lunedì 29 maggio 2017

MEZZA GIORNATA DI UN GIORNO INTERO



Ci eravamo entrambi già stati, altre volte.
Tante volte.
Ci abbiamo anche vissuto.
Da soli.
Con altre persone.
In un passato che appartiene ormai ad altre vite, che non ci importano più.

Abbiamo mangiato, a ridosso del mare, una fritturina di pesce innaffiata da un bianco frizzantino della casa.
Il passaggio del tempo è stato inclemente, con alcuni luoghi: il degrado e la folla hanno seppellito la poesia del piccolo porticciolo, che nei ricordi era bello e silenzioso.
Abbiamo scattato qualche foto un po' più in là, scavalcando un piccolo muro costruito sul mare.
I cocci verdi di bottiglia sparsi a terra, come un terribile ed invalicabile prato in contrasto con l'azzurro del mare, non ci hanno invogliato a trattenerci oltre.

Avevo ai piedi i sandali che abbiamo comprato insieme.

Ci siamo lasciati il mare alle spalle per raggiungere una località dell'entroterra.
Tra le rocce filtrava caldo il sole estivo, riflettendo una luce polverosa.
Gli ho scattato dei ritratti con la reflex, nel punto esatto in cui ci siamo astratti dal resto del mondo, nella bolla di luce che il sole incastonava nella roccia porosa.

Ho realizzato che non ho alcun rimpianto.
Che ciò che è stato è davvero andato.
E che questa è una nuova vita.
Una vita resuscitata su quella seppellita.


lunedì 22 maggio 2017

LARDO DI CINTA SENESE E CANNONAU


La mia cena stasera.
Chè, se muoro, chi se lo deve godere quel lardo di cinta senese sotto vuoto che mi tengo caro caro da Natale?
Chi deve godersi il vino che ho collocato nella cantinetta di legno di ikea?
Chi?

Ho voglia di fumare, ma non mi va di scendere barcollando fino al bar a comprarmi le sigarette.
Che poi ho smesso di fumare, ma giusto una sigaretta, adesso, davvero me l'accenderei.

LA LITE


Lo porto in una piscina termale non lontano da qui, che frequento abitualmente e considero una delle mie personali fonti di giovinezza, insieme al mare, alla montagna e al buon cibo.

Immerso fino alle spalle, sorride come un bambino, nell'effervescenza dei getti d'acqua strategicamente posizionati ai bordi della vasca.

Ci rilassiamo, come ci sembra sacrosanto diritto fare, dopo tanto studio e tanto lavoro.

Intravvedo un noto collega in acqua e faccio finta di nulla.

Bavoso come tanti, e decisamente non rientrante nella sparuta minoranza di gente onesta di cui ho stima, nel settore, è in piscina con moglie e figli.

Ed io non sapevo nemmeno fosse sposato.

Ad un certo punto, lei esce dall'acqua, con il costume very sexy, e molto costoso, quanto poco appropriato al contesto pomeridiamo familiare e rilassante nel quale, protagonista di prepotenza, buca la tela della cornice del quadro in cui si inserisce.

Noto una particolare furia cieca nel rientrare in acqua, lo sguardo fisso e rabbioso rivolto all'indirizzo dell'ignaro e impunito marito.

"Chi cazzo è (segue nome e cognome di donna)? Da quanto tempo la frequenti?", urla la donna ad alta voce dinanzi ai bambini che continuano a schizzarsi, in acqua, come nulla fosse, presumibilmente abituati ad assistere a scene del genere.

Faccio cenno a lui, poco più in là, di allontanarci.

Le urla hanno coperto il fruscio degli alberi e il rumore rilassante dell'acqua.

La piscina si è rapidamente svuotata.

"Questa gente è completamente fuori di testa! Senti come urlano! Ma non hanno alcun pudore?", mi dice esterrefatto e scocciato.

