venerdì 29 dicembre 2017

L'ULTIMO PIANO B



Nel paese in cui il piano A è condannato a restare una chimera, continuiamo nostro malgrado a coltivare il piano B, insieme, ancora oggi, che è arrivata la notizia che attendevamo.

Una notizia che doveva essere scontata, e che a suo modo lo è stata.

Splendida e terribile allo stesso tempo.

Siamo sconcertati, interdetti, contrariati come mai, delusi, avviliti.

La sfacciataggine di certe dinamiche è tale da togliere il fiato per lo sdegno e talmente incredibile che si stenta a crederci.

Giuro, si stenta.


In questo posto qui - questa la realtà innegabile - non è rimasto più nessuno.

Salvo chi ha contribuito e contribuisce quotidianamente alla sua marcescenza.

E se, tra gli ultimi che stanno facendo fagotto, ce ne andremo anche noi, sarà non perchè non abbiamo impiegato tutte le nostre forze e le nostre capacità per restare, ma perchè non si può contrastare a vita i mulini a vento.

A un certo punto bisogna cambiare direzione, senza voltarsi indietro.

Anche se significa prendere le distanze dalla propria cultura, dalle proprie abitudini, dall'ambiente familiare, dai luoghi dell'infanzia, dalla lingua stessa che si parla e che si scrive.

E dunque, da oggi comincia il conto alla rovescia, perchè c'è una data, fissata, entro la quale decideremo se continuare a legare il nostro destino al paese in cui siamo nati.

E ho paura, e sono preoccupata, e vorrei accompagnare con gioia una opportunità del genere, invece di viverla come una scelta obbligata, ma tant'è.

Per rimanere qui, in questo posto, che non è possibile chiamare per nome perchè nemmeno il nome lo nobilita, che dovrebbe essere casa, che dovrebbe accoglierci invece di scacciarci, al cui progresso materiale e spirituale è consentito ai soli mediocri partecipare per decontribuire, abbiamo avuto l'ennesima prova tangibile e dolorosa del fatto che siamo noi quelli di troppo.




martedì 26 dicembre 2017

ROSSO RUBINO


Rosso rubino è il colore del vino che filtra attraverso il vetro del calice illuminato dalla candela accesa sul tavolo.
E' il vino con la civetta che ho comprato nel negozio di prodotti tipici, insieme a dei deliziosi formaggi al latte di capra, prima di rientrare in Italy.

Continua a dirmi, nonostante tutto quel che accade, che sono la donna più bella di tutte, ai suoi occhi, ed io non gli riesco a dare molto credito.
Non lo disturbano i fili bianchi tra i capelli, che testimoniano il pur clemente incedere del tempo, e nemmeno la loro perenne scompostezza, chè pettinarli mi affatica e li lascio liberi di stare.
Lo disturbano altre cose, per cui litighiamo, ma in ragione delle quali non demorde.

Quel che conta l'abbiamo capito insieme, ed insieme lo coltiviamo, tra alti e bassi, e mondi paralleli e distanti, che mettiamo in convergenza, costi quel che costi.

Perchè è prezioso, tutto questo.

Perchè vale la pena preservarlo.

DI SUONI E SILENZI



Non mi rendo perfettamente conto di quanto sia rimasta inespressa e muta, sopita tra le righe che scorrono rapide su fogli di vita, finchè non riprendo le corde sotto le dita e spiego la voce.

Esce fuori una sequela di sussurri che si riempiono, attimo dopo attimo.

L'aria ricomincia a fluire nel respiro, sino a dargli consistenza.

Sradico dal fondo il suono che vi giace, salvo riporvelo nuovamente, come in uno scrigno segreto, cui pochi hanno accesso.

Cui forse nessuno ha accesso.

Il mio suono, ciò che mi connota nel profondo, e che mi distingue, non sento adesso di volerlo condividere con nessuno che non sia io stessa.


CIÒ CHE È SACRO



La porta della chiesa che porta il mio nome si è chiusa lenta alle mie spalle, avviluppando nel silenzio i canti allegri ed il vociare indistinto provenienti dalla strada.


Mi sono soffermata sulla stella in marmo policromo distesa sul pavimento, che accompagna il passo al centro della chiesa, e ho percorso le due punte opposte volgendo lo sguardo verso l'altare.




Credevo di non avere molti punti di riferimento, in questa dimensione che ritenevo estranea, e invece mi appartiene, come suppongo a chiunque altro vi presti un minimo di attenzione e di cura.


