway.
E le fedeli infradito.

E' estate.

Posso tollerare ampiamente di rientrare a casa in motorino sotto la pioggia.




2TIZI VERAMENTE BRAVI


Condivido questo video, che ad un certo punto diventa un mezzo trip.
Quanto sono  bravi, 'sti due?


giovedì 14 luglio 2016

IL GIOCATTOLO SUBACQUEO



L'ho fatto.
L'ho comprato.
Lo desideravo da che l'ho usato, in prestito, la prima volta, qualche anno fa.
"Poi lo compro..." e "sicuro lo compro" sono stati annientati dai costanti "non ora".

Considerati i percorsi acquatici che ho in mente, mi divertirò un sacco ad usarlo.
E sará splendido!

È una frivolezza, quella che mi sono concessa, ma anche uno strumento per un'attività che continuo a fiancheggiare, senza farne un mestiere, approcciandola in modo sempre piú sfrontatamente personale.



L'appuntamento insensato di oggi è saltato per un imprevisto.
Ed io prima ho detto che non faceva nulla, fingendo distacco e disinteresse, e poi me ne sono uscita con un "sono qui, e niente... mi spiace che non siamo riusciti a vederci".
E nulla, sono una testa di cazzo, perché ho piú o meno acconsentito a vederci domani, non si sa per quanto tempo esattamente, per lavoro, in compagnia di altre persone che non sospettano nulla, in condizioni di precarietà che se penso a come gestirle mi viene in mente solo qualcosa di inappropriato.

"Magari riusciamo a pranzare insieme!"
"Certo"

Stavo proprio pensando al pranzo.





mercoledì 13 luglio 2016

AMNIOS


Perdonate la mascherina.
E pure le bollicine di aria che sgranano e deformano i pixel che definiscono il mio volto.
Aiutano a mantenere l'anonimato.

Nuoto anche a occhi aperti e narici spalancate.
Così affogo meglio.

E dunque eccomi, nell'amniotico liquido blu del mare, sospesa nel rumore dell'acqua che mi spinge verso la superficie.

E lo so che può sembrare singolare, ma questa è la prima foto di me che pubblico su questo blog aperto nel 2011, salvo quella di spalle del profilo.

E ho un po' di esitazione nel pubblicarla, ma in fondo è talmente rappresentativa da non mettermi a nudo più di quanto abbia fatto, sino ad oggi, con le parole.





DI OCCASIONI GRANDI E DI QUELLE PERSE



Stamattina sono venuta al lavoro presto e ho sistemato un paio di cose.
Mi è avanzato tempo per navigare alla ricerca di biglietti per il viaggio, e trovare qualcosa di utile.
E poi mia madre ha portato in ospedale mio nonno che si è sentito poco bene, ma per fortuna non ha nulla, ed io, approfittando del fatto che l'acqua è tornata, ho lavato un po' di pentole, e messo a cucinare dell'orzo per un'insalata.

E poi è suonato il telefono.

Ho pensato fosse la mia amica, con cui dovevamo risentirci per stabilire le date del viaggio.

E invece no.

Invece lui.
Con una voce un po' cupa.
Non ci sentivamo da un po', eravamo in stand by.
Mi ha chiesto se mi disturbava.
Abbiamo parlato di lavoro, chè ha atteso ogni giorno per parlarmene, ma ancora non ha una risposta certa da comunicarmi.
Che ha una nuova ed insperata occasione per passare dalle mie parti, per lavoro.

Gli avevo detto che sarei passata.
Domani.
Gliel'ho confermato.
Ha dato per certo che ci vediamo.
L'avevo dato per certo, già, anche io.

E' inquietante quanto sia colma di presupposti validi l'incertezza.
Quanto la legge dei grandi numeri dovrebbe destinarli alla mancata avverazione, mentre invece si avverano, e mutano in certezze granitiche.






martedì 12 luglio 2016

PICCOLE METAFORE DAL MONDO QUOTIDIANO



Sono rimasta a cena dai miei, stasera.
Mia madre, casalinga e lavoratrice, è anche una gran cuoca.
E ha da sempre la preoccupazione di sfamare ogni membro della famiglia a tutti i costi, come se saltare un pasto, o arrangiarlo, fosse un peccato.
Solo che oggi non c'è acqua.