Forse lei tenta di mantenere una parvenza di dignità facendo finta di incazzarsi quando scopre il nome di qualcuna delle trombamiche di lui.

La replica di lui?

"La devi smettere di guardare il mio cellulare!", con sentimento e trasporto.

"Lo conosci a quello?", mi chiede.

"Si. È un collega. Una persona di cui non ho stima", rispondo secca.




NON ESSERCI



La sensazione, rispetto a certi turbamenti, resta sempre quella di esser sola.
Di non avere un'estensione fisica del mio corpo su cui fare affidamento, per difendermi, per proteggermi, e nemmeno armi realmente valide, ma solo l'involucro fragile fatto di carne, ossa e pensieri, nel quale ripiego.

Avevo degli appuntamenti di lavoro, nel pomeriggio, che per fortuna non ho dovuto rinviare, ma mi hanno rinviato a domani.

Sono rientrata a casa, sono sul letto, dopo una giornata intensa e le lacrime che quasi non trattengo.
E che ho trattenuto già in due occasioni, oggi.
La tensione è tale che mi pare quasi di vedere la trasposizione in forma di nuvoletta attorno al mio corpo, come un vapore denso e opaco, impenetrabile.

So bene di non essere invincibile.
So bene di essere indifesa.
Ho i singhiozzi che mi riempiono la gola e nessuna voglia di trattenerli.

Sono forte perché mi faccio forte.
Sono sicura di me perché mi faccio sicura.
Esteriorizzare queste cose, in parte, me le fa interiorizzare.
Accrescono qualcosa che certamente c'è già.


Ho ricevuto minacce ignobili, per il lavoro che svolgo.
Sono stata a fare denuncia dai carabinieri.
Non è la prima.
Di mio non retrocedo di un passo.
Non mi vittimizzo.
Ostento sicurezza.
Dentro sono rabbiosa e in tensione.
Sono anni che va avanti questa storia e non ho più voglia di tenerla per me.
Nemmeno qui.

Ricevere minacce significa avere sempre un'attenzione in più quando esco o rientro a casa. 
Quando parcheggio e poi riprendo l'auto.
Quando vado al lavoro e nella vita privata.

La mia famiglia, puntualmente si allarma.
Stamane ho trovato mia madre che tremava.
Qualcuno mi guarda come se fossi una bestia rara, che para ogni colpo.
Corpi contundenti lanciati contro un muro che non crolla sotto il peso della violenza.

Mi faccio muro.
Dalle crepe lascio crescere, spontanei, i fiori.



domenica 21 maggio 2017

L'INSISTENZA CON LA ZETA MAIUSCOLA


Mi ha fatto leggere il messaggio che gli ha inviato una "ex collega", con cui dice di non avere mai avuto alcun tipo di rapporto al di fuori dell'Università.

Non ho particolari ragioni per non credergli.

Non si vedono di persona da qualche anno, si sono sentiti telefonicamente, di recente, per questioni di lavoro.

Nel messaggio lei gli dice che viene con una coppia di amici a fare un giro qui, dove viviamo (dista un'oretta da dove vive lei).

Aggiunge che lei viene solo se c'è anche lui, perché gli amici sono una coppia, e lei non vuole stare da sola con loro, ma approfitterebbe del fatto che vengono per vedere lui.

Aggiunge ancora che le farebbe davvero piacere uscire insieme, e che lo passerebbe anche a prendere, nel caso.

Chiude con un "insomma, ci saresti?".



Le ha scritto che, come le aveva già detto per telefono, ha una relazione e non è interessato a uscire con lei, e di non averle mai dato adito per pensare il contrario.

Lei ha ritenuto opportuno rispondergli per iscritto "che schifo".

L'insistenZa l'ha portata a rinnovare l'invito a voce con una telefonata.
Lui le ha ribadito il punto, infastidendosi per la confidenZa che questa persona si è presa e che lui non ha mai dato.

Ha dovuto bloccarla.


