martedì 20 novembre 2018

COME RESISTERE A TUTTO QUESTO


Continuo ad uscire da lavoro, dopo tante, troppe ore, in stato confusionale.
Arrivo tra gli scaffali giganteschi che corrono lungo i corridoi artificiali di uno dei tanti supermercati locali, e continuo a perdermi.
Compro caramelle colorate da offrire al lavoro, nella mezza scatola arrangiata che ho collocato graziosamente sulla mia scrivania.
E compro roba ricoperta al cioccolato che finisce nel giro di un attimo.
Compro le birrette, che evaporano e davvero non capisco come.
E l'acqua da portare a lavoro.
E pane, ogni tanto, quando ricordo di mangiarlo.

"Quale formato di pasta locale ti prendo per cucinarmi pasta e patate, questo week end?", chiedo spedendo foto illustrativa dei pacchi disponibili negli scaffali.
"Quella a destra" risponde.

Il programma del week end è rientrare quanto prima da lavoro, procurare legna per il camino e mangiare pasta e patate innaffiata da un buon vino rosso, riguadagnare terreno sul campo della quotidianità perduta dei giorni infrasettimanali.

Ho preso la pasta, del buon formaggio per cena e sono arrivata in cassa.

Prendo sempre più roba di quanta le mie braccine possano trasportare.

Ma la cosa peggiore, dell'andare dopo il lavoro in stato confusionale e affamata al supermercato, è poi uscire con una domanda terribile che si affaccia alla mente, che è: dove diamine ho messo la macchina?

Ho girato per un po' nel parcheggio e guardandomi intorno, ho notato che non ero l'unica alla ricerca dell'auto perduta.

È pieno di gente in stato confusionale, nei parcheggi dei supermercati, alla sera, dal rientro da lavoro.

E non tutti hanno un piatto di pasta e patate che li aspetta davanti a un caminetto acceso nel week end.

Sono fortunata, per questo debbo resistere a tutto questo.

Sono fortunata, anche se terribilmente stanca.


giovedì 15 novembre 2018

LA FORTUNA E LO SCRUPOLO


Talvolta la fortuna di taluno si presenta innegabilmente legata allo scrupolo di altri, alla capacità di questi di operare un distinguo tra circostanze diverse e talvolta opposte, all'equilibrismo infame sulla corda sospesa tra la legalità e l'illegalità, la giustizia e l'ingiustizia, la moralità e l'immoralità, tra il bene e il male nella loro più ampia accezione.

Non parlo di concetti antichi o stantii, ma di dimensioni estremamente vive ed articolate, suscettibili di interpretazioni anche discutibili (e non sempre discusse), problematiche sino al midollo.

Un midollo che duole, all'occorrenza, anche nel cuore della notte, e che sta sveglio abbracciato allo scrupolo, con cui si interroga se abbia correttamente e con elevato giudizio esercitato quel briciolo di potere di cui dispone sulla vita degli altri.

Un potere che ha un impatto notevole.

Mi chiedo, ogni volta, se il mio scrupolo sia sufficiente.
Non mi pare mai abbastanza ciò che faccio, per quanto vi sia una tangibile differenza con lo scrupolo d'altri con cui confronto, cui altre vite sono legate.

E mi vengono i brividi quando leggo negli spazi bui ciò che lo scrupolo d'altri non ha saputo illuminare.

I brividi.

Ci si addormenta negli angoli ciechi e ottusi della propria coscienza, senza considerare quanto ogni minimo gesto fuori posto possa avere un impatto considerevole sulla vita d'altri.

Come non ci riguardasse.

Come non ne fossimo responsabili.

Lo siamo, invece.







martedì 6 novembre 2018

LA FOTO ICONICA ED IL PICCOLO RICONOSCIMENTO


Ho litigato tanto e forte, ho fatto parecchio rumore.
Non un borbottio sommesso, ma un'opposizione viscerale.

Ero convinta di avere ragione.

L'avevo.

E non mi è importato nulla di essere l'unica fottuta voce fuori dal coro.

E nemmeno nulla di inimicarmi chi tiene le fila del gioco.

Sapevo quanto valeva ciò che avevo tra le mani, la sua rilevanza per la vita di un perfetto sconosciuto, sulla faccia della terra come me, aggrappato ad una flebile speranza e al mio scrupolo.

Così ho insistito.

Ho fatto leva sugli scrupoli sopiti d'altri, affinché si aprissero ad altre ed alte possibilità.

E alla fine è arrivato il piccolo inaspettato riconoscimento, davanti agli altri, per la posizione che ho assunto da principio e per la quale ho perseverato.


Gira una foto iconica, questi giorni, sul web.

Una foto molto bella, che rassomiglia a un dipinto glorioso d'altri tempi.

Ed io non ho la pretesa di far mia una causa che mi è estranea, e cui non mi sento nemmeno particolarmente vicina, ma umanamente mi commuove guardarla girare, nella sua forza simbolica.

C'è chi dispone di armi, per far valere i propri pensieri.
Chi delle sole pietre che raccoglie a mani nude dalla terra che ha intorno.
Chi, invece, dispone di un'arma più sottile: la parola.

E se con la mia sola parola posso continuare a dare un apporto al mondo che mi ruota intorno, perché mai dovrei tacermi?


lunedì 29 ottobre 2018

PICCOLE MANCIATE DI FERIE



Ho preso dei giorni di ferie per staccare.
Per recuperare spazi fisici e mentali per esigenze vitali.
Vivere, mangiare, dormire, amare, viaggiare.

Ho la pasta pronta e in caldo, con il condimento di datterini gialli.
Aspetto che lui rientri da lavoro per mangiarla insieme.

Ho chiuso i libri, in cui fino a poco prima mi sono immersa, al di qua dell'ampio vetro della finestra che mi separa dalle intemperie.

Qualcuno sonnecchia morbido sulla sedia, mentre ascolto nelle cuffie Tamino.






giovedì 18 ottobre 2018

RESTA UMANA


Provare emozioni non significa essere poco professionale.
Controllare le emozioni è professionale.
Non lasciarle trapelare se necessario, è professionale.
Annientare le emozioni che mi rendononun essere umano è disumano.

Non riesco a farmi scivolare il mondo addosso.
Continuo a contrastare l'ingiustizia, che è più grande di me.
Mi sovrasta.
Mi assorbe.
E non mi sottraggo e non intendo sottrarmi.

E non me ne frega niente se corro da sola, perché i nodi vengono sempre al pettine, come sta già accadendo.

Restaumana, mi dico.

Perché lo sei, ed è il tuo insottraibile plusvalore.



domenica 7 ottobre 2018

INVECCHIARE È...



... Non digerire più la pizza.
Mai più.

Sulla mia dieta di base è ormai calato un velo di tristezza.


A parte la pizza, domattina sarò di nuovo in viaggio per il lavoro.
L'esempio da seguire per ricalibrare i miei ritmi vitali è ben impresso nella mente, anche se praticarlo è quanto mai difficile.


Mi preme, anche stavolta, l'obiettivo?

Mi preme, come sempre.

Nutro la tenacia con tutta la forza che mi regge in piedi.
O la va, santissimo Dio, o la spacca, pure stavolta!


sabato 6 ottobre 2018

GLI EVIDENZIATORI SCARICHI, E IO PURE


Comincio a riempire quaderni di scritte, di sottolineature le pagine dei libri, mentre comincia il conto alla rovescia del tempo mancante, e di quello utile da dedicare allo studio, la distribuzione delle ferie per studiare mentre ci si vede, e ci si vive, nei pressi del mare.

L'evidenziatore è un po' scarico, ed io ancor di più.

L'obiettivo stavolta è eventuale, sono cosciente di stare un passo indietro e di non avere tempo a sufficienza per studiare.

giovedì 27 settembre 2018

LE TRE MATERIE


Eccoli i tre scogli.
Tre materie del tutto sconosciute.
Tre libri di circa 800 pagine l'uno.
Un blocco di fogli che aspettano di essere scarabocchiati.
La piccola lanterna accesa sul tavolo a farmi compagnia, accanto alla pianta adagiata nel colorato portavaso esotico.
Restringo nuovamente il campo visivo ad un angolo della stanza, quello su cui sollevo gli occhi dai libri.

mercoledì 26 settembre 2018

DOVREI STUDIARE EPPURE STASERA NO


Mi sono avvolta nella giacchina nuova, stamattina, per andare a lavoro.
E di nuovo all'uscita.
Fa fresco, ormai, e le braccia scoperte si intorpidiscono al vento nel trragitto che mi separa dall'auto parcheggiata nel cortile con i cani.
Cani così carini e socievoli che uno, l'altro giorno, ha cercato di caricarsi in auto quando ho aperto lo sportello per salire e andare via.
Un cucciolone soffice e bianco, che è bellissimo ed estremamente gioioso e non riesco a fare altro che sorridergli, quando lo incontro.

Sto prendendo questi nuovi integratori che mentalmente mi spediscono a tremila all'ora nell'atmosfera, ma fisicamente si scontrano con una stanchezza insuperabile.
La testa mi duole, e vorrei trovare riparo in un luogo dove i miei pensieri non vengano colti nè intaccati.

I capelli sono cresciuti e cresceranno ancora.

Avrei dovuto studiare, ma oggi tutto il resto ha avuto la precedenza, e da domani non può più essere così.



GLI STRASCICHI DELLA VECCHIA PROFESSIONE



Le impellenti scadenze per l'anno di imposta passato fanno rimergere la vita passata.
E la burocrazia di ben dieci anni non è roba da poco.
Mi travolge.
E mi sento sopraffatta, al solito, da mille pensieri.
Ho sentito i vecchi colleghi di una vita che non mi manca, e ascoltato dinamiche che guardo con un distacco che quasi mi spaventa.

Ho recuperato, catalogato e ordinato una serie di dati, e li ho trasmessi a chi dovevo.
Non ho ancora finito.
Ho fatto un altro piccolo passaggio di consegne, e mi sento davvero come quello che corre e passa il testimone a quello avanti che comincerà a correre al posto suo.
Non che io non continui a correre, ma lo faccio su un percorso diverso, per certi versi più stimolante, per altri semolicemente più rasserenante, ma non meno difficoltoso.

L'angoscia per il futuro ha lasciato il posto a una enorme stanchezza.
In questo il nuovo lavoro ha cambiato le mie precedenti prospettive di vita professionali.
I miei ritmi vitali.

Sono tornata da lavoro e mi sono rimessa al lavoro, dunque.
Ho aperto poco fa la terza birretta, e ho mangiato un piatto di pasta, per compensare il digiuno sostenuto amaramente a ora di pranzo, passata davanti a uno schermo a sgranocchiare un pacchetto di crackers.
Mentre scrivo ascolto il podcast di un programma radiofonico che mi piace molto e non ho più modo di seguire.
Lo ascoltavo quando uscivo la sera, al rientro a casa.
Una vita fa.

Cosa importa alla fine?
Quanto ci si riesce a rasserenare l'un l'altro, se ci si riesce, nonostante tutto.
Quanto può esserlo la vista di una spiaggia esotica, o immergersi in un bosco che profuma di selvativo.
Quanto ci si riesce a stringere, invece che ad allontanarsi.








venerdì 21 settembre 2018

DEMENTIA & SUSHI


Sono a letto, abbracciata alla mia stanchezza.
Ho messo su un film demenziale, e ho copiaincollato su whatsapp l'ordine solito per il sushi.
Incluse le patatine fritte.

Non sono dove vorrei essere.

E questo film è veramente dannatamente demenziale.
Ho fame, e il ragazzo del sushi è in ritardo.
La birretta che sto bevendo si è già scaldata...

Domani che non lavoro e se tutto va bene mi dedico al mare, alla musica e agli amici e alla famiglia, dovrei anche trovare il tempo di studiare.

È giunta l'ora.

Di nuovo.



giovedì 20 settembre 2018

IL SENSO DELLA STORIA E DEL SOPRUSO


Oggi è uno di quei giorni in cui rientro da lavoro piena di emozioni.
E a scriverne mi tradirei, e tradirei la responsabilità cui sono devota. 

Eppure questo strascico di emozione vorrei rammentarlo appuntandolo qui, che io sola sappia, che io sola possa attingere a questo piccolo frammento di memoria, quale testimone indiretta della storia e del sopruso.