"Prendimi la bistecchiera, che arrostisco la carne, stasera!"

L'ho fatta ragionare sul fatto che non c'era acqua a sufficienza per lavare la bistecchiera, dopo cena, e che non aveva senso lasciarla sporca, con questo caldo, fino a domani.
Che andavano bene anche delle uova bollite.
Molto meno impegnative.
Facili.

Ha aderito alla mia proposta.

Ecco, io invece, anche se manca l'acqua e fa caldo che si muore, non desisto dal mettere la carne a cuocere.
Non mi accontento delle uova bollite.


La morale della favola, è che con il tempo mia madre è diventata più ragionevole, mentre io...



A tal proposito, volevo specificare che l'uovo bollito continua a scrivermi da ieri, nonostante non abbia dato seguito allo scodinzolio.
Nonostante anche oggi abbia fatto cadere nel nulla una frase buttata lì per esplodere in un pettegolezzo terra terra su un'amica in comune.

Sono io la stronza, poi, se nemmeno apro il messaggio, adesso.

O peggio, faccio la difficile.







SALT



Certi giorni finisco le parole da scrivere.
Compenso con quelle che dedico al lavoro.
Le comunicazioni verbali le ho ridotte quasi all'osso.
Comunico lo stretto necessario.
A volte nemmeno quello.

Mi annoia subito tutto.
Tutti.
Rintraccio dinamiche reiterate all'infinito in ogni atteggiamento che mi si propone.
Tutto mi appare abbastanza scontato e retorico.
Anche il lato forzatamente alternativo delle cose e delle persone.
Come se l'autenticità fedele a se stessa fosse un difetto da scansare.
E il suo senso si fosse perso nelle trame della falsità.


Un po' è il caldo, lo ammetto.
Un po' è la gente.

Negli ultimi mesi sono successe tante cose e niente.
Mi sono tuffata in percorsi nuovi e diversi.
Me la sono rischiata sotto tutti i punti di vista.
Tutti.

Dovrei soffermarmi sul lato positivo delle cose, ma ho questa vena di tenebra che offusca la mia vista verso l'interno.


lunedì 11 luglio 2016

UN TALE ENTUSIASTA DEL SUO LAVORO



Ci siamo conosciuti ad una cena tra amici.
Ha una quarantina di anni, circa, non ha una ruga, nemmeno quelle di espressione.
Se non si è spianato il viso (almeno non sembra), ha un'ottimo pacchetto di geni.
Abbiamo cominciato a chiacchierare di quel che fa, e gli ho chiesto, curiosa, alcuni dettagli.
Ha quindi scoperto con non poca sorpresa che a livello hobbistico mi interesso di quel che fa per lavoro.
Mi ha parlato di chimica e tecnologia.
Io mi fermo alla chimica reperibile in qualsiasi negozio, senza badare troppo alla composizione.

E dunque, mi ha chiesto l'amicizia su fb.

E dopo avermi ringraziato perché l'ho aggiunto, mi ha inviato un adesivo.
Di un cane che salta e scodinzola.
Che fa le feste, insomma.
Io, che sono gattofila, oltre che insofferente a queste cazzate, ho storto il muso.

Penso che i rapporti ora si possano tranquillamente interrompere.
Del resto non ero molto intenzionata, giá prima dello scodinzolio virtuale, ad approfondirli.


sabato 9 luglio 2016

FIORI E COZZE



Al rientro da mare, quale cena migliore che fiori di zucca in pastella e cozze di scoglio lasciate ad aprirsi nel calore della pentola?

Oggi il piccolo lusso che mi sono concessa è stato quello di trascorrere del tempo con la mia famiglia senza litigarci, facendo quello che è tradizione fare quando arriva l'estate, con tutti i suoi piccoli rituali.

Stasera manca solo il taglio del cocomero.

DI LETTINI E UMIDITÀ



Ho ascoltato un po' di musica in spiaggia, stasera.

Non mi spiego perché lí sia fresco e umido e la mia stanza, a casa, un forno.

Eppure il balcone l'ho lasciato spalancato.