Sto esplorando, attraverso di lui, il lato oscuro del mondo femminile.
Quello fatto di donne lanciatissime nei confronti del genere maschile, che "ogni lasciata è persa".
Donne che non ammettono di ricevere un rifiuto, e che insistono sino allo stalking.
E finché parliamo di uomini impegnati che volgono gli occhi altrove, posso anche in parte concepire che una donna (libera) si presti ad una conoscenza.
Dove invece un uomo dice che ha una relazione e non è interessato ad altro, e lo esplicita, cosa c'è da insistere?
Perché insistere?

È così poco dignitoso...

Considerato che questa donna permane nel contesto accademico di riferimento non per le impagabili doti intellettuali o per quello che le esce dalla bocca, ma per quello che notoriamente vi entra (ognuno applica a suo modo, nel lavoro e nelle relazioni, il concetto di resilienZa battuto nei migliori articoli del globo), presumo che la dignità non sia all'apice della scala delle sue priorità.

Di fronte a queste situazioni sconce, cerco di mantenere la calma.
Mi porterebbe via troppo tempo prendere a schiaffi l'insolenZa di questa orde di galline arrapate, che si lancia indifferentemente su ogni maschio a tiro.







giovedì 18 maggio 2017

LA ZUPPA DI LEGUMI


Apprezzo davvero tanto che mi abbia portato il pranzo mentre studio, per non farmi cucinare.

Anche se con questo caldo, in pieno giorno, avrei preferito qualcosa di più fresco (ma assolutamente non mi lamento!).

L'altro giorno ha preparato l'insalata di riso e mi ha portato a mangiarla nel piccolo bosco sul mare che gli ho fatto conoscere io.

Voleva comprare un cesto per il pic nic, di quelli carini, ma un po' scomodi da portarseli dietro.

Gli ho detto che lo zaino (gliene ho regalato uno come il mio per le passeggiate in montagna) è più pratico e comodo del cesto.

È tanto che non sono abituata a piccoli gesti deliziosi da parte di un uomo, e ancora mi fa meraviglia, a distanza di mesi, di essere trattata come una donna.

Mi viene in mente il modo in cui sono stata approcciata negli ultimi anni.
I relitti umani che non sanno comportarsi con l'altro sesso.
Rabbiosi, rancorosi, pretenziosi e senza null'altro da offrire che comportamenti terra terra.
Offensivi e sessisti, abbonati a frasi e battute di circostanza.
Gente che si nasconde dietro una tastiera.
Maschi che non ti invitano a prendere un caffè, figuriamoci una cena fuori.
E che se lo fanno, si aspettano automaticamente qualcosa in cambio, fosse anche solamente di rinfacciartelo.


Mi sento fortunata ad avere un uomo che si preoccupa di prepararmi il pranzo mentre studio.
Ecco.
E mi sembrava valesse la pena scriverne, per averne memoria nel tempo.



LE ASSOCIAZIONI MENTALI AL DOVERE


Tutto questo studio mi porterà a breve in città.

E il dovere va fatto, ma naturalmente ci associo il piacere, che in questo caso riguarda una mostra bella, una passeggiata lungo il fiume, il mio adorato cacio e pepe con vinello della Regione in uno di quei localini che mette i tavolini in strada, non troppo turistico, un po' di shopping mirato, la lente della reflex puntata al cielo insieme ai miei occhi, o macroscopicamente assorta nei dettagli che passano inosservati ad occhio nudo e distratto.

L'eccitazione sottile dell'esplorazione, persino nei posti che conosco come le mie tasche, non mi abbandona mai, e forse ne sono fagocitata ben oltre la mia volontà.
Il cambiamento incombe su ogni cosa, e scorre rapido e impercettibile, talvolta rovinosamente: è sempre un così gran privilegio assistervi.

Ho fame, sempre, di vita.
Di riempire gli occhi di bellezza.
Di scoprire ciò che ancora non conosco.