Di case che sono esistite, e che, andate distrutte, sono risorte sulle proprie macerie. 
Di mobilio vandalizzato e della pelle del divano martoriata dai coltelli. 
Di terribili soprusi perpetrati ad armi impari. 
Della rabbia che sopraffà il dolore e ciononostante non riesce a tramutarsi in sciocca vendetta. 
Delle armi impari, così impari che fa rabbia, e una rabbia che non riesce comunque a tramutarsi in desiderio di vendetta, reclamando invece giustizia. 

Ho un groviglio di sentimenti che emerge dalla memoria della giornata, e mi sento grata di avere avuto l'occasione di attingere a piene mani dalla storia, invece di leggerla su carta stampata. 

Sono una persona privilegiata. 






martedì 18 settembre 2018

IL TRAGITTO PER ANDARE A LAVORO



Il tragitto per andare al lavoro comincia dal letto di casa.

Non preparo più il caffè  al mattino.
Trascino i piedi sul parquet dal letto sino al bagno, per fare una doccia rapida.
I capelli restano umidi sino al lavoro.
Spalmo la crema sul viso, stendo un filo di trucco e spruzzo sui polsi un'acqua profumata, con automatismi tali da non rendermene quasi conto.
Mi vesto, nel contempo, senza pensare troppo a cosa mettere.

Predispongo le borse per la giornata, penso al pranzo da portarmi, talvolta mi fermo a comprare un dolcino in pasticceria.
Mi porto lattine di coca cola, per la caffeina e lo zucchero: la mia nuova droga.
E pensare che se la bevevo una volta l'anno, prima, era già tanto...

Scendo in strada e cerco con gli occhi l'auto, chè non mi ricordo mai dove l'ho parcheggiata.

Afferro il volante, metto in modo, oltrepasso rotonde, semafori, ponticelli, cavalcavia; faccio slalom esagerati sulla stradina di campagna di raccordo con la strada di lavoro, che percorro solitaria all'andata e al ritorno, per far prima.

Guardo la campagna che si estende, sempre diversa, sotto i primi raggi di sole, o gli ultimi, come fosse un mare verdeggiante e scuro, un surrogato che conforta gli occhi, ma sconta limiti evidenti.

Mi mancano gli affetti.
Mi manca stringermi, nel letto, la sera.
Mi manca far la spesa e dare l'acqua alle piante.
Guardare come crescono i limoni sul balcone, e gli altri frutti che maturano.
Mi manca tutto, in questo contesto.
Eppure vado avanti, avviandomi sul percorso per il lavoro e confidando che qualcosa cambi sempre in meglio.

Perché adesso non è meglio, ma solo un periodo necessario di transizione, cui devo far fronte a denti stretti.





domenica 16 settembre 2018

LIBRI E VITAMINE


Libreria e farmacia, ecco le imcombenze del week end su cui questa domenica sera si accinge a calare il sipario.

Nel novero dei nuovi obiettivi, ce n'è uno che si approssima, e per farvi fronte occorre, ancora una volta, studiare fortissimamente.

Mi mancano il tempo e le energie, ma i libri li ho presi, le vitamine debbo cominciare ad assumerle, e a mordente e tenacia non sono scarsa.

Non è facile, ancora una volta, incastrare vita privata, lavorativa, tempi e ritmi imprevedibili, dinamiche contorte, uno studio di alto livello.

Non è facile sopportare la distanza.

Non è facile, ancora e di nuovo, abbracciare quesfo sacrificio, privarsi ancora una volta di tutto per puntare a qualcosa di più.

Ne vale la pena?

Si, ne vale sempre la pena di spingersi oltre.

Di ruotare la testa verso il sole, invece di attendere che qualcuno sposti autonomamente il vaso nel quale affondiamo radici contorte.

Crescere, maturare, raggiungere il massimo grado possibile di sviluppo psico-fisico nel breve lasso di tempo concessoci.

Fare tutto, farlo al meglio, farlo al tempo giusto.

E non consentire alle persone giuste e al momento giusto, di scorrere via senza essere valorizzati e vissuti nel modo corretto.

Amando ciò che accade, nel momento in cui accade.





martedì 11 settembre 2018

UN PALLINO BLU


Scorre sulla mappa, delinea il mio tragitto.
Un pallino blu sul navigatore, una piccola luce mobile che si muove decisa verso una direzione.
Ci sono tante strade attorno, ma io ho deciso quale percorrere, e non mi sposto da lì.

venerdì 31 agosto 2018

AMBRA E LEGNO


La mia casa - quella nuova - profuma di ambra e legno.
La vecchia è ormai disabitata da cose, persone e sentimenti.

Ciò che c'era, non esiste più.

Mi sento una vagabonda in cerca di stabilità.
Una stabilità che davvero fatico a trovare, nonostante tutto.

Torno a studiare, intanto.

Per nuove cose.

Una vita, quando ho tempo di riflettervi, mi sembra sempre troppo poco per imparare tutto ciò che c'è da sapere.

Eppure, poco prima dei 40 anni, questa vita mi ha regalato una nuova prospettiva di vita.

Ho percorso una carriera dal principio alla fine e ora me ne ritrovo avviata un'altra.

Da percorrere, anche questa, fino alla fine.

Ci sono, tra le righe, ma vorrei farmi frase, avendone l'energia.

Mi manca, al momento.

Sono le conseguenze degli assestamenti.

È la fluidità della vita, che trova spazio fin dentro le fessure più remote, sino a riempirle.




giovedì 9 agosto 2018

DELLA PARCA CENA E DELLE ALTRE FIGLIE DEL LAVORO D'AGOSTO



Nel poco tempo che mi avanza, scrivo cose nella mente e dedico pochi pensieri al cibo.
Mangiare è diventato un optional.
Mi sono fatta un piatto di pasta ieri sera, ed era una settimana circa che non la mangiavo.

Sono molto dimagrita.
Il che interessa pressappoco a nessuno, eccetto mia madre, che non mi ha mai vista come in questo periodo.

Bevo una birretta fresca quando rientro da lavoro.
Ogni giorno.
E' diventata una sacra abitudine.
Accompagnata da bustone di patatine plastificate dorate.
Mi pare un lusso, in questo agosto torrido, ai confini del mondo che sono l'attuale centro del mio mondo.

Non guardo più la luna, che mi ha ingannato.
Non riesco più ad alzare gli occhi.
O forse solamente non mi interessa.
Probabilmente è solo la nausa per inganni e fingimenti, e la luna non c'entra nulla.

In questo poco tempo che mi avanza, prendo appunti ed elaboro selettivamente degli spunti da sviluppare.
Devo sostituire il tubo del gas, che si è lesionato e perde.
E tra poco devo chiamare il ragazzo del sushi, che scioglierà il dilemma della cena.

Lavorare ad agosto è così.
E non so immaginare cosa mi aspetta al termine di questa stagione assorbita dal lavoro.

Un lavoro bellissimo, in cui un apporto umano significativo riesce a fare la differenza, in cui giorno dopo giorno imparo nuove cose sulla natura umana, esplorando il mondo da un territorio di frontiera.






martedì 7 agosto 2018

RITAGLI DI CIELO



Le sfumature del cielo scandiscono gli eventi salienti della giornata.
Incorniciate nel parabrezza sporco dell'auto, scorrono rapide nel percorso sino a casa.

La vita mi trasporta nelle sue storie infinite, che siano aderenti a realtà poco importa.
Sembra di avere la palla magica per scovare le menzogne.

L'aria calda brucia il respiro, lo affanna.
Cerco boccate di aria condizionata nei centri commerciali deserti, con gli sconti al 70%.

Il lavoro d'agosto è la terribile contropartita di un magnifico nuovo inizio, pieno di complicazioni di carattere umano ed esistenziale.

Mi cristallizzerei volentieri in una sottile lastra di ghiaccio per trovare refrigerio e spazio per pensare.

Il caldo mi annebbia.

martedì 10 luglio 2018

L'AFFANNO



L'affanno mi tiene un po' in piedi.
Si alterna alla stanchezza che contrasto con la caffeina di bevande varie ed eventuali.
Che poi, quel che temo maggiormente, é 
d'annoiarmi.
Che non mi piaccia più ciò che faccio, di rimanere intrappolata in una dimensione stretta e alienante.
A osservare il mondo dal forellino inciso su un pezzo di carta scarabocchiata.
Indagare la natura umana, mentre si é occupati apparentemente a far altro.
Indagare se stessi, mentre si indugia sul prossimo, che ha le medesime esigenze, e percorsi più o meno egualmente travagliati.

Sento forte la responsabilità di ciò che faccio.





lunedì 9 luglio 2018

UNA PORZIONE DI CIELO


Il terrazzino é la stanza che abito di piú in questa casa.
Affaccia su una porzione di cielo nero a forma di trapezio, dove brillano tre stelle, allineate come punte di un triangolo equilatero ideale, con la punta rivolta verso l'alto.
C'é una libellula che sbatacchia le ali avvicinandosi impunemente alla luce.
Una dimensione corale, cui sembra partecipare l'universo, e che si riduce inevitabilmente alla piccola unità che animo.

Mi soffermo poco nei giorni, faccio loro estrema opposizione.

Cerco di svuotare la mente per far spazio al nuovo, ma il vecchio la sovraffolla di continuo.

L'adattamento é anche questo.

Un brainstorming irruento che riduce in sintesi tutto ció che é stato e non sarà più.

Mai piú.

Ma che c'é stato e per ció solo continua a significare qualcosa.

Il futuro, anche quando porta oltre e altrove, e offre prospettive, non ha mai la capacità di estinguere il passato.
O di dare un senso al presente, senza un po' snaturarlo.


giovedì 28 giugno 2018

LA TERRA SOTTO I PIEDI, E LA DISTANZA DAL MARE


Gli infissi chiusi che affacciano sulla strada filtrano la musica della banda di paese che suona.
Il suono delle campane arriva un po' ovattato, eppure cristallino.

Le pale eoliche che spuntano all'orizzonte, tra la terra fertile ed il cielo incorniciato da nuvole basse e burrose, sono lo spettaccolo che si apre ai miei occhi sulla strada del ritorno.

La luce del sole é piena e con pienezza investe i colori della natura circostante.

Ho tanta terra sotto i piedi, come non ne ho mai avuta.
Il mare é distante, ma ne percepisco la presenza poco oltre l'orizzonte verdeggiante.

Esploro con gli occhi i passi che muovo nelle direzioni che desidero.

Rifletto a voce alta di infinite possibilità, quelle che questa nuova vita offre.


domenica 24 giugno 2018

GLI OCCHI IMMERSI NELLA LUNA



La mente rivolta verso l'alba.

Voglio spegnere ogni tensione ed ogni fastidio, placare il battito del cuore, e concentrarmi solo sull'aria che respiro.




venerdì 22 giugno 2018

HO IMPARATO TANTE COSE


Sono stata vivacemente stimolata, in queste settimane.
Sono stati piantati semi nella terra scura, le zolle fresche lavorate a mano per fare spazio a nuova vita.
E dove c'era già una solida pianta, ho realizzato innesti di nuove idee.

Ho sospinto la mia personalità nel suo svolgersi, senza troppi pudori.

Ho lasciato che emergesse il mio nome, che mi stringessero la mano, ho accolto sorrisi e apprezzamenti inaspettati.

Ho appreso nuovi metodi.
Ho corretto parzialmente le sbavature, mentre cercavo di raffinarmi.

Si é cristallizzata una prospettiva che sino a ieri sembrava talmente inconsistente da non essere reale.

E se ne sono aperte altre.

Le percorrerò?

Sarò in grado?

Fin dove voglio spingermi?


lunedì 11 giugno 2018

LA FOLLA DELLE OMBRE


Si affollano le ombre, e sono tante.
Ogni resistenza viene smorzata dalla forza di queste ombre scure, che si trascinano da anni, e cui vengono dati in pasto rabbia e risentimento, in un vortice di colpe e responsabilità surreali addossate costantemente agli altri.
Nulla che esista davvero, ma che nutrito quotidianamente in tal modo prende forma e sostanza.
Ed è una sostanza nera.
E fa spavento.
E fa prendere le distanze.

