sabato 17 febbraio 2018

FORME DI PIETRA TRIDIMENSIONALI


Piccola trasferta a Napoli per lavoro.

Ne ho approfittato per fare un giro in centro, a ripercorrere le strade consumate dalla nostalgia, che conosco come le mie tasche.

Gli anfratti sono gli stessi, ma i locali che oggi vi si adagiano, proponendo cibi gustosi per gli occhi dei turisti, pur catturando la mia attenzione, non catturano la mia memoria.
Non leggo i nomi, rimuovo dove sono collocati, non mi interessa tornarci.

Sono stata nella solita pizzeria ai Tribunali dove andavo spesso anni fa, dove tutto é rimasto uguale, e ho preso tre crocché da mangiare mentre passeggiavo.

Sono scesa per San Gregorio, e dei ragazzini indisciplinati hanno corso tra i turisti ridendo, suscitando un fastidio tollerabile.
Probabilmente avevano marinato la scuola, per riversarsi con allegria per strada.

Oltre l'arco di pietra tra i palazzi stretti, il cielo tinto d'azzurro pieno, senza nuvole, ha accolto lo sguardo, che vi si é adagiato con familiarità.

Ho finito i crocché con estremo gusto, e mi sono fermata a prendere un caffè alla nocciola.

Passando davanti la chiesa che porta il mio nome, sono scesa per la via omonima, cercando il negozio di una vecchia amica che credo abbia da tempo ceduto la gestione.

Ho trovato, su una parete, degli orecchini artigianali rinvianti ad una simbologia in parte religiosa, in parte esoterica.

A Napoli queste due componenti, talvolta, serbano margini labili di differenziazione.

Ho comprato un po' di cose di cui sono entusiasta.

Tra queste, degli orecchini che rinviano ad un pensiero, che é anche un ricordo, che é anche espressione di un'appartenenza geografica, che quando li ho visti mi é sembrato incredibile esistessero.

Sono entrata in una chiesa.
C'era messa.
Mi sono soffermata a leggere il libro su cui le persone appuntando le proprie preghiere, e che solo chiedono, piu che di essere lette, di essere esaudite.
Tra queste, quella di una bambina, che chiedeva a Dio, in un italiano stentato (per l'età, o forse perché mezza straniera), che la famiglia potesse avere abbastanza soldi per consentirle di raggiungere più spesso i nonni a Napoli, e di abbracciarli e passare del tempo con loro.

Ho solcato corridoi ricolmi di richieste di guarigione, vibranti di vita, morte e sofferenza, ma nel contempo di amore viscerale per i propri cari ammalati.
Imparare a chiedere qualcosa per gli altri, invece che per se stessi, é quanto mai difficile, e per nulla scontato.

Ogni volta che torno a Napoli, scopro qualcosa.

Di me stessa.





5 commenti:

sara-sky ha detto...

:)

Unknown ha detto...


Uh. Io e LUI riferito all animale domestico è stata una squisitezza.

.come.fossi.acqua. ha detto...


Eh Bill...

E almeno lui é adorabile.


Bulut ha detto...

:)

Leggo solo ora, ma è proprio bello...

Verissimo, imparare a chiedere qualcosa per gli altri non è scontato... a me, capita più spesso da quando ho i miei bambini... ci sono cose che vorrei non mi capitassero mai, ma se penso che possano capitare ai miei figli, allora no, preferisco succedano a me.

Un abbraccio,

.come.fossi.acqua. ha detto...


Bulut, ho camminato con il fiato sospeso, e mi si sono gelato gli occhi a leggere certe richieste.
Mi piacerebbe non ci fosse questa sofferenza per nessuno.