Non saprei rassegnarmi a vivere chiusa in un luogo, senza affacciarmi sul mondo esterno, per quanto critichi le sue dinamiche malate, per quanto ne soffra.
È il mio mondo.
Mi appartiene quanto gli appartengo.
Non riesco a concepire distanza, se non nei termini che mi consentono di coprirla.


lunedì 15 maggio 2017

3 MINUTI ALLE 23


E a me pare notte fonda, mentre continuo a studiare, sotto la luce calda della lampada.
Sembra un piccolo sole racchiuso in una sfera di metallo.

I suoi occhi, alla luce del sole, assumono riflessi di bolle di sapone.
Ed è come fossero dipinte contro l'azzurro cangiante dell'iride.

Mi sento terra dove mettere radici.

domenica 14 maggio 2017

SPIGOLO CONTRO SPIGOLO



Come stelle che rotolano, nel cielo nero.

Certi difetti non si incastrano.

Certi altri si tollerano a fatica.

Altri ancora sono adorabili.

Ci facciamo del male e ci facciamo del bene.

Sembra che le due cose non possano camminare separate.






sabato 13 maggio 2017

DEVOLUZIONE E GALLINE


"No, mio figlio ha detto che alle 18.00 non può venire...", comunica telefonicamente la madre di lui alla vicina insistente che vuole conferma per il caffè.

Dopo dieci minuti, la vicina, la nipote e un'altra donna suonano al cancello di casa sua chiedendo di entrare.

La sua famiglia e lui, seduti a tavola a mangiare un piatto di pasta, reagiscono con sorpresa a questa intrusione, ma aprono il cancello e fanno entrare le donne.

Hanno portato delle uova fresche e un piccolo dolce fatto in casa, solo per lui.

Gli presentano ufficialmente la giovane nipote, e chiedono un caffè ("siamo stati interrotti nel pieno del pranzo!").

Insistono affinché lui assaggi il dolce, fatto, ribadiscono, solo per lui.

Fanno allusioni spicciole su di me, cui controbatte in modo inaspettato la madre, dicendo che il figlio sceglie autonomamente di frequentare persone per bene quanto lui.

Finalmente le galline se ne vanno, ma il pranzo con la famiglia che non vede quasi mai è interrotto irrimediabilmente da un caffè che ne ha anticipato la conclusione.

Lui comincia a sentirsi poco bene.

Gli gira la testa.

Voltastomaco.

Rimette schiuma.

Sarà stato il dolce.

La madre ricorda che la vicina, in passato, le ha riferito di conoscere una "maga" in zona.

Non so che razza di porcheria abbiano messo in questo dolce, ma la misura è decisamente piena.


Post scriptum: io, in tutto questo, sono a casa che studio nonostante tutto.



COME INSINUARSI NELLE VITE DEGLI ALTRI CON UN CAFFÈ



Una vicina di casa del ragazzo che frequento, dopo avere riportato episodi fantasmagorici sulla mia persona ai suoi genitori (che nemmeno ancora conosco, e non sono di qui), li ha messi alle strette affinché tutti insieme vadano alle 18.00 di oggi a casa sua per un caffè.

Per presentare dichiaratamente sua nipote a lui.

Perché questa disperata, a 23-24 anni, studentessa universitaria in città, non riesce a trovarsi un uomo da sola, e i parenti cercano di rimediare insinuandosi nella vita degli altri per procacciarle un uomo.

E allora la tecnica collaudata è quella di gettare fango su ogni altra donna che frequenta un uomo, per toglierglielo e "riassegnarlo" ai casi umani che hanno in famiglia.

"Ha detto a mia madre che vuole che conosco la nipote, che non sa che darebbe per andarsi a bere un bicchiere di vino sul mare, quando rientra dalla città dove studia, con un uomo. E perché io non sono di qui e non conosco nessuno, e potremmo fare amicizia."

"E tua madre che le ha risposto?"

"Che io ho già un'amica, qui."