Ogni parola è vana.
Perchè su ogni parola parlata ce n'è una urlata che vuole sopraffarla.
In un estenuante e inutile guerra dalla quale l'unico sentimento forte che emerge è quello che induce ad allontanarsi.

Affaticarsi con i sussurri a contrastare la violenza delle parole urlate è un gioco perso, che non si può giocare.


domenica 10 giugno 2018

ACQUA SMERALDO E OCCHI CRISTALLINI


Il mare, la mia famiglia, gli occhi grandi e cristallini nei quali mi immergo, l'aria di casa, l'estate, la brezza marina, il cielo azzurro, il profilo dei monti, l'arco naturale della terra che si adagia lungo la costa.

Questo significa rientrare qui.

Appagare l'animo e gli occhi, dopo un necessario allontanarsi e vagare.

Un luogo, una radice, un coacervo di odori e colori che stabiliscono un legame essenziale.

Una staticità che non è stagnazione, ma un fluire lento e circolare.

Il divenire, cui ogni nuovo giorno offre nuovo impulso.




martedì 5 giugno 2018

UN GIORNO LIBERO


Nel giorno di libertà vorrei incastrare un salto al negozio dell'usato, al fai da te, alle poste, al mare.

Ho fatto il pieno di morbidissime coccole, che mi mancheranno, di nuovo, fino al prossimo rientro a casa.

Gli stimoli sono tali e tanti, questi giorni frenetici in cui apprendo cose nuove ed appassionanti...

Devo comprare i libri per ricominciare a studiare.
Per evolvere, immediatamente.

E poi, é giugno.

A settembre partono nuovi anni accademici e nuovi master.

E mai come adesso posso permettermi di studiare quello che più mi piace.
Senza costrizioni o pesantezze.






venerdì 1 giugno 2018

STACANOVISTI


Lo sono?
Ai blocchi di partenza lo scatto é rapido, quasi uno strappo.
L'apnea nella quale mi sono esercitata una vita la uso per conservare il fiato e distanziarmi quanto più possibile da chi corre, a passo diverso, alle mie spalle.

Mi espongo, con una certa vivacità e franchezza.

Continuo a correre.

Continuo a prepararmi, per farmi trovare pronta, nel caso, al momento giusto.

Ho poco tempo per stabilire i nuovi obiettivi, che sono un po' più alti.
E nonostante ció mi paiono più alla portata.
Devo studiare tanto.
Tanto di più.
Sto predisponendo la bibliografia delle letture e del nuovo studio.

E correre.
Aumentare lo scarto tra me e gli altri.

E quindi si.
La risposta, oggi, é si.

Sono diventata ufficialmente una stacanovista.



mercoledì 16 maggio 2018

L'ULTIMO ATTO ALL'ULTIMO RESPIRO



Come sempre, a cavallo dell'ansia galoppante, compio l'ultimo atto.

Che non è per davvero l'ultimo, ma ufficiosamente lo è.

Notturno, pure, perchè la professione dolorosa che ho esercitato sino ad oggi non conosce tregua, non ha orari, non ha malattie, gravidanze, turbamenti, ma solo guerre.

Le parole circoscrivono polveriere pronte ad esplodere, ma da oggi mai più.

Da domani ancora meno.

Una volta è per sempre, dicono, e questa frase mi suona nella testa come una vecchia canzone.

Questa professione che ho tanto amato mi connoterà, suo malgrado, per il resto di questa vita mutevole ed imprevedibile.

Ed anche in quest'ultimo gesto che compio, nelle ultime righe che traccio, non ci sono perplessità nè turbamenti.

E' solo una vecchia abitudine, questo scrivere rapido e tagliente, che tento invano di ricacciare nelle tenebre.

Un'abitudine che stento ad abbandonare, e che non mi abbandona.

Perchè mi appartiene, e mi smuove le viscere, e mi scuote da dentro, e mi fa sentire così viva, anche se sono così stanca da svenire.

Non ho tempo di respirare, eppure, tra una parola e l'altra, mi ritrovo qui a scrivere.

Il tempo di questa vita mi concederà ancora di poter scrivere come vorrei?

E di poter evolvere in altro ancora?


lunedì 14 maggio 2018

FUTURO ANTERIORE


Se il tempo é una spirale di eventi che si attorcigliano su se stessi, io sono la biglia di vetro che percorre le sue curve, riflettendo le atmosfere circostanti.

Se lo spazio é una sensazione di distanze, scorcerò la lunghezza di ogni strada percorrendola.

Se il passato lentamente svanisce, ed il futuro dipinge di colori i giorni a venire, é il presente ad accogliere il sunto di ciò che ero e che sono diventata.

E nel presente viaggerò speranzosa, nell'attesa di riunirmi.


lunedì 7 maggio 2018

CANCELLARSI



Ho formalizzato, il più tardi possibile, la chiusura di un percorso lavorativo ultradecennale.
E mi dispiace.
Sento il cuore che si stringe, e un groppo in gola che fa male.

Comincio a mettere via un corredo di oggetti ormai inutili, per una professione che non svolgerò più, ma che mi segnerà per sempre.

Ho predisposto un passaggio di consegne, che ho tardato sino ad oggi a concretizzare veramente.

E' solo lavoro, è vero.
Non è stato soltanto un lavoro, però.
E' davvero un pezzo incredibile di vita.
Della mia.


Domani è l'ultimo giorno di questo stramaledettissimo lavoro, amato e odiato, sacrificato e senza uno straccio di tutele.

Tutele che mi sono impegnata a trovare altrove, abbracciando una prospettiva di vita più stabile.

Mai, davvero, avrei immaginato di cancellarmi.

Eppure lo sto facendo.

E' notte, ma mi sembra già mattina.

E domattina la forma prevarrà su ogni sostanza.


domenica 6 maggio 2018

UN PIATTO D'ALICI, UN CALICE DI VINO, UN VASSOIO DI LEGNO


Questa la natura morta che ho composto alla destra del mio campo visivo, sdraiata sul letto nella sua tuta, di domenica sera.

Le emozioni sono state tante, tali e contrastanti...

La nostra vita sta per cambiare radicalmente, manca davvero pochissimo ormai.

L'angoscia sta gradualmente lasciando spazio ad altri sentimenti.

Emerge la forza.
Emergono caparbietà e tenacia, come sempre.

Tutto andrà bene.

Tutto tutto.

Il mio ottimismo é un attimo annaffiato da un delizioso grechetto, ma vale uguale.

La mia vita sarà al sud.

Qualità della vita alta, qualità del cibo altissimissima, mare, sole, gente che parla dialetti diversi dal mio.

La sua vita sarà al centro-nord.

Qualità della vita alta, qualità del cibo buona (ma che prezzi!), niente mare.

Viaggeremo.

Cogliendo il lato migliore della vita che ci attende.

La burocrazia, al momento, precede la fase delle delle valigie.

Ed é tanta da far spavento.

Ogni giorno succedono cose.

Entriamo nell'ottica del viaggio per necessità.

Continuerò a studiare.

Lavorero come una matta.

Farò l'impossibile, ancora una volta, per eccellere.


Nel contempo, per inciso, mi hanno chiesto di partecipare ad un progetto musicale.
Si é aggregata altra gente.
Si sono aperti due canali con gente diversa.
Due potenziali e distinti progetti.
Ho proposto qualche pezzo che ho scritto.
E coverizzo, tra gli altri, Robert Plant.
E quando lo faccio é meraviglioso.







sabato 21 aprile 2018

LA CHITARRA A COLAZIONE


Ho ripreso a suonare con un gruppo di amici.
Qualche cover, e qualcuno dei miei pezzi, arrangiato per la prima volta con tutti gli strumenti.
Sintonia immediata (e inaspettata, davvero) sin dalle prime note.

Stamattina ho messo a fare il caffè che avevo già imbracciato l'acustica.

Il quaderno su cui appunto i pezzi é ormai al limite.

Ce n'è uno che comprato tempo fa, che é enorme e bellissimo.
Potrebbe diventare il libro della musica, da tenere a casa, per mera consultazione e per ricordo.

É talmente grande che non andrebbe, aperto, nemmeno sul leggio.

Insomma, ho ripreso la musica, e sono contenta di avere il tempo e la voglia di dedicarmici.


venerdì 20 aprile 2018

C.F.A. E LA GUERRA SINO A QUI


Ma tu te la ricordi la guerra che hai fatto sino a qui?
Quella contro i lupi famelici?
Quella contro gli avvoltoi che ti credevano carogna?
E che, alzandoti in volo da terra, hai abbattuto, staccandogli le penne una ad una?

Te lo ricordi quando tutto é cominciato, quando hai risalito la vertigine dell'abisso e quando l'abisso si é tramutato in altezza?
Te lo ricordi, c.f.a.?
Te lo ricordi quanta fatica é costata arrivare sino a qui?

La guerra non é finita, ma la tua esperienza, da filo spinato, si é fatta trincee ed accampamento.
Le tue vittorie sono avanzate sul campo di battaglia, pur disponendo di armi apparentemente inferiori.

E non ti frega nulla della rivalsa.
Non te ne é mai fregato un accidenti di nulla.
Perché al piú quel desiderio ti é servito per nutrire il mordente, ma non é mai stato punto d'arrivo.

Il punto d'arrivo é il prossimo obiettivo, finché non sarà raggiunto anche lui.




E NELL'ATTESA VADO AL MARE


Mi sono svegliata presto, le zampe morbide e la pelliccia lucente di fianco.
Ho messo un suo pantalone nero di tuta e sono scesa al mare.
Otto chilometri di passeggiata veloce sulla sabbia bagnata, e poi l'asfalto e i marciapiedi attraversati per tornare a casa.
Ho sentito un'amica e le ho proposto di mangiare un panino in spiaggia.

É un venerdì di attesa.
Uno degli ultimi.

É aprile, ma oggi era estate.
La sabbia chiara sotto i piedi, l'acqua cristallina, il primo tuffo, un bagno di sole...
Le ore di luce sono volate.

Sono tornata poco fa, e sto meglio.
Sto bene.
Il mare é la mia cura.
E non c'è volta che non sia così.




mercoledì 18 aprile 2018

LA RISTRUTTURAZIONE


Ho comprato un bel vaso di stucco da esterni e uno da interni, e ci  ho riempito, in questi giorni, tutte le fessure e le crepe di casa.

Dentro e fuori, adesso, ci sono aloni bianchi sui muri che presto verranno coperti da pittura e vernici candide.

Nei soliti negozietti di usato e antiquariato, che visito volentieri in Italia e all'estero, ho trovato diverse cose molto carine.

Tra queste, a parte le solite ceramiche dipinte a mano, ho trovato un meraviglioso pomello di pesantissimo ottone finemente lavorato, che monterò sulla porta di legno massiccio della casina nel verde che da qui a qualche anno mi piacerebbe costruire o recuperare con le mie manine laboriose.

Stavo considerando di rimettermi immediatamente a studiare, mettendo in cantiere altri obiettivi, ma credo che il riposo che il mio corpo richiede, al momento, mi imponga di rimandare.

E cosí farò.

La mia famiglia ha accolto con entusiasmo il traguardo che ho raggiunto, e guarda con meno diffidenza del solito ad altri progetti che vorrei intraprendere o che continuo a portare avanti.

Ho seminato e costruito, anche quando il terreno era arido e il vento forte sgretolava i miei piccoli manufatti.
Finché il terreno non é divenuto fertile, ed il vento meno sferzante.

Ho ancora difficoltà a realizzare quanto la mia vita sia cambiata e cambierà radicalmente a stretto giro.

Mi sento ancora sopraffatta.

E credo sia davvero soltanto qualche rimasuglio di stress che non riesco a smaltire, come quelle tossine che restano aggrappate al corpo e non si riescono ad espellere.

Ho poco tempo, e ancora troppe cose da fare.





lunedì 16 aprile 2018

LA FRITTATA DI SPAGHETTI


Mi ha chiesto se sapevo fare la frittata di spaghetti, e se avevo voglia di prepararne una per pranzo.

Mai fatta in vita mia, gli ho risposto.

Ha chiamato la madre per farmi dare la ricetta originale napoletana.
Ovvero, 400 grammi di spaghetti, 7 uova, molto parmigiano e pure il pepe.