Ho rimediato dai miei un bruciatore a pasticche (a quest'ora non mi viene il nome tecnico) per le zanzare.

Spero stanotte mi diano tregua.

Ho definito su maps l'itinerario di massima, con date di eventi e variazioni possibili sul percorso.

Tocca solo prendere un biglietto, ora, almeno per l'andata, ché per il ritorno non mi dispiacerebbe, pure, guidare fino a casa.

È vero, prende piú giorni, ma mi piacciono i viaggi nei viaggi.

Ho riflettuto di nuovo su un paio di non rapporti che pendono e vorrei troncare definitivamente.

Nel contempo, sono cosciente che non si tratta di relazioni, per cui, tecnicamente, non c'è nulla da troncare.

E nemmeno nulla da poter cominciare.

Ecco quanto è complicato mettersi in gioco e scontrarsi con i limiti altrui.

Limiti invalicabili.


venerdì 8 luglio 2016

VORREI TRATTENERMI, MA NON CI RIESCO



Vorrei trattenermi - per non lamentarmene - dal parlare di ciò che mi turba e continua a turbarmi nel vivere in questo ameno paesello, dove il mondo è capovolto.
Nel lavoro, nel merito, nei sentimenti, nei rapporti umani in generale.

Dove io esprimo la mia opinione, e qualcuno sostiene convintamente "tu non capisci niente, non è così", di materie e questioni di cui non ha la più pallida idea.

Dove io mi trattengo dal dire "stai dicendo una fesseria", l'ignoranza altrui mi travolge e mi disgusta, con una boria tale.

Un'arroganza tale...

Dove io lavoro, ed altri approfittano del mio lavoro.
O peggio, me lo tolgono da sotto, dopo che ci ho lavorato.
Impunemente.
Vigliaccamente.
Per mera ingordigia, o peggio, per prevaricazione.

Questo significa avere a che fare con gli altri, in questo piccolo microcosmo gretto e meschino.
Sono queste le sensazioni che cerco di smaltire quotidianamente, mentre mi do da fare, e lavoro, e vivo, e non trattengo le emozioni, e non mi nascondo dietro il mio nome, la mia posizione, il mio lavoro, o dietro dichiarazioni come "non voglio impegni" o "voglio metter su famiglia", con chi capita.



Vorrei non pensare a come gestire una chiamata o un messaggio che mi avverte di un incontro.
Vorrei trattenermi, e dare buca, perchè è giusto così.
Perchè non voglio stare allo schiocco di dita di nessuno.
Men che meno di qualcuno, nello specifico, che si trascina in una scelta comoda, invece di raccogliere le palle e farne una più sensata.
Non ci si può nascondere dietro lo schermo di una immaturità congenita alla soglia dei quaranta, come si può restare aggrappati ad una dimensione che dovrebbe invece essere stata superata abbondantemente dopo l'adolescenza?

E anche se mi sono data una possibilità di essere diversa, questo non può coincidere con il comodo degli altri.
E dunque, anche se il sistema di defilarmi, invece di prostrarmi e inseguire, e farmi calpestare, e stare ad aspettare, dovesse essere quello sbagliato, mi pare il più dignitoso.
Del resto, se fossi stata una persona diversa, avrei portato il peso di due belle corna attorcigliate sulla capoccia.
Perchè vanificare così tanta dignità?
Perchè?
Per chi?
Per non stare da sola?
Ci sono stata finora e non sono morta.







I COSTUMI IN SALDO



È questo l'unico vero appuntamento che ho con i saldi estivi.
Li aspetto per comprare i costumi.

E quindi ne ho presi due a prezzo stracciato.

Entrambi un po' esotici, con queste fantasie che richiamano giungle e foreste, uno sui toni dell'azzurro, l'altro su quelli del rosso mischiato a qualcosa di fluo, al nero, al verde...

Insomma, sarebbe magnifico indossarli giá questo fine settimana, se non fosse che le zanzare mi hanno flagellato gambe e glutei.

Non un bel vedere.

Soprattutto in costume.

Solo che privarmi del mare mi sembra eccessivo.

Maledette zanzare!


mercoledì 6 luglio 2016

DI CASISTICHE ALTRUI



Tra donne si chiacchiera di uomini, e che uomini!