Sarà che l'ho, il più delle volte, trascurata, se non proprio rifuggita.


Sarà che sono un po' ottusa, che non vedo ciò che ad altri è evidente, notando altro che forse esiste solo nella mia immaginazione.


Sarà che ho voluto pulire il mio punto di vista, proteggendolo dai condizionamenti superflui, riducendolo ad un mero percepire, scevro da retaggi di sorta, con l'intento, per me nobile, di capire.


E questo percepire, nutrito di sensazioni, mi ha riportato al punto primo di partenza, con una consapevolezza diversa, che profuma di scelta e comprensione.


E non è fede, perché non posso dire lo sia.


Perché non lo é.


É appartenenza, ancora una volta, alle radici che mi tengono ancorata ai non luoghi che pure abito.






Questi luoghi fisici, invece, apparentemente immutati, hanno del tutto cambiato fisionomia, e non mi sembrano più gli stessi della città che mi ha accolto.


Mi é parso di non riconoscere l'ampiezza delle mura in pietra, mi sono sentita un'estranea di passaggio.


Sono distante, anche quando percorro il cuore pulsante dell'angolo di mondo in cui tanto ho vissuto.


Mi appartiene tutto, ancora, nella memoria, in una dimensione stravolta dai cambiamenti che, come un consistente magma, si sono stratificati e solidificati, seppellendo intatto tutto ciò che é restato sotto.


Tutto ciò che era, che ero, oggi è pietrificato, cristallizzato dal fuoco, e mi pare quasi di non riuscire a prestarvi troppa attenzione, per non sottrarla alla vita viva che é qui e adesso, e non altrove nello spazio e nel tempo, dove non sarà mai.







giovedì 14 dicembre 2017

PASTA E PATANE


L'ha preparata oggi, che erano un paio di giorni che ci pensavo.
La prima volta l'ha preparata che ero a letto, stavo poco bene, e a momenti mangiavo anche il piatto per quanto era gustosa.
La fa alla napoletana, asciutta, non brodosa come invece la preparo io.
Con la scorza del parmigiano, comunque, che la insaporisce.
È una ricetta segreta, questa pasta e patate, cui apporta migliorie costanti.
Oggi, per esempio, ci ha grattuggiato un po' di noce moscata (una signora Noce Moscata dello Sri Lanka, che ho comprato di recente all'estero, e non ha nulla a che fare con quella industriale che vendono al supermercato).

Lui è buono come pasta e patane.

Anche se talvolta mi fa dannatamente arrabbiare.

Tipo adesso, che sta cercando un pretesto banale per litigare.

Non avrei mai detto di avere così tanta pazienza.

Non è nemmeno detto che possa approfittarne fino ad esaurimento.




martedì 12 dicembre 2017

TRA L'AFRICA E L'EUROPA


Tra le persone che mi sono o mi sono state più care, oltre quelle dall'altra parte del mondo, ci sono quelle che si sono equamente distribuite tra l'Africa e l'Europa.

Mancherò al prossimo brindisi di addio per una serie di ragioni, e perché la vita mi dirotta altrove quel giorno.

Verso la direzione che potrei, forse vorrei o forse non vorrei, ma intanto percorro.

Ho pianto dopo aver letto il messaggio.

Sono dispiaciuta della partenza, ma sono allo stesso tempo felice per l'opportunità che verrà colta altrove da persone che meritano il meglio.

Un altrove accogliente che si contrappone ad una realtà respingente.
Che tutto dovrebbe essere fuorché respingente, ma lo è in modo feroce, in un modo che spezza il fiato ed esaurisce ogni risorsa senza rendere nulla in cambio.

Mi domando dove troverò anche io la prossima collocazione, e la prospettiva migliore è tra l'Africa e l'Europa, a cavallo di un mondo in declino, ma nella cui orbita siamo innegabilmente attratti per origini e appartenenza.

E se fosse altrove?

Non sono sola.
Non siamo soli.

E le famiglie?

Dei contrasti del passato, o del presente, o di quelli ipotetici, non mi importa nulla.

Voglio soluzioni inclusive, non esclusive.

Teniamoci stretti.

Questo penso.