Voleva che non alterassi la ricetta originale, ma il mio piccolo giardino aromatico sul balcone era così rigoglioso che ho pensato di aggiungere qualche nota di verde.

Sicché, la ricetta della mia prima frittata di spaghetti alla napoletana é stata doppia: classica, come sopra, e con variazione sul tema.

Ho messo a bollire l'acqua, messo l'olio in una padella (dalla quale ha rimosso il trito di cipolla rossa, per renderla aderente alle indicazioni della madre), e dell'olio anche nell'altra, cui ho aggiunto cospicuo trito di gustosa cipolla rossa, prezzemolo e mentuccia appena colti, erba cipollina essiccata.

Ho sbattuto le uova in un grande recipiente con il parmigiano grattugiato, e ci ho messo dentro gli spaghetti cotti al punto giusto, riversandone metà in una padella, metà nell'altra.

Abbiamo divorato la frittata con variazione, con "croccatura" adeguata e soddisfacente, come é ben visibile dalla foto.


La frittata di pasta classica é stata assaggiata per capire se fosse rispettosa della versione napoletana, poi smangiucchiata, sino a fermarci a metà, perché l'ultimo pezzo deve portarselo lui domani per merenda, in viaggio.


Mentre continuiamo a portare avanti ogni tipo di attività condotta sinora (siamo agli sgoccioli, a breve il salto nel buio), sistemo casa (ho comprato un vaso di stucco da estermi ed uno da interni, l'uno quasi terminato, l'altro insufficiente) e fantastico sui prossimi passi.

Passi più leggeri.

Più sognanti.

Come non me ne concedo da almeno vent'anni.

Suppongo che sapere la direzione che si é definita nella mente aiuti.
O forse é solo la lucina che si é accesa nel buio percorso a dare risalto alle proiezioni possibili del passato che ho costruito.

Mi piace pensare che so, in questo esatto momento, in quale direzione navigare.
Vedo già gli isolotti da lontano, che galleggiano su un mare cristallino.




giovedì 12 aprile 2018

PEDALANDO TRA I VIGNETI


Il tempo, fuori dalla finestra, é terribile, il cielo una distesa di nuvoloni grigi.

Scendo le scale di legno che scricchiolano, l'odore di legna che brucia nelle narici, e arrivo nella sala da pranzo, dove trovo il proprietario della struttura.

La sera prima ci ha offerto il delizioso vino di sua produzione, offrendosi pure di prestarmi la bici della moglie per fare un giro nei dintorni.

Non é mancato alla parola.

Ha controllato il meteo per l'uscita, e mi ha dato questa biciclettina ed un caschetto da indossare (talmente leggero che la sua utilità non mi pare coniugarsi esattamente con l'obbligatorietà imposta per legge).

Ho pedalato per circa 16 km tra distese verdi e vigneti a perdita d'occhio, con il timore costante di essere sorpresa all'improvviso dalla pioggia e di dover tornare indietro prima di arrivare a destinazione.

Il vento, sulla strada, mi é sembrato opporre meno resistenza.
Mi é sembrato non contenere più la violenza delle avversità della vita, e mi é sembrato di opporvi meno resistenza anche io.

Sono arrivata alla cattedrale, e mi sono affacciata sullo scorcio medievale alle sue spalle.

Per affrontare il viaggio di ritorno, ho comprato un dolcino in panetteria.
Un signore anziano mi ha dato a parlare ("ah, italiana!"), ché un mondo intero ha da dire sul nostro paese, ma gli italiani fanno sempre simpatia.

Oggi dovrei spostarmi a piedi, nel paesino a due passi da qui, dove forse c'è un piccolo mercato dell'antiquariato, una panetteria, e altre distese di vigneti.

Forse piove.

E in fondo, che importa.



martedì 10 aprile 2018

LA VITA MANCATA CORRE SULLE ROTELLE DELLE VALIGIE DA DISFARE


Eccola la vita mancata.
Quella in terra straniera, dove però in fondo siamo entrambi sempre stati di casa.
Quella che poteva essere una vita alternativa e che invece vivremo ormai da turisti, quando ne avremo voglia.
Le valigie sono fatte.
Le valigie vanno disfatte.
Faremo delle borse, adesso, per spostare le nostre esistenze lungo altre direttrici.
Non sono più valigie, però.
Manca loro l'agonia degli addii.
La nostalgia di ciò che si perde per guadagnare qualcosa di nuovo e di buono.
Di migliore.
Ci sorridiamo, con le valigie sotto le mani, separati dalla gente che affolla il tram.
Ci sorridiamo e ci guardiamo e non esiste niente altro.
Solo il mondo che scorre oltre il vetro, e intorno a noi.

venerdì 6 aprile 2018

VENT'ANNI E DERMATITE


Oggi tre persone diverse, in luoghi diversi, mi hanno dato vent'anni.
Ventitré.
Venticinque.
Ventisette.

Me lo voglio scrivere, a futura memoria, che fa sempre bene allo spirito e all'autostima.


Stamattina mi sono svegliata alle 7 pensando che fosse meraviglioso rimanere a letto fino a tardi, e cazzeggiare tutto tutto il giorno.
"Alzati, che é tardi!"
"Ma é sabato", ho risposto, tra le nuvolette sognanti dei progetti per la giornata.
"É venerdì. Dobbiamo partire tra mezzora", con una accentuata serietà.

Quando ho capito che non stava scherzando, mi é cascato un macigno sulla testa.

A fine giornata, appena rientrati a casa, dopo un pranzo luculliano e chilometri di strada passeggiata e chili di parole, osservo l'accenno di dermatite sul viso.
Sarà stato il sole?
Allergia?
Non lo so.
Non mi frega poi molto, passerà.

Mi sento affaticata, ed ancora sono fuori forma, dopo mesi di inerzia, e probabilmente le mie difese immunitarie sono basse, in questo cambio di stagione.

Domani l'alternativa é tra la passeggiata al mare al mattino ed il trekking in montagna.

La decisione, al solito, é rinviata al mattino.

Cerco di contrastare questa stanchezza con l'attività fisica, e come sempre funziona, perché in linea di massima sto meglio.



mercoledì 4 aprile 2018

DOVE SARÒ DOMANI


Il luogo é sconosciuto, al momento.
So cosa mi aspetta, orientativamente.
Un salto nel vuoto.
Un nuovo lavoro.
Una nuova vita.
Un nuovo contesto sociale nel quale inserirsi.
Nuovi colleghi.
Prospettive di carriera automatiche e non solo.

Continuerò a studiare, suppongo.
Anzi, questa é una affermazione che ha più il sapore di una certezza che di una supposizione.



Sono ad un nuovo punto di partenza, sopraffatta da sentimenti di ogni sorta, inclusi i peggiori.

Un nuovissimo, stimolante, spaventoso inizio é dietro la porta, e la mia mano é timorosa sulla maniglia, che cede per lasciarsi aprire.

La vita di prima é dietro le spalle, e non ne sento nostalgia.
A parte un briciolo di amarezza per avere dato il massimo in un contesto divenuto giorno dopo giorno più degradante, senza ottenere i riscontri necessari per trattenersi oltre.
Va bene così.
É stato un percorso necessario.

Sono già oltre.







mercoledì 28 marzo 2018

PER L'ULTIMA VOLTA


Ero in bagno, quando la notizia é arrivata.
Di mattina presto, mentre mi preparavo per andare a lavoro.

Ho letto di sfuggita dal cellulare.
Ho sgranato gli occhi, non mi é uscito che un filo di voce.

Ho chiamato i miei genitori.

Sono uscita di casa con circa mezzora di ritardo.
Ho percorso 40 minuti in auto, cercando di realizzare.

Poi sono scoppiata in lacrime, mentre dicevo a me stessa "ce l'ho fatta".

Per l'ultima volta, ho percorso quella strada per andare al lavoro.

Resto in Italia.
Non so ancora dove sarò, di qui a breve, ma so che in questo paese, al momento, é segnata la nuova traccia da percorrere.

Una traccia completamente nuova.

Ho un groviglio di sensazioni contrastanti che é divenuto un groppo in gola.
E probabilmente per scioglierlo debbo solo destressarmi un po'.

Un ciclo durissimo della mia vita si é chiuso.

Ne comincia un altro.

E a me mancano le parole per descrivere quanto mi senta spiazzata, in questo momento.

Mi mancano le parole.



mercoledì 21 marzo 2018

TRAVASARE


Ho aperto il boccione di vino che ho comprato, e lavato e messo ad asciugare una bottiglia di vetro per travasarlo.

Queste operazioni sono essenziali per mantenerlo inalterato e conservarlo, e solo una brava campagnola e cuoca come mia madre sa farle alla perfezione.
Io mi limito ad eseguire alla lettera le istruzioni, interponendo virgole alla perfezione di cui non sono capace.

Sono convinta che abbia un libro segreto nascosto da qualche parte, nel quale ogni generazione della sua famiglia ha appuntato tutti i rimedi e i consigli per vivere bene, mangiare come si deve, campare cent'anni.
A parte il quadernino dei dolci, su cui appunta ricette da che era ragazza, in bella grafia, non ho trovato altro, in realtà.

Sto già cenando, e mi sembra notte fonda.
É sempre così quando torno tardissimo da lavoro e pranzo alle 15.00.
Che poi oggi solo un piatto di lenticchie con olio e sale.

Questo vino é davvero qualcosa di eccezionale.
E ancor più eccezionale é il prezzo ridicolo al quale l'ho acquistato.
Perché comprare vino sfuso dal produttore significa abbattere i costi per tutti, anche per l'ambiente (meno bottiglie, meno etichette, meno tappi).

E per quel che vale, vale molto.


CHIUDERE LE PORTE


Mi guardo intorno, e mi sento scintilla tra la cenere.
Le dinamiche svelate, quando non sfacciatamente esibite, al lavoro, mi danno il disgusto.
Solo la speranza di un distacco da questa placenta, per nascere in una nuova vita, mi consente di respirare.
Io qui non c'entro nulla.

Ho chiuso del lavoro che mi trascinavo sul groppone mio malgrado da tempo.

Un'altra porticina é chiusa, dietro le mie spalle, insieme ad altre che non mi interessa piu varcare.

Mi avevano aggiunto ad un inutile gruppo su WhatsApp.
Milioni di notifiche ed emoticon e domande e risposte di estranei con cui non mi interessa scambiare nemmeno l'aria che respiro.
Sono uscita e l'ho rimosso senza troppe spiegazioni.

Per chi mi ha conosciuto in certe fasi della vita, questo modo di fare é compatibile con il mio carattere.
Per chi mi ha conosciuto in piena attività sociale, invece, deve sembrare strano.

C'é la neve come quando ero bambina.
Proprio allora.
C'é la neve, ancora, ed è una nuova fase che comincia.
Migliore di quelle prima.


lunedì 19 marzo 2018

DISTESE DI VIGNETI


Ho lavorato abbastanza oggi, e anche se debbo ancora finire, resta poco da fare, ormai.
Nel pomeriggio, dopo pranzo, mi sono concessa di accompagnare mia madre a comprare del vino.
Il che è significato farsi mezzora di viaggio per andare in un posto a cavallo tra fiumi e montagne, immerso in distese di vigneti, per procacciarselo direttamente dal produttore (un signor produttore).
Lei ha comprato una quantità abnorme di vino, a un prezzo incredibile.
I miei modesti e onesti 6 litri di rosso locale barricato li ho presi anche io.

Il produttore, che è anche proprietario, dispone di una distesa di terra non indifferente.
E' un'azienda ben avviata, la sua, e rinomata.
Eppure pare che la famiglia non trascorra con piacere del tempo lassù, in mezzo al verde e ai vigneti.
Certe attività si svolgono per passione, ed è difficile tramandarle di padre in figlio.
E lui la sera rientra a casa, in città, per stare con la famiglia.

Allungarmi a prendere il vino ha comportato rinunciare ad andare a fare la spesa, oggi.

Se apro il bottiglione debbo travasarlo, altrimenti si perde.

L'alternativa è dare una festa a casa, e consumarlo in serata, così certamente non si perde.