"Ho conosciuto questo avvocatissimo, quarantenne, magnifico..."
"C'è giá qualcosa che non va... Cosa ha fatto?"
"Ci siamo conosciuti una sera fuori un locale, e da lí ci siamo frequentati per qualche mese..."
"E..?"
"Una passione travolgente, lui perfetto, tutto perfetto... finchè non mi ha invitata alla festa di compleanno dei suoi quarant'anni, dove c'erano anche la figlia e la compagna"


Ecco, queste sono cose che accadono davvero di frequente.
Non il fatto di frequentare uomini impegnati - non solo - ma il fatto di cominciare a frequentare uomini che non dicono di essere impegnati, e si lanciano in modo ignobile in frequentazioni parallele.
Ormai è casistica che rasenta percentuali massicce.
Ecco quanto vale tenere un uomo al guinzaglio o incastrarlo con un matrimonio o un figlio che non vuole.



"Hai presente quel ragazzo single di cui ti avevo parlato? Mi sono lanciata, ho deciso che volevo mettermi in gioco, e che volevo approfondire la simpatia, ma..."
"Cosa ha fatto?"
"Mi ha detto che è disponibile per il sesso, ma non vuole rotture di scatole. Che è libero e non vuole impegni... zero sentimenti."
"E tu?"
"Mi sono cascate le braccia. Mi è sembrato di parlare con una mignotta maschio. Se voglio una cosa fredda e meccanica, uso un giocattolo, non un uomo! Mi ha fatto una tristezza infinita..."


Quando incontri un uomo singolo, il copione è quasi sempre questo.
E a parte la poca fantasia nel reiterare tutti le stesse frasi e giustificazioni, non sono mica macchine del sesso a fare queste dichiarazioni al mondo.
Spesso sono sfigati che hanno bisogno di darsi un tono.
E quindi si.
Meglio i giocattoli.

Per scrupolo, voglio precisare il mio ruolo di confidente, nelle storie (storie? Giuro che mi fa ridere parlarne in questi termini...) raccolte ad uso statistico.

Ecco, lo voglio dire a nome di tutte.

La casistica pessima c'ha rotto le scatole.
Le leggi della statistica pure.
Vorremmo tanto incontrare uomini liberi e sani.


martedì 5 luglio 2016

CADUTA IN PIEDI



Ci siamo visti.
Le pessime intenzioni hanno fagocitato voracemente quelle buone in un attimo.
È scontato che quando gli lancio un messaggio nell'etere è perché mi va di vederlo.
Da vicino.
È lampante.

Due ore circa mi sono sembrate, al solito, una manciata di secondi.

E volerne di piú quando dovrei infilare la porta e andarmene (o non varcarla affatto per entrarvi) rende la misura di quanto sia la mia coerenza a traballare quanto la sua.

I miei no scivolano via dalla bocca in fretta.

I suoi non arrivano nemmeno a fior di labbra.



Sono rientrata a casa e un amico è passato a prendermi per andare a mare, nel pomeriggio.
In moto (chè mi andava di andarci veloce, sul mare).
Abbiamo avuto un piccolo incidente.
A 40km/h circa, per la distrazione del conducente di un auto.
E lui è stato bravissimo a non inchiodare con la moto, ma ad arenarsi il piú dolcemente possibile contro la vettura.
Sono scesa sui miei piedi dalla moto, intera, lui ha riportato delle escoriazioni sulla mano, ma nulla di grave.
A parte il mio alluce, che un pochettino fa male, ma è una fesseria.

Quel che so di questa giornata è che sono cascata in piedi e che ho spinto il piede sull'acceleratore, ma è quando vado piano che succedono cose al di fuori del mio controllo.

Non sono fatta per una vita a 50 all'ora.

Mi faccio male.

lunedì 4 luglio 2016

DEL PERCHE' CERTE PERSONE RESTANO SOLE



Ha inanellato una serie di figure da niente, nell'arco di una manciata di giorni.
E' amica di amici, molto estroversa, casinista, si prende confidenza anche quando non gliela dai.
Li ho raggiunti una sera, in un locale, con un amico che ha visto mezza volta.
Mi ha chiesto se fossi andata al mare, e se ci andassi nel week end.
Le ho risposto che ancora non sapevo.