Ecco il medioevo tutto italiano nel quale vivo.
Ecco come la gente che pure studia all'università, non riesce ad emanciparsi da queste dinamiche malate.
Perché a parte l'intervento dei parenti, la poverina quando è qui parcheggia l'auto davanti al cancello di lui, e passeggia sotto casa sua, buttando l'occhio dentro casa, per cercare di far capitare un incontro.

Provo quasi vergogna per loro.


giovedì 11 maggio 2017

SFINITAMENTE


Non va affatto tutto bene.

E di avverbi ne potrei usare tanti, ma mi risparmio.

Tra le molteplici sollecitazioni negative che sto ricevendo, alcune gravano in modo incredibile.

E non so come gestirle.

Ho la testa pesante di studio, e mi sento schiacciata sotto una coltre di nervosismo e frustrazione.

Tutto questo a breve terminerà, come è sempre terminato ogni ciclo vitale.

Come ci si arriva a chiedere se si è felici, se altri lo sono, se è rilevante saperlo.

O addirittura esserlo.

Come se fosse un dovere e non una sensazione talmente impraticabile, a volte, da sembrare pura fantasia.

Razionalizzare, quando si verte nel campo dei sentimenti, è quanto mai difficile.



mercoledì 10 maggio 2017

LO STUDIO REGOLARE


Non scrivo per ovvie ragioni di spazio e di tempo.
Ho le dita che reggono matite ed evidenziatori.
Tempero le punte quando si arrotondano per solcare meglio il mare dei fogli che ho davanti.
Non studiavo così intensamente da qualche anno.
Da quando ho preso uno degli ultimi titoli di studio all'università, insomma.

Ho i libri di Musso e Bauman (ed altri vari ed eventuali che ho comprato al negozio dell'usato per una manciata di euro) che attendono lettura sul comodino al bordo del letto, che si è riempito di smog e polline nel giro di qualche giorno.

Ho fatto qualche lavatrice, lavato i piatti, esaurito quasi del tutto le scorte di viveri (salvo acciughe e capperi, due zucchine, le patate e le uova).

Ho ridotto ai minimi termini i rapporti sociali con famiglia, amici, amore: quando si studia è così, non sono ammesse eccezioni, a meno che non ne vada della propria salute mentale.

Difatti oggi ho fatto un'eccezione e ho proposto a lui di fare due panini con crudo e mozzarella all'alimentari e di mangiarli sugli scogli al mare (la dimensione provinciale, in questo, lo ammetto, mi pare imbattibile in termini di qualità della vita).

Sono tornata a studiare con più grinta: lo iodio è portentoso!

E l'azzurro e lo smeraldo del mare, pure.

E questi abbracci pure, cui dopo tanti mesi ancora non credo siano reali, come se a cingermi fosse una nuvola densa di calore e non un corpo nel quale mi adagio.

Siamo passati a prendere un caffè e la barista - che lui ricordava particolarmente cordiale quando era andato da solo - ha assunto un atteggiamento scocciato e ostile, guardando lui quasi con rabbia.

E me con disprezzo.

Mi piacerebbe scrivere che si tratta di suggestioni mie personali, ma la verità è che il tempo che passo con lui in mezzo alla gente è fatto principalmente di occhiate di donne che lo sbranano, e atteggiamenti provocatori o sprezzanti nei miei confronti, che sto al suo fianco.

"Cosa diamine hanno le donne qui?", mi chiede nelle circostanze più sfacciate o esilaranti.
"Possibile che siano così agguerrite, che non le fermi nemmeno il fatto che tu mi sia vicina?", si sorprende ogni volta.

Eppure la barista con i capelli tinti e piastrati alla perfezione, con quelle unghie di plastica lunghe colorate di arancione fosforescente, ha guardato per davvero la mia figura con aria sprezzante, e lui, quasi a dire "perché lei e non io!".