Stasera c'è un bel festone in piazza, in un paese qui vicino, di quelli che sempre organizzano qualcosa per il giorno della festa del papà.

Mi piacerebbe moltissimo andare, ma l'indolenza è tale da demotivarmi ad uscire.

Non credo di avere mai fatto così tanta vita ritirata come negli ultimi mesi, un po' certamente per necessità, e adesso... ugualmente per necessità.

Sento la necessità di tenermi un attimo in disparte.

Ecco tutto.





domenica 18 marzo 2018

IL TEMPO LIBERO E LE PULIZIE DI CASA


I nuovi mobili che ho comprato l'altra settimana non avevano ancora trovato collocazione efficace.

L'armadio che incombeva sul letto mi ha messo ansia per un'intera settimana.

Mi disturbava la vista vederlo davanti la porta, pure.

Ho cambiato tutto, quindi, e va meglio.

L'ordine esteriore mi calma, e in un periodo del genere ne sento particolarmente il bisogno.

Trovavo più riposante per lo sguardo, però, il vecchio mobilio di prima.

Quello arrangiato e recuperato.

Forse é solo una questione di abitudine, ma questo lo capirò con l'uso quotidiano.

La rucola e gli spinaci che ho messo sul balcone sono di giorno in giorno più verdi e più rigogliosi.

Mia madre dice che avrebbero bisogno di più spazio, ma mi faccio bastare quel che ho.

Per completare la piovosa giornata di oggi - tempo libero rubato alla montagna, completamente coperta da nubi - dovrei caricarmi in spalla le cose rotte e portarle giú per buttarle.

Dovrei fare almeno altre due o tre lavatrici, ma gli stendini sono pieni, e fuori piove, governo ladro.


Ho pulito casa, raccolto non so quanta roba da terra, provato a fare un po' di ordine, ma ancora é tutto abbastanza fuori posto.

Mi sembra di ripetere all'infinito sempre gli stessi gesti, dentro casa, e questa cosa mi stanca mentalmente più che fisicamente.

Avendo passato le ultime stagioni a studiare e lavorare, non mi sono resa conto di quanta roba invernale avevo messo da parte l'anno scorso e non ho usato per nulla.

Sto cercando di fare una cernita utile di ciò che debbo mantenere e di quello che invece deve finire nella spazzatura.

Se non fosse che questi stramaledetti tutorial su come riciclare anche i vecchi vestiti ti si mettono nel cervello e pensi di poter recuperare tutto.

Ad esempio, utilizzando vecchi vestiti per intrecciare/assemblare un tappeto per il salotto (il vecchio tappeto l'ho buttato, era davvero ormai inutilizzabile).

Nel frattempo, qualcuno che non é qui, ha scovato un negozietto di antiquariato e usato, nel paese dimenticato da Dio dove si trova adesso, e mi manda foto di mobilio in legno di inizio '900 a quattro soldi.

Non c'è spazio a sufficienza in valigia per tutto, purtroppo.

Mentre scrivo, ha smesso di piovere e un'altra lavatrice é finita.

Il tempo é poco, ed i lavori da fare a casa ancora troppi.

E non mi riferisco alle faccende domestiche, ma a lavori veri e propri.

Il forno cucina la mia cena, i termosifoni hanno asciugato parte del bucato di oggi, il cestello della lavatrice é pieno e attende di essere avviato.

Penso che con le faccende domestiche di ieri ed oggi sto a posto fino al 2058.



venerdì 16 marzo 2018

NELLA STANZA, DI VENERDI' SERA


C'è del lavoro arretrato non ancora smaltito.
Ci sono un paio di candele profumate accese nella loro casina di vetro e metallo.
C'è il mio riflesso mancante negli specchi.
E un esserino soffice e quieto che prima di fare il richiamo del vaccino, oggi, si è sfrenato a casa dei nonni, ed ora dorme rannicchiato vicino a me.

C'è un luogo, sul quale non so se fare affidamento per spenderci energie a fantasticare.

C'è il vassoio di legno sul letto, con sopra una birretta, ed un piatto con formaggio con pane raffermo, marmellata di mandarinetti giapponesi e pesto di radicchio, e una bisteccona di salmone che ho messo a scongelare.

Mi ha chiamato mia madre per chiedermi di andare a cena da loro, ma non mi va.

Questa piccola fiammella di solitudine che arde nella stanza mi scalda e mi trattiene qui.

E' l'ultima volta che siamo separati?

Chi lo sa.

L'ultima in paesi diversi, probabilmente.

Mi hanno chiesto di partecipare alla scrittura di un volume corale, e ho accettato entusiasticamente.

Mi sembra di assorbire questo silenzio, accompagnato dalle note della musica che suona, e di trasformarlo in nuova energia.



LA MEZZA SCELTA


Qualcosa, almeno nella mente, comincia a definirsi in un paio di direzioni.

La reductio ad unum è quanto mai complicata dagli eventi.

Ho lavato le scarpe per il trekking, perchè nel weekend vorrei immergermi nella natura e annientare ogni interferenza urbana.
La reflex è già carica.

Ho scartato delle idee che caldeggiavo per fare spazio ad altre, nuove.
Come quando si fa ordine in casa, buttando qualcosa che non serve più o che è logoro, e aggiungendo un pezzo nuovo, che rispecchia maggiormente il proprio gusto, e si ha piacere posarvi lo sguardo.
Ho abbandonato mentalmente dei luoghi cui la mente ed un buon ricordo si rifugiano, ma che probabilmente hanno esaurito il loro tempo ed il loro scopo in rapporto alla mia esistenza (e in termini di apporto ad essa).

Attualmente la mezza scelta riguarda un luogo, in Italia.
Un posto dal quale eventualmente ripartire da zero.
O quasi, perchè si versa ancora in un'incertezza pazzesca, e si attende, con il cuore in mano e un pezzo di fegato pure, al netto della salute spesa in questa impresa comune.

Oggi mi sono arrivate delle tasse da pagare e ho pensato che l'anno prossimo, di questi tempi, starò facendo qualcosa di completamente diverso.
Forse.
Lo spero.
E spero di non guardarmi indietro con malinconia, perchè non c'è nulla che mi trattenga oltre in questa dimensione.

giovedì 15 marzo 2018

UNO DI QUEI GIRI FUORI PORTA


Mi andava di vedere un posticino non proprio vicino, dove non ero mai stata.
C'é forse ancora un vincolo di sangue, laggiù, più con la terra e alcune tradizioni che con le persone.
Una terra di streghe, per la precisione.

Paura, eh?

A parte le leggende e le storie di paese, che sempre mi incuriosiscono, la verità é che a smuovere il mio interesse fin lì é stata una questione diversa.
Anzi due.
Ero curiosa di indagare quanto l'artigianato locale si fosse tramandato dai maestri ad oggi.
L'amara constatazione é stata che nulla o quasi sopravvive dell'arte antica di modellare e intrecciare materiali grezzi, tramutandoli in opere uniche.

Direte voi, ma che te frega?

Sono un'irriducibile sentimentale, per ragioni che riguardano principalmente la mia famiglia e i miei antenati, e quanto erano maestri in ogni attività che conducevano, e quanto il loro sapere sia andato in buona parte perduto con la loro morte.

La seconda questione riguarda una delle componenti fondamentali della vita e del benessere psico-fisico: il cibo.

Sono passata al forno del paese e ho preso dei prodotti tradizionali dolci e salati.

Le donne di questo viaggio meritano menzione: mia madre, una zia, una donna attempata ma energica che ci ha atteso sul posto e ci ha guidato nel percorso.

Finito il giro delle botteghe che mi interessavano, siamo partite alla volta di un paese limitrofo, famoso per una rinomata sagra e altri gustosi prodotti tipici locali.

Arrivate in piazza, siamo state introdotte al contatto per il formaggio.
Per chi non é avvezzo a queste cose, c'è da precisare che nei piccoli centri, spesso, é necessario intercettare l'intermediario con il produttore locale.
Certi prodotti sono talmente buoni, e così autentici e preziosi, che non ce ne é per tutti.
E non sono pubblicizzati o snaturati dal commercio, preservando inalterata la propria genuinità.

Siamo saliti un po' in quota, intercettando l'orario di rientro del gregge.
Ho comprato del formaggio delizioso, ed é già quasi tutto finito.

Dal punto di vista naturalistico, il territorio offre diverse opportunità, in quota, in superficie, nel sottosuolo.
C'é tanta acqua, pure.
Ho preso dei contatti con un'organizzazione locale per qualche escursione decisamente interessante.

Mi piacerebbe organizzarmi per tornare.



martedì 13 marzo 2018

LA CONTA ALLA ROVESCIA E PER ESCLUSIONE



Il filo dell'incertezza cui resto aggrappata si irrobustisce.
Ancora non so che ne sarà di me né quando esattamente lo saprò.
Sono tre stagioni che tengo in piedi tutto.
La casa, la famiglia, il lavoro, una relazione, un progetto di studio e vita comune, percorsi alternativi qui e altrove.
I viaggi degli ultimi mesi sono stati praticamente sacrifici per mantenere aperte piú possibilità in un periodo di estrema incertezza personale e di coppia.
E mai come adesso la stabilità per cui tanto abbiamo faticato ci sembra ad un soffio.
Ci sembra di meritarcela come mai.

Abbiamo attraversato una tempesta abbastanza impegnativa.
E possiamo dire di essere ancora qui.
Che programmiamo cose nell'attesa.
Che definiamo cose.
Che costruiamo cose.
In questo conto alla rovescia e per esclusione che dovrebbe riempirci di entusiasmo, se non fosse per tutta l'organizzazione e buona volontà che richiede.
Un concetto che avrei potuto tradurre come "sacrifici", in un'altra fase di questo percorso, ma che adesso assume una connotazione diversa.
Potrebbe esservi luce, alla fine del tunnel, e questo é il momento di individuarla e percorrere il tragitto in quella direzione.



sabato 10 marzo 2018

UN ARMADIO E UN TAVOLO


Sono i nuovi acquisti per casa.
Una casa che reclama ordine e attenzione, e che devo sistemare comunque, anche se potrei doverla lasciare a stretto giro.

Questi giorni sono al vaglio scelte esistenziali.

I luoghi, le persone, i soldi, sono le questioni fondamentali su cui ci si interroga.

Fare tutto compatibilmente con tutto é davvero difficile.


mercoledì 7 marzo 2018

PERCHÉ HO SORRISO


In breve, sono andata a lavoro, e una persona investita di notevoli poteri mi ha sbranata perché... stavo sorridendo mentre ascoltavo ciò che diceva.

"Lei sta lì con quel sorriso dipinto sulla faccia, ci ha preso tutti per stupidi? Pensa che non capiamo nulla di quello che facciamo? Ci sta prendendo in giro?"

Come ci si difende da persone dotate del potere di distruggerti che ti accusano senza ragione (se non per i fantasmi che affollano le loro teste) di fare cose che non fai, e pregiudicano il tuo lavoro come se non avessi diritto a viverci, di ciò che fai?

Ho risposto estremamente interdetta e seria che non ho mai pensato né detto nulla del genere, che non mi permetterei mai.

Sono cosciente del fatto che ciò per cui ho lavorato e mi serve per vivere mi sarà di nuovo tolto, come altre volte é accaduto.

Stavolta perché ho sorriso, ma sarebbe bastato qualunque altro pretesto.

Sono uscita da lavoro e ho preso l'auto, attenta a non finire con le ruote nelle enormi buche di cui é tappezzato il manto stradale.

Rientrata nel mio paese, sono dovuta passare nei pressi del centro storico per una piccola commissione.

La desolazione intorno mi ha ulteriormente avvilita.
Molti negozi hanno chiuso, le case per buona parte sono disabitate, per strada nemmeno una persona, eccetto me e le mie borse.
La situazione negli ultimi anni é precipitata oltre ogni aspettativa.

Sulla strada di casa, mi sono fermata da un vivaio a comprare delle piante aromatiche per il balcone.
Ho chiacchierato un po' con la proprietaria, che con estremo garbo mi ha consigliato come prendermi cura del verde di casa in questo periodo.
Abbiamo discusso di come il paese si sia svuotato, di come attività artigianali di tutto rispetto abbiano chiuso, del problema culturale locale che mina irrimediabilmente ogni speranza di rinascita.