"Vieni al mare con noi, no?"
"Perchè, dove andate?"
Spara un paio di posti pallosi dove non vado mai se non in ottima compagnia.
Nel frattempo mi sono chiesta a chi si riferisse quel noi, visto che i miei amici sapevo non ci sarebbero stati.

"Veramente io preferisco andare un po' più in là..."
"Davvero? E come ci vai?"
"In motorino, la macchina non saprei dove parcheggiarla, e poi il traffico..."
"Perfetto, allora vieni a casa mia, così lascio la macchina lì e vengo in motorino con te!"
"Il mio motorino è omologato per uno... In genere andiamo con il suo motorino, fin lì, insieme...", riferendomi al mio amico.
"Allora io vado sul motorino con lui, e tu vieni con il tuo!"

Non ho risposto per decenza, perchè mi è sembrato davvero troppo sfacciata la richiesta.

L'indomani, quando siamo scesi a mare, il mio amico ed io, abbiamo scherzato sul fatto che siamo riusciti a scansare una bella scocciatura.
A volte avere dei testimoni che sentono quel che tu senti è una gran cosa.
Rischieresti di non essere creduta, a raccontare di certe cose.



L'ho incontrata di nuovo, di sera, ad un aperitivo.
Eravamo sedute vicine, allo stesso tavolino del locale.
Avevamo i piattini con della roba da mangiare davanti.
A lei è cascata una fetta di pane sul tavolo, e ha pensato bene di raccoglierla e buttarla nel mio piatto, sopra le cose che stavo spiluccando:
"Mangia, che fai gli anticorpi"
"Stai scherzando?"
"Perchè? E' pulito il tavolo, l'ha pulito davanti a noi con la pezzetta...", strafottente.
"La stessa pezzetta che usa per pulire tutti i tavoli?"
Ho preso la fetta di pane e l'ho buttata, con calma e decenza, nel piatto vuoto che aveva messo un po' più in là.
"Perchè non li fai tu gli anticorpi? Mangiala tu. Io non la voglio", e si è girata sdegnata, dicendo che no, lei non la voleva.
"Scusa, quel che fa schifo a te, dovrei mangiarlo io?" e sono entrata a farmi un altro piattino, visto che quello che avevo l'ha contaminato.

Non credo capiterà oltre di condividere la stessa porzione di tavolo, nemmeno per sbaglio.




Uno dei tipi che mi ha tormentata con messaggi inutili, e scuse infantili e fallimentari per vedermi, si è rifatto vivo, nonostante l'abbia bellamente ignorato, anche quando l'ho incontrato in compagnia di amici.

Mi ha mandato un messaggio contenente un saluto generico da una città dove si stava tenendo una competizione sportiva di cui non frega un tubero a nessuno.

Considerato che nessuno è talmente imbecille da mandare un messaggio idiota all'intera rubrica, e che il mio numero non era a tiro, perchè non era nemmeno tra le ultime conversazioni, e che di lui qualcuno dice sia pure dotato di un'intelligenza sopra la media (certo, i calci in culo, nella vita, sono una sferzata di energia per i cervelli moribondi già di loro), ho supposto che lo sbaglio fosse stato fatto di proposito.
Un pretesto infantile per agganciare una persona e intavolare una conversazione noiosa come l'argomento proposto.
E davvero non so spiegarmi come sia possibile comportarsi così, a questa età.

Parliamo di persone mature, o presunte tali.

Degne rappresentanti del piccolo mondo nel quale vivo.

E nel quale vado stretta.

Non posso vivere confinata in un eremo, ma mi risparmierei volentieri interazioni di questo tipo con alcune persone.










DI FOGLIE COLATE D'ORO


Ho sentito questo pezzo stanotte che tornavo a casa.

Mi rilassa la sua voce, è incantevole, e così riconoscibile.


Lo so che ogni stupidaggine sta diventando pretesto per scriverne.

Ho la mente affollata da mille pensieri, e la scrittura mi placa.