Teniamoci stretti, perché nient'altro vale.


domenica 10 dicembre 2017

L'ANNO CHE HO DECELERATO


Ricorderò così l'anno che volge al termine.
Ho lavorato meno e coltivato di più i miei sentimenti.
Ho vissuto più in casa che fuori, in una dimensione connotata dall'introversione, invece dell'apparente estroversione che spesso vestivo.
Mi sento ferma, ma proiettata in avanti.
Immersa nel presente quale declinazione volubile di un futuro incerto e in cui speranzosa confido.
Non ho altro, in questo momento.
Non ho niente.
Eppure mi sembra di avere tutto ciò che occorre.

L'essenziale, così visibile agli occhi, mai più invisibile al cuore.

sabato 9 dicembre 2017

UNA PIANTA DI LIMONI


La passione per il giardinaggio da balcone prosegue, di settimana in settimana.
Dopo avermi svegliata con il caffè e il saccottino al cioccolato, mi ha detto: "vado a prendere una pianta di limoni".
Se non è la scusa che ha ammaccato per scappare, tra poco dovrebbe tornare con un alberello da travasare immediatamente.
Compito che lo occuperà per un po' a giocare con il terriccio, come i bambini con la sabbia, spargendolo sul pavimento, sulla tavola, sui muri, e portandolo allegramente in casa.
Una casa che era ordinata e pulita, prima, ma per la quale non provo molta nostalgia.

Mi piace questa dimensione approssimativamente bucolica del vivere insieme.


giovedì 7 dicembre 2017

TACHICARDICAMENTE



Una coppia di amici se ne va.
Me l'ha detto lui l'altro giorno, al telefono, la voce bassa e profonda.
Grave.
"Stiamo facendo i pacchi, ci trasferiamo all'estero", nel paese natale di uno dei due.
Lui così in gamba, lei eccezionale come pochissime persone, pieni di qualità e qualifiche, di capacità, di esperienza, eppure confinati ai margini della precarietà, in questo paese, vincolati da contratti a tempo determinato presso le realtà più scintillanti della città in cui si sono incontrati, e che stanno per abbandonare, con le lacrime agli occhi.

Perchè lasciare l'Italia non è semplice, soprattutto quando non si hanno più vent'anni.
E più ci si attarda, e più si vedono vanificate energie e sacrifici, dopo avere tanto studiato e dopo tanta gavetta, e più ci si sente frustrati dall'avere gettato anni utili, i migliori, a sperare in una svolta che non è mai arrivata.

Questa svolta, a molti di noi (me compresa) appare davvero un miraggio.
E nel lasso temporale di questo crudele inganno maturano spese, e tasse, e imprevisti, ed impegni cui diventa difficile sottrarsi per ricominciare altrove.
Salvo lasciare tutto alle proprie spalle e partire.

Come stanno facendo loro.

Come potremmo fare anche noi, che abbiamo discusso della possibilità di andarcene, pur essendoci dati un'opportunità per restare.




domenica 3 dicembre 2017

GLI STEREOTIPI CHE ADORO


"Metti a fare la pizza?"
"Perché non la fai tu, per una volta?"
"Cosa ce l'ho a fare un fidanzato napoletano?"
"Non gradisco che ricorri a questi stereotipi per farmi fare le cose!"

In realtà non ricorro ad alcuno stereotipo.
La pizza e il caffè li prepara davvero in modo delizioso.
E magari dipende da questa radice che lo lega ad una terra piena di contraddizioni che pure amo, e che lega anche me in modo diverso, ma pieno di assonanze, e che intreccia le nostre esistenze, nel passato e nel presente.
Magari no.
Mi piace valorizzarla, in ogni caso.

Naturalmente l'eccezione sul ricorso agli stereotipi ha avuto breve respiro.
Il tempo di affondare con le mani nella pasta e stenderla e metterla nelle teglie.

Adesso è fuori il balcone che sistema le piante e martella, canticchiando "insieme a te non ci sto più".

Queste domeniche mattina fatte di mettere ordine in casa, di esserini che sonnecchiano sopra le coperte, e di me, che aspetto invece da sotto le coperte un altro profumatissimo caffè, magari sono noiose, o banali, e magari sono quello che ho sempre rifuggito, perché non credevo fosse a mia misura.

Ma poi mi rendo conto di essere stata io, alla fine, ad avere dato una misura - la mia - alle cose.

E quindi, mettendo da parte stucchevoli prospettive di eternità e ansie da durata, mi godo la colazione a letto in arrivo, con questo odore persistente di spirito, che suppongo lui stia usando perché ha combinato un qualche disastro che assolutamente non gli rimprovererò.

Del resto, mentre io sto oziando, è lui che per una volta lavora a questo cantiere aperto che è la mia casetta.