Le mie sorti, al momento, sono legate ad un'attesa che nel giro di poco dovrà sciogliersi.

É un periodo di transizione, ed é doloroso.

Guardo al mio lavoro, e penso che é bello ciò che faccio e come lo faccio, perché l'ho scelto, ma poi mi scontro con il marcio, vengo sopraffatta e prevaricata da gente che non vale niente, e mi ricordo del perché ho impegnato gli ultimi mesi a cercare di guadagnare la possibilità di un cambiamento radicale.

E adesso lo attendo, con ansia e preoccupazione, e sentimenti non esattamente del tutto positivi.

Sono stati mesi difficili e ne sento il carico.

Anche se questa é l'ultima fase del percorso, é quella forse più logorante.

sabato 3 marzo 2018

SUL SILENZIO ELETTORALE


É da oggi che leggo di gente di ogni schieramento politico che si offende in modo pietoso sui social in merito al voto da esprimere.

Tutti contro tutti.

Inetti contro servi del potere.

Quelli con 11/10 di vista (a parer loro) contro i ciechi (sempre a parer loro).

Professoroni contro allievi loro malgrado, che la scuola l'hanno finita da un pezzo.

Intellettuali e giornalisti (o pseudo tali) contro l'uomo della strada che a parer loro non capisce niente (ma il voto é un diritto/dovere di tutti, senza differenza alcuna, e libero, come prevede la Costituzione di cui si fanno, pure, difensori).

La campagna elettorale che ciascuno (quelli che lo fanno, intendo) conduce indefessamente pure oggi sulle proprie paginette virtuali, come se scrivere fregnacce all'ultimo minuto potesse cambiare le sorti di queste elezioni, interseca la vicenda della maestra (cioé di una persona che di professione insegna ai bambini) che ha urlato cose contro le forze dell'ordine (cose da niente, per chi la sostiene - ebbene sì, c'è davvero chi solidarizza anche apertamente con lei - e cose abbastanza gravi per chi ha guardato il video trasmesso sui media e letto le ulteriori dichiarazioni che ha rilasciato sul suo essere, oggi, antifascista e su come indirizza la propria rabbia verso una generalità di soggetti non meglio identificati, tralasciando il come).

É abbastanza desolante osservare come la violenza, anche solo quella verbale, sia o meno giustificata in relazione all'area politica di appartenenza di chi se ne fa portatore.

Ed é davvero uno spettacolo poco edificante, quello cui si assiste.

Talvolta penso che ci vorrebbe un argine, come se fosse possibile confidare in un'entità esterna che abbia interesse a intervenire, e chissà per quale ragione non lo fa.

La verità é che ciascuno di noi soltanto può farsi argine contro questo delirio, anche soltanto adottando un registro linguistico piu rispettoso, meno violento, verbalmente quanto per iscritto.

Il sarcasmo e la cattiveria a tutti i costi, le offese gratuite (sempre le stesse) non fanno presa più su nessuno, e magari é ora di abbandonare queste isole che galleggiano sul mare della noia per raggiungere la terraferma e piantare i piedi per terra.


venerdì 2 marzo 2018

IL TELE-TRASPORTINO



Oggi siamo stati a pranzo a casa dei nonni.
"E lui chi é?", domanda accompagnata da grandi sorrisi, perché é una creatura bellissima e fiera, e raccoglie sempre ampi consensi.

Ha scorrazzato in ogni dove, si é rotolato sul terrazzo assolato, ha perimetrato le stanze e circumnavigato ogni mobile.

Ha cercato di fare amicizia con il cane, mettendolo in soggezione e stabilendo con autorità il comando della situazione, e poi annusandogli la coda e le zampe.
Il cane, con una pazienza immane e un vago timore, non ha minimamente reagito.

Dopo pranzo, ho dovuto calare la creaturina incazzata nel trasportino, come i bambini capricciosi che non vogliono saperne di smettere di giocare e di andare via.

Mi ha tenuto il broncio fino a casa.
Sono uscita, poi, e sono rientrata.
Non é venuto a salutarmi vicino la porta, come fa sempre.
L'ho trovato ancora con il broncio dove l'avevo lasciato.

Il tempo di entrare in cucina e ho sentito dei rumori strani nell'ingresso.
L'ho trovato davanti al trasportino con lo sportello d'ingresso chiuso, uno sguardo significativo rivolto al mio indirizzo.

"É un trasportino, non un TELE-TRASPORTINO. Ti ci porto di nuovo questi giorni, dai nonni, dai...", gli ho detto (e voi non giudicatemi se gli parlo, interagisce meglio di parecchie persone).

Adesso dorme disteso in modo lascivo sulla coperta, facendo finta di niente.

Niente più broncio, mi ha perdonata.


mercoledì 28 febbraio 2018

IL SALVADANAIO DELL'AMORE



Riceve offerte sotto forma di baci e carezze.
Ne contiene a oltranza, è senza fondo, e rende in un'ottima percentuale tutto l'amore che raccoglie.
E' un salvadanaio termico: è caldo e scalda, non solo il cuore.
Si adatta a qualsiasi superficie ed arto, da svegli e da dormienti.

E niente, con questo freddo si accuccia vicino le gambe e reclina la testa in cerca di carezze.
E' così carino, questo esserino peloso, così permeabile ad ogni umore.
Così caldo, in un mondo così gelido.

lunedì 26 febbraio 2018

PROVVISORIAMENTE E CON ANSIA


Il mio stomaco é stretto in questa morsa.
Ho perso l'appetito.
Scrivo dal letto, mentre la neve ammanta i tetti su cui affaccia la finestra della camera.
Mi riscalda tiepidamente una fiammella di speranza.

La tachicardia e la nausea non mi mollano da giorni.
Non sto bevendo caffè, gli alcolici li ho a malapena toccati.
Mi arrabbio con me stessa per essermi debilitata tanto.
Era necessario.
Sarà stato sufficiente?

Vorrei alimentare la speranza, confidare in qualcosa di buono, ma non dipende da me e me ne sto facendo una croce, e non riesco a pensare ad altro.
Incluse cose più importanti.

domenica 25 febbraio 2018

AUTOREVOLI INCHINI


Ve la racconto per esteso, questa storia.
Perché il voltastomaco é tale, ancora, da incidere sul mio stato d'animo attuale.

Ho aperto bocca, e ho raccolto l'ammirazione dell'interlocutore che mi ha esaminato.
Qualcuno ci ha tenuto a farmi i complimenti, dopo avermi ascoltata, senza nemmeno conoscermi.
Qualcuno me li ha ha fatti a distanza di tempo, incontrandomi per caso, e rivolgendosi con un rispetto che mi ha davvero colpito.

Eppure, qualcuno ha fatto molto meglio di me, nella medesima occasione.
Un meglio cui personalmente ho assistito (e non da sola) e che meglio non era.
Finché, spettatrice involontaria, ho assistito all'inchino sfacciato che qualcuno (che avrebbe dovuto essere super partes) si é lasciato sfuggire nei confronti di chi non ha altro merito se non quello di avere l'amicizia giusta.

I calci in culo fanno volare più in alto delle ali.

Dopo avere ottenuto il meglio in questi termini, la premura maggiore é quella di dichiarare al mondo quanto si é stati bravi rispetto agli altri.
Come se gli altri non avessero visto con i propri occhi da dove discende cotanta bravura.
La mancanza di eleganza che accompagna la mancanza di pudore é davvero agghiacciante.

TROPPO ZUCCHERO IN QUESTO CAFFÈ


La macchinetta del caffè che sibila sul fuoco alle undici del mattino, la spazzatura che tracima dal secchio, qualcuno che reclama da mangiare con estrema dolcezza.

Ho messo mezzo cucchiaino di zucchero nella tazzina, e ho girato e portato alla bocca il nettare nero e amaro come il fiele.
Ho preso la zuccheriera e l'ho quasi capovolta nella piccola tazzina per addolcire un altro po' il caffè.
Lo zucchero scuro si é sparso in granelli e zolle sulla tavola, e se non lo pulisco diventerà banchetto per formiche.
Talvolta faccio disastri come una sciocca, senza pensare.

Ho ancora una forte debolezza, sono spossata, ai minimi termini.
Ieri sera non ho finito di cenare, mi sono sentita male.

E mi sono scocciata di stare male, ma gli sforzi degli ultimi mesi mi hanno prosciugata, e non posso farci nulla.

É stata la contropartita necessaria.

Stamattina sveglia all'alba per andare in stazione.
Ancora treni e aerei e poi di nuovo treni, in ogni direzione.
Il viaggio connoterà presente e futuro, e questa ormai é l'unica certezza, in un mare di incertezze che attendono di essere definite.
Quando?
Non si sa.
Dove?
Nemmeno.
Da sola o entrambi?
Nemmeno questo si sa.
Chi versa nell'incertezza più assoluta sono solo io.

Debbo recuperare un po' di terreno perso.
E organizzarmi.
E non riesco ad organizzarmi mentre debbo occuparmi di cose che mi distolgono o mi tolgono energie.
Non riesco, mentre sto male fisicamente.
Non riesco mentre attendo di conoscere l'esito del percorso intrapreso appena qualche mese fa.
L'incredibile percorso che mi ha portata sin qui.
E che non si sa ancora se, quando e dove mi porterà nel prossimo futuro.


venerdì 23 febbraio 2018

NON TUTTI I GESTI SI TRADUCONO IN PAROLE


Non tutti i sentimenti.
Positivi o negativi che siano.

Ma a volte, questi sentimenti, possono tradursi in un abbraccio.
Nel trattenersi, invece di scappare.
Nel radicarsi, come intimamente si aspira a fare.
E come si fa, piantando gli alberi e dandogli acqua.

Alcuni di questi si traducono invece in parole, e sono quelle che si raccolgono qui.
Anche mio malgrado.

La guerra e la pace si rincorrono, ma restano plasmate dalla volontà di ciascuno di tenere in piedi l'unicità di quanto si è incontrato di valido sul percorso, e per cui si lotta quotidianamente.
Al netto delle ingerenze altrui, e sebbene influenzate da queste.



N

sabato 17 febbraio 2018

FORME DI PIETRA TRIDIMENSIONALI


Piccola trasferta a Napoli per lavoro.

Ne ho approfittato per fare un giro in centro, a ripercorrere le strade consumate dalla nostalgia, che conosco come le mie tasche.

Gli anfratti sono gli stessi, ma i locali che oggi vi si adagiano, proponendo cibi gustosi per gli occhi dei turisti, pur catturando la mia attenzione, non catturano la mia memoria.
Non leggo i nomi, rimuovo dove sono collocati, non mi interessa tornarci.

Sono stata nella solita pizzeria ai Tribunali dove andavo spesso anni fa, dove tutto é rimasto uguale, e ho preso tre crocché da mangiare mentre passeggiavo.

Sono scesa per San Gregorio, e dei ragazzini indisciplinati hanno corso tra i turisti ridendo, suscitando un fastidio tollerabile.
Probabilmente avevano marinato la scuola, per riversarsi con allegria per strada.

Oltre l'arco di pietra tra i palazzi stretti, il cielo tinto d'azzurro pieno, senza nuvole, ha accolto lo sguardo, che vi si é adagiato con familiarità.

Ho finito i crocché con estremo gusto, e mi sono fermata a prendere un caffè alla nocciola.

Passando davanti la chiesa che porta il mio nome, sono scesa per la via omonima, cercando il negozio di una vecchia amica che credo abbia da tempo ceduto la gestione.

Ho trovato, su una parete, degli orecchini artigianali rinvianti ad una simbologia in parte religiosa, in parte esoterica.

A Napoli queste due componenti, talvolta, serbano margini labili di differenziazione.

Ho comprato un po' di cose di cui sono entusiasta.

Tra queste, degli orecchini che rinviano ad un pensiero, che é anche un ricordo, che é anche espressione di un'appartenenza geografica, che quando li ho visti mi é sembrato incredibile esistessero.

Sono entrata in una chiesa.
C'era messa.
Mi sono soffermata a leggere il libro su cui le persone appuntando le proprie preghiere, e che solo chiedono, piu che di essere lette, di essere esaudite.
Tra queste, quella di una bambina, che chiedeva a Dio, in un italiano stentato (per l'età, o forse perché mezza straniera), che la famiglia potesse avere abbastanza soldi per consentirle di raggiungere più spesso i nonni a Napoli, e di abbracciarli e passare del tempo con loro.