Come quando fa troppo caldo in spiaggia, e non respiro, e mi butto in acqua cercando ossigeno liquido.


E DI PENSIERI ACCANTONATI, LORO MALGRADO



Se sarà questo week end o quello dopo, o ad agosto, o settembre, chi lo sa.
Non ci sto pensando a quando ci rivedremo, perchè non sono io a stabilirlo.
Ed anche se mi hai scritto che probabilmente sarà il prossimo, non mi va di crederti, mentre trascorri le tue giornate altrove, in compagnia di un'altra.

Perchè certe emozioni si nutrono di quotidianità, e quando questa non c'è, attingono ai ricordi.

E dei ricordi c'è chi non ne fa parte, perchè non c'è stato tempo nè modo di costruirli.

Perchè le situazioni nelle quali si rimane impantanati hanno sempre questo vantaggio innegabile, tanto sulla quotidianità quanto sui ricordi, non c'è nulla da fare.

Perchè mi sento distratta da altro.

Da altri.

Perchè certi sentimenti si nutrono di presenze, mentre le assenze li spengono, li allontanano, li relegano al dimenticatoio.

Non si tratta di alimentarli forzatamente.
Si tratta di capire se ne vale la pena.
E, stabilito che ne vale la pena, essere in grado di non vanificare tutto con gesti e parole inadeguati.

E domani io ho voglia di vedere un'altra persona.
Che mi cerca, anche quando non ci sono.

Sono libera, ed essere liberi, al contrario dell'essere impegnati e tradire i propri compagni o compagne, significa scegliere ogni giorno di essere fedeli a se stessi.

Anche in compagnia di altre persone.


Ecco dove sbaglio, volutamente.
Non sono di quelle che si chiude nell'attesa come una decerebrata senza vita.
Vivo, nel frattempo.

Cosa dovrei fare?
Barricarmi in una speranza?






COME CI FERMÓ LA BUFERA DI NEVE



Avevamo appuntamento in capo al mondo.
Un week end di pseudo lavoro, quale scusa per una fuga estemporanea.
Rimandammo l'acquisto dei biglietti all'ultimo giorno utile, perché era inverno, e l'inverno in capo al mondo nevica forte.
Ricordo ancora il turbamento e l'emozione reciproca.
Pensare di intraprendere un viaggio lungo quanto metá del globo per stare insieme poco piú di una manciata d'ore.

Ci ha fermato una bufera di neve, di quelle che ghiacciano gli aeroporti, e cristallizzano il tempo dei voli in una dimensione di nebbia imperscrutabile.

Sarei partita lo stesso, ero pronta a fare il biglietto mettendo a conto ogni evenienza, ma tu non potevi, perché eri sprofondato in un inverno atroce, nel tuo paese.

Ricordo come inghiottii amaramente quella dannata bufera, quasi in un singhiozzo silenzioso.

E tu facesti in modo di programmare un'altra fuga, in capo al mondo, tuffandoti nel mio.

La tua vita nelle mie mani, dicesti.

Ed era cosí per entrambi.



E poco fa ho visto su instagram una foto scattata in cima al mondo, su un tetto.

La neve adagiata sul cornicione.

La città scintillante di ghiaccio.

Quella dove saremmo dovuti atterrare.


È bello, di te, anche il ricordo di ciò che poteva essere e non è stato.


DUE PERSONE ADULTE E COERENTI



Messaggio del cavolo - mio - solo per farmi sentire.
Messaggio di risposta scontato.
"Posso chiamarti...?"
"Certo..."
Segue conversazione di lavoro alquanto insulsa.
Il tono della voce muta forma, si riscalda, diventa morbido quanto basta.

Ha giá riflettuto nel week end su un lavoro da seguire insieme, preordinandolo a grandi linee.
Un altro buon pretesto per sentirsi e vedersi.

Gli dico che domani potremmo parlarne a voce, che saró lí.
E come al solito io le cose le dico all'ultimo secondo.
Anche se avevo già in mente di farmi sentire.
E poi, lo riconosco, ci ho fantasticato su.

Mi risponde con un malcelato incontenibile entusiasmo.
Vedersi, e dove, trattenersi, semmai, stare un po' insieme...