Come se il suo essere artificiale in modo stucchevole fosse più gradevole della mia naturalezza priva di sovrastrutture.

Non a tutti piace la plastica.


Arrivati sotto casa sua, abbiamo visto il cane della vicina da solo, fuori dal cancello chiuso, visibilmente intimorito.

"Pronto, ciao, sono il vicino...", ha telefonato, mettendo il vivavoce.
La risposta piena di entusiasmo ci ha travolti.
"Volevo avvertirti che c'è il tuo cane fuori il cancello, sembra spaventato"
"Ah", pieno di tangibile delusione.
"Vabbè, pure l'altro cane sarà fuori, che non lo trovo..."

La vicina, sposata con figli, quando vado a casa di lui sta per tutto il tempo affacciata verso l'ingresso, monitorando i miei spostamenti.

L'interesse morboso per la vita d'altri è qualcosa che davvero non si può immaginare se non si vive sulla propria pelle.

E magari è davvero tanto tempo che non frequento qualcuno per mesi, ma tutto questo medievale disappunto di altre donne che vivono per accaparrarsi un uomo a tutti i costi, mi pare davvero insostenibile.

A maggior ragione che si traduce in approcci diretti a lui e atteggiamenti sgradevoli nei miei confronti.











martedì 9 maggio 2017

EVOCAZIONI E LA FIGURA MITOLOGICA DEL GRANDE AMORE


La storia breve che vi racconto ha come protagonista la sottoscritta che apre la mail e riconosce, tra la posta in arrivo, un indirizzo che le è noto, ma che non legge da anni.

"Sarà un virus, e la mail sarà di quelle partite automaticamente verso tutti gli indirizzi", ho pensato.

E nulla, non era un virus.

Ma è come se lo fosse.

E dunque non ho risposto.

Perché i più grandi amori della vita finiscono, si esauriscono, o li consumiamo fino a non lasciare che tracce poco profonde nella memoria, per camminarci dentro nei momenti di sconforto, dimenticando che il percorso vero è quello che calchiamo ogni giorno con nuovi passi.

La sua presenza, che è una distanza ormai incolmabile, è stata evocata nei giorni precedenti.

L'unico esorcismo che intendo fare è non curarmene, e continuare a studiare.


giovedì 4 maggio 2017

STASERA HO SMESSO DI STUDIARE



Ho studiato, studiato, studiato.

Finito di studiare, ho fatto una doccia, messo la maglia carina con i fiori colorati sui jeans scuri e le décolleté retro in pelle marroncina, e sono andata a lavoro.

Ho lavorato, lavorato, lavorato.

Sono uscita un attimo per una commissione e ho visto le nuvole pesanti e grigie avvolgere le montagne e incombere a ridosso del mare.

Mi sono trattenuta a cena dai miei, e ora dovrei tornare a studiare.

"Ti va una birretta? Non ce la faccio più a studiare, ho voglia di staccare un attimo", ho detto.
"Ci vediamo tra 10 minuti al solito posto", mi risponde.

E dunque, esco.
Interrompo per un'oretta lo studio.
Me lo merito, anche se non dovrei.
Il tempo stringe, ed io debbo studiare sino a rendermi impeccabile.
Come solo debbo impegnarmi a fare.




martedì 2 maggio 2017

IL TEMPO INSUFFICIENTE



Ho finito di lavorare, e sono stanca.
Ho cenato dai miei, perchè non avevo voglia di tornare a casa e cucinare, e mangiare da sola, e lavare i piatti.
Devo andare a casa, ora, per attaccare a studiare.

Ho mal di testa, e non passa.
Assolutamente non passa.

Mi sono svegliata una mattina senza averlo, l'altro giorno.
E mi è sembrato un sogno.
Un sogno già nuovamente terminato.

E non va bene.
Non va affatto bene star male così.
Non va male questo dolore costante alla testa che assorbe le mie energie e mi toglie tempo.
E mi distoglie da ogni cosa che faccio.