Ho solcato corridoi ricolmi di richieste di guarigione, vibranti di vita, morte e sofferenza, ma nel contempo di amore viscerale per i propri cari ammalati.
Imparare a chiedere qualcosa per gli altri, invece che per se stessi, é quanto mai difficile, e per nulla scontato.

Ogni volta che torno a Napoli, scopro qualcosa.

Di me stessa.





giovedì 15 febbraio 2018

M'ILLUMINO



"M'illumino
la notte 
non c'è stata 
mai..."

FACCIAMO I PANINI E ANDIAMO AL MARE



Oppure no, prendiamo le vongole e cuciniamo gli spaghetti a casa.
E apriamo il Fiano che ci ha dato mia madre.
La pasticceria è chiusa.
Anche la nostra chiesa.
Fa freddo, passeggiamo e ci fermiamo a prendere una cosa da bere fresca ed una calda.
Ci sono i piccioni in cerca di cibo che invadono timidamente gli spazi circoscritti dei luoghi aperti al pubblico.
Sento un ritmo lento nelle parole che sembra quasi musica.
Muovo i passi svelta e stendo il braccio attorno al suo corpo, e lui si stringe al mio.
Rientriamo in auto per tornare a casa.
Passiamo per il mare.

CANI CHE ABBAIANO ALLA NOTTE


É l'unico rumore che sovraffolla le notti vuote.
L'unico che si contrappone al fluire rapido dei pensieri.

Sembrano notti infinite, e invece volano, in un sonno mancante che ha il gusto di un sogno negato, e si fanno lettere e scrittura, affinché possa ricordarle l'indomani.

I cani abbaiano alla notte, e li sento sin qui.
La notte non risponde che silenzio, a tutto questo inutile rumore.



giovedì 8 febbraio 2018

IL MEZZO RISULTATO


Ad oggi, tutto quel che so é che ho raggiunto mezzo risultato.
Il che, come il bicchiere mezzo pieno, reca con sé questa variabile terribile legata ad un punto di vista che poco - o niente, per meglio dire - dipende da me, e molto da altri.
Sicché, questo mezzo risultato, tradotto in termini matematici, avrà sostanza di speranza per un altro mese ancora.
E potrà allora tradursi in un risultato pieno, o restare a tempo determinato qual é - ovvero mezzo risultato - in attesa di una metamorfosi che potrebbe non avvenire mai.


Avevo visto nel corridoio un volto che mi sembrava noto.
Sorridente, pacato, sobrio.
Mi ha guardato più volte, come se mi conoscesse.
"Quell'uomo lo conosco, ma non ricordo chi sia", ho detto a lui, che mi ha accompagnato.

Stamattina l'ho incontrato a lavoro.
E' un collega.
Ci siamo riconosciuti e salutati.
Mi ha fatto i complimenti, ha assistito alla mia "prova", mi ha parlato con estremo rispetto.
"Sei stata brava", mi ha detto.
Lui era lì per suo figlio.


Questo mezzo risultato ha un peso specifico che più che farmi galleggiare mi trascina verso l'abisso del dubbio.
E' ancora per poco, mi dico.

Mi pesa tornare a pieno regime a lavoro.
Mi pesa pensare di avere fatto tutto questo per un mezzo risultato, che forse non diventerà mai un risultato pieno.
Mi pesa guardare il presente in transito, ancora, sotto il giogo di una vita che ha succhiato ogni mia energia, e la giovinezza, per non rendere quasi nulla in cambio.

Vorrei certezze.
Vorrei ciò che mi sono guadagnata.
Vorrei potermi rilassare.





lunedì 5 febbraio 2018

VINO E STRACCHINO



Ecco, finire di studiare ha questo sapore qui.

Del vino e dello stracchino consumati davanti uno schermo a sentire la musica più recente degli artisti che seguo, pubblicata sui canali ufficiali, a leggere articoli di attualità che non hanno stretta attinenza con la materia che ha dominato le mie giornate da mesi a questa parte (un esempio tra tutti, la recentissima scoperta della tomba di una sacerdotessa egiziana, con degli affreschi in ottimo stato di conservazione, che meraviglia. Che meraviglia leggere di queste cose!).

Ha il sapore della testa che viaggia a mille, e che reclama un riposo cui non riesce a cedere.

Prima che mi preparo uno spaghetto aglio e olio ed erba cipollina, e magari un'acciughina, che poi coi capperi è la morte sua, sarebbe bene che mi mettessi a letto a dormire.

Ma ho fame.

Vi giuro che ho una fame che non so come tenere a bada.

Ho fame e mi sono riempita di nuovo il bicchiere con quel Chianti che ho aperto in solitaria e che praticamente ho finito (la bottiglia vuota illuminata dalla luce che campeggia sopra la mia testa mi fa una tristezza terribile).

E ho tagliato del formaggio (dove avrò messo quella marmellata agrodolce che se ci aggiungo pure un po' di peperoncino è la fine del mondo?).

Mentre ne scrivo, il formaggio è finito, e pure il vino.

E domani devo pure lavorare, ed ho ancora fame e sete, e leggo notizie e ascolto musica, e la testa viaggia a mille all'ora.

Cederei un po' di questa adrenalina e tensione a costo zero ad altri, ma debbo smaltirla, come fosse ebrezza alcolica, come fosse uno stupefacente iniettato direttamente in vena (proprio a me, agofobica all'ennesima potenza), e che invece è solo la vita arretrata che bussa alla porta per riguadagnare il terreno che le ho sottratto.

Chi non ha alcun tipo di turbamento, davvero, come fa?

Chi non se la gioca mai, chi non scommette mai, chi non rischia, davvero, come diamine fa?

Che voglia terribile di uno spaghetto aglio e olio, ed erba cipollina, e magari un'acciughina, che poi coi capperi è la morte sua...

Che fame.

Davvero, che fame!





domenica 4 febbraio 2018

PESTA



Ancora treni e alberghi e viaggi, e la valigia ancora da fare, con quel groppo in gola, quel gargarismo sospeso, che non sai se devi sputarlo o ingoiarlo.

Calcutta lo pubblico perchè gli voglio bene, anche se lui non lo sa, e non lo saprà mai.

Chissà quanta gente gli vuole bene a Calcutta, e piange quando ascolta le sue canzoni deficienti.

Forse solo io, ma forse no.


Ho questo cazzo di gargarismo che vorrei sputare e invece tengo sospeso in gola, ed è un groppo che mi fa piangere, come le canzoni di Calcutta.

Che poi perchè mi fanno piangere lo sa solo lui (e come diamine fa a saperlo solo lui, visto che non lo conosco, e non mi conosce, lo sa solo lui).

Sono così stanca, così affannata, così affamata, e piena di sete, che adesso mi riempio un bicchiere di vino, ché tanto non riesco a dormire, mentre miliardi di dubbi fluttuano ancora nella testa in attesa di essere sciolti.

Manca poco, ma manca ancora così tanto (ma poi ci penso e no, è davvero poco) per sapere cosa ne sarà di me.

E' uno stillicidio cui ho deciso di sottopormi volontariamente, quando ho deciso di giocarmela, e di imbarcarmi in queste nuove avventure.

Sono arrivata fin qui, ed è un miracolo.

Sono emersa, ma resterò a galla?

Affogherò?

Ho fissato un punto e virgola, accompagno una frase ancora da scrivere che immagino distesa nella mente.

Accompagno il tempo nel suo svolgersi rapido, mentre mi mozza il fiato.

Affogherò?


Cfa, mi dico, ricordati: tu che sai nuotare, proprio tu, non puoi affogare.




venerdì 2 febbraio 2018

GENTE CHE SE NE SCAPPA


Vado in un ufficio dal quale manco da un po'.

Il dipendente con il quale ho litigato furiosamente così tante volte che alla fine mi ha preso in simpatia (non lo so perché, ma é andata davvero così), mi ha chiesto come stavo: preoccupato di non vedermi da tanto, aveva pensato mi fossi trasferita.

Gli ho detto che sono stata distratta da impegni di ogni sorta, ma che sto valutando diverse cosette e lavorando per decidere con serenità se restare o andarmene.

Lui, invece, ha pianificato la fuga all'estero tra un paio d'anni, quando andrà in pensione.

Con la moglie, che é straniera, rientrano nel paese di lei.

Io se immagino la mia vecchiaia - sarò scontata - me la immagino in un posto caldo dove si vive con poco, c'è il mare e si mangia divinamente.

Nel sud della Spagna, ad esempio.

O in Grecia.

O un posto dove non sono ancora stata.

Dove si fa del buon vino e si lavora la terra con le mani e la gioia negli occhi.

Dove crescono frutti spontanei.

E si pesca su un gheriglio di noce che galleggia sull'acqua trasparente del mare.


Devo davvero aspettare la pensione per godermi la vita?






martedì 30 gennaio 2018

L'ESTENUANTE CONTO ALLA ROVESCIA ED I CALCOLI MATEMATICI


Il mio presente e futuro prossimo consistono in un conto alla rovescia, accompagnato da un monitoraggio costante e quotidiano, e... da altro studio.
Necessario, inevitabile e dovuto.

Smagrita e con questa nausea persistente ancora addosso, dopo due giorni di piena ripresa lavorativa, mangio bastoncini di pesce cotti al forno davanti allo schermo del pc.
Mi sono aperta una birretta, chè dopo tanto digiuno alcolico per ragioni di studio, non mi pare vero di poter afferrare il bicchiere biondo e affogarci dentro la sete.
Il rumore del cestello della lavatrice che gira, finalmente, non è accompagnato dall'ansia dei minuti che perderò per stendere il bucato.
Le mie esigenze fisiologiche si sono quasi normalizzate.
Ho fame e ho sete come una giovincella in perfetta salute.
Anche se non lo sono.

Oggi dovevo vedere un cliente, che ieri è stato al frantoio a macinare le olive.
Mi ha portato una bella bottiglia di olio verdissimo e profumato.
Il profumo della mia terra, delle cose buone del mio paese, del buon cibo che per me conta da morire.
Sto per provarlo su una fetta di pane casereccio appena appena abbrustolita.

Quante cose non sono cambiate di una virgola, da che mi conosco?
Quante cose sono invece cambiate in un attimo?
Da un incontro che è piovuto da un mondo che scorreva parallelo?
Da una scommessa che ho voluto lanciare a me stessa e raccogliere e portare a termine nonostante tutto?

L'attesa mi sta straziando, e così i calcoli matematici che delego ad altri, perchè io non so farli.
Perchè mi riguardano, e quando le notizie virano verso il polo positivo mi sento mancare la terra sotto i piedi e mi vengono i conati di vomito, perchè so che non posso permettermi di crederci finchè non poserò la penna sulla prima pagina del nuovo capitolo della mia vita, se mai arriverà in questi termini.

Ho paura.

Paura di affidarmi a una speranza che potrebbe essere tradita.



lunedì 29 gennaio 2018

SERATA RAW


Ho messo a scongelare due bistecche di salmone e ho aperto un Chianti.

Mi sto ubriacando di vino e libertà e solitudine, stasera.

CFA e io, l'una dentro l'altra e l'altra affacciata all'una.

Ho una fame di mesi da recuperare.

Ho quindi disteso le due belle fette di salmone crudo scongelato nel piatto e le ho assaltate.

Piatto, forchetta, coltello e salmone: l'essenziale per gli occhi e la bocca, e per il corpo che si riempie di soddisfazione.

Quando mangio il mio adorato RAW food da sola, senza occhi preoccupati che mi mettono ansia e voci che dicono "ma é crudo! Che schifo! É pericoloso" etc. mi pare quasi di godermelo di meno.

In verità, me lo mangerei a mozzichi, in questo momento, un salmone intero.



Il tailleur della laurea, che ho usato per l'occasione della vita, l'altro giorno, mi va largo.

Credo di essere tra i pochi esseri umani sulla faccia della terra a indossare ancora il maglione di lana grigio dei tredici anni degli anni '90, che allora era grunge ed oggi alquanto chic.