La maturità e la coerenza, quando servono, dove stanno?
Nelle ottime intenzioni, quelle cui proprio non si riesce a mantenersi fedeli.

MACCHINE DA GUERRA E ROAD TRIP



Prende consistenza l'idea di barboneggiare in auto in una parte dell'Europa.
La scorsa volta ho preso nave/aereo/macchina/treno e la solita piedicolare.

Stavolta dovrei prendere la macchina da guerra, quella il cui funzionamento è legato alla meccanica e non all'elettronica, la diesel che consuma una fesseria, un po' piú alta della mia, per percorrere agilmente le piste bianche.

Perché se viaggio in macchina all'estero mi piace sperdermi anche un po' dove la cartina non porta un reticolato di strade, ma il verde della natura selvaggia da esplorare.

Mi piace allontanarmi verso posticini defilati ai margini della civiltà.

Come mi piace immergermi fino al collo nella movida locale.

A breve sapró se parto, con chi è in che direzione.

Il resto deve attendere.

Famiglia, lavoro, amanti, amori in nuce, amici.

Ho bisogno di immergermi in un'avventura fuori di qui, da queste pareti strette, da queste menti piccole e grette.

IL LAUREANDO E LO SPONSOR DELL'ADIDAS


Ci siamo conosciuti in circostanze particolari, in occasione di una nottata di travaglio per entrambi.

Ero scesa da casa tipo lo sponsor dell'adidas: felpina con cappuccio calcato sugli occhi, jeans un po' scoloriti, e consumati, le scarpette da ginnastica, senza trucco, i capelli inguardabili.

Lui stava lí, tanto carino... mi aveva preso per una sua coetanea.

È rimasto perplesso quando gli ho spiegato che no, e per quale ragione ero lí.

Non ricordo come si chiama, non l'ho piú visto in giro.



Sono uscita in tiro, stasera, e socievole, perché quando sto incasinata dentro, tendo a mascherarlo per non farmi chiedere.

Ero con degli amici fuori il locale e sono entrata un attimo a prendere una cosa.

Ho visto il tipo appoggiato al bancone che mi ha seguito con una rotazione della testa di 180°.

E niente, ci siamo riconosciuti.

Immagino ci abbia messo un po' per riconoscermi.

Ci ho messo un po' anche io a collegarlo al ragazzo conosciuto quella notte.

Ci ha tenuto a precisare che deve dare solo la tesi.


Ed è tanto carino quanto troppo giovane.

Tanto carino.

Sono andata via e l'ho salutato con un gran sorriso.

Che almeno questo, posso concedermelo liberamente con la fascia dei ventenni rampanti, no?



domenica 3 luglio 2016

DI LETTURE FINITE E INFINITE



Ho poi preso il libro della Carcasi, e l'ho letto in un soffio.
Lo credevo un libro diverso, ma è stato piacevole.
Ben scritto, leggero, intenso.

E ho ripreso il libro di Fitzgerald che non volevo finire, catapultata in un addio che non so ancora quanto sia definitivo, e con cui trovo innegabili assonanze.

Sfoglio il catalogo di Maison di Monde e sento gli occhi attratti dalle forme geometriche e spigolose e da quelle che riprendono la dolcezza dei ciottoli di fiume.

Mi piacciono le fantasie vintage, i colori un po' sbiaditi ma che contrastano con forza tra loro.

Ho appeso al muro, debitamente incorniciata, la locandina di uno spettacolo serale, che ho portato con me dall'ultimo viaggio.

Sto ascoltando i vecchi Hoobastank, sul divano rosso, le gambe stese lunghe vicino la chitarra.

Il divano è il letto della chitarra, a casa

Ho appuntamento alle 21 con persone cui non ho nulla da dire, e se vado e sto muta potrebbero chiedermi cosa ho, ed io non lo so.

Non si può stare tutti i giorni a mille.

E non si può vivere di attese, o di sospiri, o di cose infrante.

Tento di riflettere su cosa la vita abbia in serbo per me, e su quello che io stessa mi sono riservata, e non posso avere soluzione.

Penso che lasciar scorrere le cose, come il "panta rei" in quel cesso in Grecia, riferito al divieto di gettarci qualunque cosa dentro, sia un'ottima base di partenza.