Una vita fa, i miei tredici anni.

La stessa innocenza e caparbietà di oggi, comunque.

L'immagine riflessa nello specchio si é evoluta, ma mi commuovo per le stesse cose.
Nello stesso modo.
Sono sempre io.
Sempre, sempre io.

Che dopo che ho finito di studiare, penso che ancora non so abbastanza, e dovrei studiare ancora.
E devo.
E voglio.
Che il mio bagaglio culturale rintraccia la radice fisica nei libri, ma si insinua in un sostrato immateriale - questa piccola valigia ricolma - che mi porto dietro nel viaggio della vita, che nessuno potrà mai strapparmi.
Perché devo ancora capire, di questa vita, tante cose, prima che sia tardi e finisca e non abbia più tempo.
Perché quando leggo la Costituzione, mi salgono le lacrime agli occhi, e mi ribolle il sangue nelle vene, come una scema.

Come una scema.

Sono anche questa, formato RAW, mentre a tu per tu con questo silenzio, perimetro il solco dei confini che debbo attraversare per evolvermi e sopravvivere.

MEZZA GIORNATA DI TEMPO RUBATO PER ME


Sono andata presto a lavoro, stamattina, e sono arrivata tardi.
Finito di lavorare, ho comprato una cover per il cellulare nuovo che non ho ancora avuto il tempo di scoprire.
Ho fatto la spesa e comprato due riviste.
Sulla copertina di una di queste, campeggia il sorriso smagliante di una donna molto fine, priva di trucco, con giacca dal taglio maschile e dei semplicissimi pantaloni.
Sono passata al negozio di articoli per la casa a comprare un po' di detersivi, saponi, una padella, un cestino intrecciato in vimini per il pane, e altre cosette.

Avrei voluto mangiare con i miei, ma sono corsa a casa.

Ho disdetto gli appuntamenti di lavoro del pomeriggio, che ho passato a letto a leggere riviste, ascoltare musica, smangiucchiare junk food, coccolarmi il piccolo di casa, vagamente turbato perché gli manca un compagno di giochi.

Manca anche a me.

Nel novero dei sacrifici da sostenere c'era anche questa piccola distanza, lo sapevamo.

Passa in fretta.

Tra una manciata di giorni torneremo a stare gomito a gomito, incazzati e innamorati come al solito.

Quanta strada c'è ancora da fare...

Lo ricorderò teneramente, questo scalino?





sabato 27 gennaio 2018

E SOTTO LA FINESTRA, LA CITTA' CHE SI MUOVE



Mentre scrivo, mi arriva il rumore indistinto della gente, dalla trafficatissima strada dei locali.
Sento la città che si muove, qui sotto, e mi sottraggo al suo ineluttabile e furioso movimento.

Sono finalmente ferma.

Questa sera è ufficialmente l'alba di un nuovo giorno, anche se sono troppo stanca per rifletterci.

Per crederci.




sabato 20 gennaio 2018

LA RAGAZZA CASA, CHIESA E LAVORO CHE SI DA' DA FARE SUI SOCIAL



Mi chiama un amico per chiedermi se conosco una tale X, che gli ha fatto richiesta di amicizia su fb, e con cui risulto essere l'unica amica in comune.

Gli dico che è fidanzata da anni con un altro amico.

Mi dice un paio di cose, è interdetto, questa cosa non si evinceva dal profilo, anzi.

Non le accetta l'amicizia.


Chiudo la telefonata e lui entra nella stanza.
Interpellato sull'argomento (in verità, auto-interpellatosi, perchè ha origliato) mi ha detto che alla fine la tizia non ha fatto niente di male, avendo fatto solo una richiesta di amicizia su un social, come in tante fanno.
Anche se in effetti, non è la prima che sfrutta l'amicizia "virtuale" con me per contattare profili di uomini collegati, compreso il suo.

A me dispiace per il mio amico, che ci sta insieme.
Sul profilo di lui campeggia una foto in cui stanno vicini, mentre su quello di lei gravano tonnellate di autoritratti piallati male dalle moderne tecniche di fotoritocco.

"Se io mandassi richieste di amicizia sui social a uomini che non conosco, come ha fatto lei, a te non darebbe fastidio?", gli chiedo.

"Si", risponde, aggiungendo  pure che un'altra tra i miei contatti, di recente, gli ha fatto una richiesta, che non ha accettato, inviandogli i soliti messaggi di altissimo tenore (ti ho visto in giro", et similia).

"Praticamente ti usano per accedere ai profili degli uomini che conosci!", dice.

Praticamente si.









SENZA SPERANZE


Perchè lo faccio?
Perchè devo.

Sebbene sia tutto già scritto, all'apparenza.
Sebbene lo sia anche nella sostanza.

E dopo, che farò?
Se mi sarà negato, ancora una volta, ciò per cui tanto ho faticato?
Dopo non avrò remore nell'abbandonare l'ultima speranza di confidare in un paese migliore.
Portare altrove quel che resta di una giovinezza sprecata in un luogo che l'ha divorata avidamente senza rendere nulla in cambio, tutto qui.

Tutto (nella sua più ampia accezione, inclusa quella esistenziale) qui.



giovedì 18 gennaio 2018

LUCE E ACQUA


L'avversità degli elementi, si potrebbe dire.

Mi hanno staccato senza preavviso la luce (non ho ricevuto la bolletta via posta e nemmeno un avviso).

Ho studiato a lume di candela e con le lampade di emergenza, nelle oltre 24 ore occorse a capire cosa diamine fosse successo e ad attendere il ripristino dell'energia.

Oggi, mi ero concessa una pausa di 5 minuti per cucinare un piatto di pasta.

É esploso un tubo dell'acqua e mi ha allagato casa.

Due ore per raccogliere l'acqua da terra.

Non ho potuto cucinare, e ho mangiato qualcosa al volo.

L'idraulico verrà nel pomeriggio.
Spero.

Mi sono rimessa a studiare.

La ragione per cui io debba affrontare sempre un surplus tangibile di difficoltà mi é oscura.

Invidio chi può dedicarsi serenamente alle proprie attività e nemmeno lo apprezza.



mercoledì 17 gennaio 2018

CT


Alzo gli occhi, e mi rendo conto di quanto gli oggetti che ho intorno, che colorano graziosamente l'atmosfera grigia, composta di carta e d'ansia, siano ormai gli stessi da quasi vent'anni.

La prova tangibile di quanto sia stata influenzata positivamente da un sistema che non é il mio, ha la forma di una matita, e di una tazza, dalla quale bevo un the caldo alla mela e alla cannella.

Ho paura di non farcela.
Ce l'ho sempre.
Stavolta navigo nell'impossibile, e mi pare già un miracolo essere arrivata sin qui.

Qualunque alternativa dovrà attendere ancora un po' per essere pianificata.

Studio.

Devo.

Poi si vedrà, continuo a ripetermi.

Mi fa male la schiena, mi sto curvando sui libri.

Mi fa male la testa, ma devo tenerla dritta sul collo.

Gli occhi aperti.

La matita scorre rapida e traccia percorsi su strade conosciute.

Ho paura sia tutto vano.

Ho paura di essermi prodigata per nulla, per cosa, poi?





domenica 14 gennaio 2018

BOLLETTINO DI GUERRA, SI REGISTRANO CADUTI


Il veto sul centro commerciale non ho potuto metterlo per ovvie ragioni legate alla sopravvivenza.

É dunque andato, stamattina, per comprare le crocchette al pupo di casa, e del cibo e del vino per noi.

Ha fatto un salto, anche, nel negozio dove lo tampinarono, in principio, per cercare una felpa con i saldi.

Le commesse, notandolo da lontano, si sono tenute alla larga.

Il messaggio - il mio - é arrivato a destinazione.

Dubito si accosteranno anche in futuro al mio compagno.

Rilassato dall'atteggiamento finalmente consono delle commesse, ha dunque potuto girare nel negozio e cercare quello che gli serviva.

Giunto allo stand vicino ai camerini, ha però assistito ad una scena che mi ha riferito con il solito imbarazzo condito da incredulità.

Un ragazzo stava provando un pantalone un po' stretto, ed uscito dal camerino si é sentito chiedere come andasse dalla solerte commessa.

"Mi va un po' stretto", avrebbe detto, indicando il punto esatto.

La commessa avrebbe risposto che "proprio di cavallo, invece, le sembrava andasse benissimo", guardandolo ammiccante.

La ragazza del tipo, poco più in là, vista la scena, é corsa indispettita ai camerini.
Di lì a un attimo se lo é trascinato  via, aggiungendo ad alta voce "qui non ci torniamo più!".

Suppongo che con questo andazzo, tra poco, chiuderanno il negozio, perché nessuno ci andrà più.





venerdì 12 gennaio 2018

L'APNEA É IL MIO ASSETTO DA GUERRA


Trattengo il respiro vitale, le sacre branchie in movimento, immersa nell'acqua gelida di questa sospensione.

L'apnea é il mio pacifico assetto da guerra, e quest'acqua un elemento estraneo, il non luogo da cui prendo la rincorsa.

Devo terminare 15 pagine, prima di cominciare altro.

Macino pensieri che non dovrei, che mi sottraggono tempo, mentre le ore volano.

É finita un'altra giornata di studio e riflessione.

Ho però ancora tre ore davanti per continuare a studiare.

Servirà a qualcosa, tutto questo?






giovedì 11 gennaio 2018

LE SCOMMESSE DELLA VITA


Per me il 2017 è stato l'anno delle scommesse.
Ho scommesso su me stessa, prima di tutto.
Sulla possibilità di tornare ad amare, e intraprendere una relazione.

Ho scommesso tutto su una storia d'amore problematica, che si dondolava freneticamente su un'altalena sgangherata, sospesa nella tensione tra due opposte estremità.
Ho scommesso sui miei sentimenti, perchè sapevo che ne valeva la pena, comunque andasse.
E in fondo mi auguravo che tutto andasse bene, e ci confido ancora, per tutto quello che ancora attende definizione ed indirizzo.
Sono cosciente di dover dare tempo al tempo, ma nel contempo voglio condurre le ore, tenendo ben strette le redini della mia esistenza, ed evitando il più possibile di farmi disarcionare.

Ho scommesso sullo studio, di nuovo.
Affinchè potesse concedermi nuove prospettive lavorative.
E di vita.

Ho scommesso sulle persone che ritenevo più importanti, dedicando il mio tempo esclusivamente a chi se lo è meritato.

Ho superato una piccola resistenza emotiva e ho spalancato le porte di casa a un piccolo esserino peloso, che dorme di notte ai piedi del letto, e mi sveglia al mattino districandomi i capelli e facendo versetti graziosi, cercando di richiamare la mia attenzione su di lui e sul nuovo giorno.


L'esito delle scommesse non è mai certo.
Non lo è per me, come per altri.
Nemmeno quando l'impegno è tale da sembrare di meritare comunque un compenso, per ragioni di equità e di giustizia cui la mente automaticamente rinvia.

Ho tanto da perdere, ma molto di più da guadagnare.
Ed il guadagno investe, più che il lato economico, quello esistenziale.
Ecco perchè ne vale la pena.





domenica 7 gennaio 2018

APPUNTAMENTO A FEBBRAIO



Le ore scorrono rapide, quasi quanto le vacanze di Natale che a stento ho vissuto.

La mia casetta di provincia è invasa da libri di ogni sorta, e in ogni lingua, che debbo terminare di leggere entro fine mese.

E anche da carte di lavoro di cui debbo immediatamente liberarmi.

E, ancora, di libri che desidero leggere, ma che sono obbligata ad accantonare.

Ho rinviato amici, colleghi, lavoro, attività di ogni genere, a febbraio, quando forse avrò un paio di giorni da dedicare interamente a me stessa.

Tutto è marginale e superfluo, o almeno tutto ciò che non riguarda quel che debbo portare comunque a termine.

Ho fame, ma permango in questo ascetico digiuno nel quale solo posso rifugiarmi per raccogliere le forze prima del salto.

Ho fame, e qualcuno ha mangiato anche la mia seconda porzione di gateau di patate (e di carciofini).

Ho fame, e qualcuno potrebbe farsi perdonare andando a prendere della pizza, e una birretta, per cena, stasera.