Ho dei pensieri che prescindono, naturalmente, la mia condizione singola e involgono quella della mia famiglia.

Vorrei non fossero sempre fonte di preoccupazione, le loro decisioni.

La verità è che nessuno va indenne dalle decisioni sbagliate.

Siamo tutti perennemente in torto in qualcosa, o con qualcuno.


Non ho ancora confermato per riservarmi la possibilità di disdire, fino all'ultimo secondo.

Cioè tra poco.

Ho paura di diventare quella che non sono, e la preoccupazione di essermi ci in parte trasformata.












sabato 2 luglio 2016

ALL'OLIO DI COCCO



Ho fatto un salto nella baia preferrima a fare un bagno e a prendere un po' di sole.

Ho fatto una testa così di chiacchiere fresche e nuove all'amico che è venuto con me al mare.

Mi sono spalmata un po' di olio al cocco, di quelli dal profumo tipicamente estivo, di quelli, pure, che garantiscono un'abbronzatura brillante.


No, non brilli affatto, non è vero.

E' che tutto quell'unto riflette il sole meglio del bianco.



Mi sono dorata, un pochettino, senza bruciarmi.

L'olio mi ha idratata.

Adoro prendere il sole migliore, quello che mi scalda e mi rilassa senza ustionarmi, quello del pomeriggio inoltrato.

Quando poi resti in spiaggia e prendi una birretta fresca e le patatine in busta e ti godi il tramonto...

Questo lusso da quattro soldi, quelli che spendo per la birrretta e le patatine in spiaggia, mi sembra sempre una cosa grandiosa.

Passano gli anni, ma questa sorta di abitudine no.

Resta lì, salda, una certezza bella, come poche altre.




I LOCALI CHE MI OFFRONO DA BERE



Sempre perché socializzare mi viene facile, e nei locali dove vado piú spesso sono di casa, capita ogni tanto che mi offrono qualcosa.

Vuoi per simpatia, vuoi per amicizia, vuoi perché faccio a tutti una pubblicità strepitosa e porto gente.

Ieri sera il tipo al bancone dell'enoteca non aveva il resto della venti, e mi ha offerto il calice.

Si è avvicinato uno che conosco e ha chiesto se lo stesso trattamento si applicasse anche a lui.

Nel mondo capovolto nel quale vivo, accade questo.


Nel mondo che vorrei, quello che conosco avrebbe dovuto precedermi in cassa e dire "lascia c.f.a., ti offro io un calice di vino stasera".


E nulla, mi tocca il mondo capovolto, quello popolato da sfigati che non si sanno comportare.

Ho sorriso alla sua battuta, e l'ho ripreso simpaticamente, chiedendogli se gli sembrasse carino intrufolarsi cosí nelle questioni d'altri.

Ha continuato a ridere, come se fosse tutto regolare.


venerdì 1 luglio 2016

NON BOICOTTARMI LA SPIAGGIA



Abbiamo finito entrambi di lavorare prima, oggi.
Schizziamo in spiaggia, allora, nell'orario che prediligo, quello pomeridiano/tardo pomeridiano.

"Devo prima..."
"Eh no! Non BOICOTTARMI ora!"

Ho voglia di abbronzarmi un po', che sono ancora troppo chiara.
E probabilmente lo saró sempre, è un difetto di carnagione.
E del carattere.

Saró sempre troppo chiara, mai qualcun'altra.


LA TERAPIA AL CONTRARIO



E dunque, di nuovo, non mi sono defilata e non sono sparita, anche se volevo farlo.

Ho mandato un messaggio che non volevo mandare e ho chiesto una cosa che mi sono fatta violenza a chiedere.

Si vedrà, poi, cosa accadrà, in conseguenza di azioni differenti da quelle solite.

Se è necessario fare il contrario, se sia proficuo.



Ho controllato sull'agenda l'ultimo giorno di lavoro utile (o presunto tale) prima di godermi un po' di ferie.

Controllo gli spazi per i viaggi, li scandaglio mentalmente per incastrare i miei progetti approssimativi e intercambiabili.

E' già luglio, e questi mesi sono decisamente volati.